Giro di Lombardia 2013: Baciami le terga, Alejandro! - Un grande Rodríguez rivince in solitaria su Valverde. Gasparotto quinto
- IL LOMBARDIA 2013
- AG2R La Mondiale 2013
- Garmin - Sharp 2013
- IAM Cycling 2013
- Katusha Team 2013
- Movistar Team 2013
- Team Europcar 2013
- Team Saxo - Tinkoff 2013
- Alberto Contador Velasco
- Alejandro Valverde Belmonte
- Daniel Martin
- Diego Rosa
- Diego Ulissi
- Domenico Pozzovivo
- Enrico Gasparotto
- Franco Pellizotti
- Ivan Basso
- Ivan Santaromita
- Joaquim Rodríguez Oliver
- Michele Scarponi
- Nairo Alexander Quintana Rojas
- Peter Sagan
- Rafal Majka
- Rigoberto Urán Urán
- Rui Alberto Faria da Costa
- Thomas Voeckler
- Uomini
L'immagine che tutto spiega e tutto racchiude è in fondo l'istantanea sul podio, alla fine di un'altra giornata di ciclismo piovoso: con Joaquim Rodríguez tra Rafal Majka e Alejandro Valverde, un braccio sulle spalle del polacco alla sua destra (sì, le posizioni di secondo e terzo erano invertite), l'altro braccio lungo disteso lungo il torace, a evitare qualsiasi contatto col connazionale, il quale invece cercava in qualche modo di rompere il ghiaccio con lui.
Impresa difficilissima, nonostante il tentativo di essere amichevole da parte del murciano: il quale prima si è presentato sul palco accompagnato dal figlio ("se mi vede col bambino, eviterà di darmi un pugno", questa la motivazione che si leggeva nel pensiero di Valverde), poi, ignorato per tutto il tempo da Joaquim (che manco l'ha degnato di uno sguardo, figurarsi se lo poteva abbracciare...), gli ha offerto una stretta di mano che l'altro non ha potuto rifiutare, da signore quale comunque è. Una delle strette di mano più gelide che si ricordino, ma del resto l'antefatto - quello che tutti conoscono - non poteva lasciar presupporre che, a distanza di appena sette giorni, ci fosse tra i due un disgelo che in realtà probabilmente non arriverà mai più.
La questione è quella del Mondiale di Firenze, del modo in cui Valverde (per malafede o per totale ignoranza tattica) non ha aiutato il suo compagno di nazionale Rodríguez a vincere, di come quest'ultimo l'abbia presa malissimo, piangendo a dirotto e autodefinendosi il perdente per eccellenza di questo ciclismo, e di come - per fortuna dello sconfitto in questione - la stagione abbia subito offerto l'occasione per una rivincita che tutto era meno che scontata.
Perché sì, il Lombardia di oggi si prestava in maniera perfetta per offrire una chance di riscatto a Purito (che già aveva vinto la corsa nel 2012), ma una mazzata come quella subita domenica scorsa, sul piano del morale, avrebbe potuto lasciare strascichi insuperabili. E invece Rodríguez è stato capace di lasciarsi alle spalle la delusione iridata, il che non vuol dire che non continuerà a pensarci, a quel rovescio (ci penserà per tutta la vita, altroché), ma che almeno nell'immediato ha saputo trovare le risorse mentali per spingere ancora un po', per chiedere alle sue gambe di regalargli un sorriso, in chiusura di una stagione al termine della quale rivince il World Tour (ovvero la classifica che tiene conto di tutte le corse più importanti dell'anno), facendo intendere che, al contrario di quanto segnalato a Firenze, Joaquim non è ancora finito.
Se poi in inverno riuscirà a mentalizzarsi in maniera corretta sul 2014, inseguendo ancora stimoli che pochi giorni fa sembravano definitivamente spazzati via, non lo sappiamo; non sappiamo se il Rodríguez che vedremo all'opera l'anno prossimo sarà figlio di una preparazione accurata o se sopraggiungerà una sorta di sazietà da ciclismo (indotta certo dai fatti del Mondiale, e non solo da un'età che inesorabilmente avanza - siamo a quota 34 anni e mezzo, al momento). Di sicuro il ragazzo non rinuncia a rilanciare, già sfida il Giro 2014 (ha annunciato oggi che sarà presente alla corsa rosa), dopo aver centrato quest'anno non solo il suo secondo Lombardia, ma anche un ottimo podio al Tour de France; certo, accanto alle soddisfazioni sono arrivate anche le note sconfitte (secondo alla Liegi e non solo al Mondiale, giù dal podio della Vuelta), ma di corridori con la sua costanza ad alti livelli (tra grandi giri e classiche) non ce ne sono molti, oggi come oggi.
