Giro di Lombardia 2013: Nibali, le cadute diventano troppe - Vincenzo costretto al ritiro. Anche per Scarponi giornata no
Versione stampabileLa sconfitta è ammissibile, ci mancherebbe. Vincenzo Nibali è probabilmente il corridore più battagliero in circolazione. Un esempio? All'ultima Vuelta a España doveva recuperare 3" sull'Angliru a Chris Horner, e non si fece problemi ad attaccare cinque volte sulle durissime rampe della salita spagnola. Il problema è però quando Nibali viene messo fuori causa dalle cadute.
Chiariamolo: chiunque vada in bicicletta sa che il pericolo è sempre dietro l'angolo e la caduta non avvisa, giunge all'improvviso. Il fatto è che Nibali, sia quest'anno che nelle stagioni precedenti, spesso è stato sorpreso dall'asfalto viscido, ancor più spesso dal bagnato.
Oggi vederlo alzarsi, uscire da un groviglio di uomini e telai, zoppicante, dolorante (ha picchiato nello stesso punto del Mondiale) ed infine ritirato, quando mancavano 93 km a Lecco, è spiaciuto più che mai. Perché se il messinese era, come abbiamo ragione di pensare, lo stesso di una settimana fa, quando accarezzò l'idea di vestire la maglia iridata, le possibilità di vincere (o andare a podio) questo Giro di Lombardia erano discretamente alte.
Uscire di scena così, senza nemmeno aver iniziato la recita, spiace sicuramente moltissimo a Nibali, il quale dovrà pensare a quante cadute hanno compromesso le sue gare. Non che senza cadute sarebbe stata vittoria matematica di Nibali, ma senza dubbio le botte che si prendono sull'asfalto non permettono di rendere al meglio.
«La caduta mi ha un po' condizionato e ho fatto un grande sforzo per rientrare. Peccato, la condizione era buona e potevo arrivare con più forze nel finale e in salita». Così lo Squalo dello Stretto subito dopo l'arrivo del Mondiale fiorentino. Mondiale bagnato, asfalto insidioso, con la segnaletica orizzontale appena rifatta. Accade così che a due giri dal termine Nibali (ma pure Paolini, Scarponi...) finisca in terra in discesa. Si teme il ritiro del messinese, che invece rientra e all'ultima salita di Fiesole dà spettacolo.
Però è inevitabile che la botta abbia lasciato i suoi segni e che nella discesa Vincenzo, notoriamente spericolato ed abilissimo nelle picchiate, tiri un filo di più i freni. Quel tanto che basta per perdere la ruota di Joaquim Rodríguez. Non che senza caduta avrebbe vinto, per carità, ma di sicuro avrebbe potuto raschiare più a fondo il barile.
Anche nel successo Vincenzo è un corridore che ama rischiare ed è pure giusto visto che, volendo proprio banalizzare, chi non risica non rosica. Prendiamo il Giro d'Italia. Nella tappa di Pescara, fiumi di pioggia, discese complicate ed un Wiggins in crisi, fu proprio Nibali ad attaccare. Giusto portarsi avanti rispetto al britannico. Tutti abbiamo però ancora negli occhi quello scivolone a 70 km/h nella discesa verso Pescara, che ci ha tenuti con il fiato sospeso. Poi Nibali si alzò (quasi) senza un graffio e continuò la sua tappa, mettendo un primo mattoncino a quella che sarebbe diventata la grande casa rosa.
Con i "se" non si scrivono le classifiche, ma se la caduta verso Pescara avesse avuto una dinamica differente e strascichi più pesanti su Nibali probabilmente saremmo a parlare del Giro d'Italia di Rigoberto Urán. Prendere un tale rischio su quella discesa, con quell'asfalto tanto bagnato, era proprio necessario, per uno che sapeva di avere una gamba pazzesca e poter fare la differenza a crono ed in salita? Evidentemente sì.
Restando al Giro si registra la caduta nella tappa di Montalcino, edizione 2010: Vincenzo andò in terra con il fido Agnoli e Basso, che avrebbe poi conquistato la corsa rosa per la seconda volta. Asfalto bagnaticcio, pur sempre all'ingresso di un settore di strada bianca, ed ancora pioggia. Diverso discorso per un altro paio di Lombardia in cui la sfortuna (o la dis-grazia) di Vincenzo mandò alle ortiche una possibile vittoria.
Nel 2010 il meteo avverso e l'introduzione della Colma di Sormano, senza muro ma con tecnicissima discesa verso Nesso, parevano tagliare fuori il campione uscente Philippe Gilbert in favore proprio di Vincenzo Nibali. Meraviglia e stupore in molti quando durante la picchiata verso Nesso fu proprio il messinese ad affrontare male un tornante a sinistra, finendo a terra a pelle di leone, di fatto spianando la strada alla doppietta di Gilbert (comunque già fortissimo di suo).
Nel 2012, dodici mesi fa, ancora pioggia, ancora una discesa, terreno favorevole e Nibali, ancora una caduta che mette fuori causa il messinese: stavolta non è la Colma di Sormano ma il Ghisallo. Altro tornante, altra scivolata, curiosamente insieme a Tiralongo, uno dei fedelissimi di Nibali, uno che insieme a Vincenzo, oggi, s'è presentato all'Ospedale Manzoni di Lecco. Dodici mesi fa, come oggi, il Giro di Lombardia si chiuse con uno scivolone e delle brutte botte, per Nibali.
Per il messinese il bagnato è ufficialmente un piccolo problema: alle volte può andar bene anche se si cade (vedi Giro d'Italia), altre può farti perdere, o nemmeno giocare, una corsa, si chiami essa Giro di Lombardia o Campionato del Mondo. Non che sia il solo a cadere, Vincenzo: la lista è lunga, i Pozzovivo, Visconti, Daniel Martin, solo per citarne una terna, sono lì a testimoniare che è ovvio, con il bagnato i rischi quadruplicano.
C'è poi chi, come Michele Scarponi, era atteso ad un ottimo Lombardia dopo un Mondiale davvero ad alti livelli. Scarponi non è cascato come Nibali ma sul Valico di Valcava ha capito di non essere nella giornata più felice della sua carriera, dopo Colle Brianza ha preferito salire sull'ammiraglia (per il marchigiano della Lampre problemi di digestione).
La giornata storta ci sta tutta, può capitare a chiunque. Le cadute in sequenza anche, ma lasciano quell'amaro in bocca di chi avrebbe potuto giocarsela sullo strappo di Villa Vergano (anche se JRO era obiettivamente più forte, e su quei terreni vola) ed invece, per l'ennesima volta, sia sfortuna o distrazione, si è ritrovato al pronto soccorso. Andrà meglio alla prossima. Forse.