Uno di questi è senz'altro Vincenzo Nibali, ma pure oggi il siciliano ha avuto la sfortuna (o l'imperizia: approfondiamo a parte) di cadere, e se a Firenze era stato capace di rialzarsi, rimettersi furiosamente in sella ed essere protagonista assoluto dell'ultimo giro iridato, stavolta la botta all'anca sinistra è stata troppo forte per permettergli di proseguire: ritirato a 93 km dal traguardo, titoli di coda di un'annata che si chiude male dopo essere stata a tratti bellissima. Per l'Italia, uscito di scena il protagonista principale e già fuori dai giochi un altro dei possibili personaggi del giorno (Michele Scarponi, che aveva gettato la spugna dopo il Colle Brianza), interrompere il digiuno da classiche monumento (che dura esattamente da 5 anni, dal Lombardia di Cunego 2008) diventava impossibile, nonostante la buona volontà dei vari Pellizotti, Santaromita, Basso, Pozzovivo e Gasparotto, il migliore dei nostri alla fine, quinto e con qualche messaggio da inviare al ct Bettini, che al Mondiale non l'ha portato ritenendo il percorso toscano troppo duro per lui.
Ancora pioggia a cadere sulle schermaglie iniziali (e su tutto il resto)
Non poteva che idealmente chiudersi col maltempo, una stagione vissuta sin dall'inizio alla mercè delle intemperie: e se dalla Tirreno (flagellata dalla pioggia) e dalla Sanremo (storpiata dalla neve) in poi non avevamo visto altro che maltempo (dal Giro rattoppato al citato Mondiale sotto il nubifragio), la classica autunnale per eccellenza ce l'aveva scritto sin nel dna il proprio destino di svolgersi, oggi, sotto l'ennesima pioggia battente.
Una pioggia che ha bagnato le polveri di molti (da Kwiatkowski nemmeno partito a Sagan ritiratosi prestissimo, già sulla Valcava), e che ha raffreddato gli entusiasmi in partenza, tanto che si è dovuto aspettare il km 45 (a quasi 200 dalla fine) per avere un primo assaggio di fuga, con sei uomini (Felline, De Marchi, Benedetti, Hollenstein, Albasini e Lammertink) che son partiti e hanno messo in cascina 3' di vantaggio massimo (toccato al km 78) prima di vedersi rosicchiare il margine sulla Valcava (dove si sono staccati Felline e Albasini) e venire raggiunta al km 122 (ai -120).
A quel punto si era ai piedi del Colle Brianza, salita sulla quale ha preso le mosse un'azione più interessante, comprendente ben 21 uomini tra i quali i nostri Cunego, Marcato, Rosa, Gavazzi, Longo Borghini e ancora De Marchi e Benedetti, oltre a ottime seconde linee come Van Avermaet, Bakelants, Preidler, Roche e Intxausti. Anche questa fuga ha avuto comunque una gittata limitata, e all'inizio della successiva salita (la Colma di Sormano), e precisamente a 85 km dalla conclusione, anche i 21 sono stati ripresi dal gruppo tirat da AG2R prima e Garmin poi (Gavazzi e Rosa sono stati tra gli ultimi a mollare).
Nel frattempo, le citate defezioni di Scarponi prima (per il marchigiano problemi di stomaco) e Nibali poi (Vincenzo è caduto con Tiralongo, Landa, Henao, Reichenbach e altri) avevano svuotato di molti contenuti la giornata degli appassionati italiani.
L'attacco Movistar a Sormano, l'ambizioso contropiede di Voeckler
Già sulla Colma si notavano alcuni corridori in giornata non trascendentale (tra gli altri, Urán), ma è stato sul Muro di Sormano (la parte finale della stessa salita) che, con Nairo Quintana a fare il ritmo su quelle pendenze assassine, si è verificata la prima selezione vera della giornata: in cima (a 82 km dalla conclusione) il colombiano è transitato in testa con a ruota il capitano Valverde, Pozzovivo, Majka, Santaromita, Basso, Daniel Martin, Pinot, Atapuma, Gesink, Durasek, Rodríguez, Moreno, Flecha, Pellizotti e Gasparotto. Più indietro il Campione del Mondo Rui Costa (passato a 32"), Contador e Gilbert (a 55"), Cunego (già a 1'50" dopo il tentativo del Colle Brianza).
Nella complicatissima discesa, Quintana ha pennellato alla perfezione le traiettorie, traendo con sé anche Valverde e avvantaggiandosi su tutti gli altri; sulla coppia Movistar si sono poi portati Gasparotto (ormai libero di giocarsi le proprie chance), Santaromita (che attendeva di capire che intenzioni avesse il suo capitano Gilbert) e Giampaolo Caruso (impegnato a marcare gli avversari di Rodríguez). Il quintetto ha preso un bel margine, addirittura 50" sui primi inseguitori, ma si sa che il nuovo percorso del Lombardia favorisce i recuperi, e infatti nel giro di una quindicina di chilometri i vari gruppetti prodotti dal Muro di Sormano si sono avvicinati molto ai battistrada, tanto che a poco più di 60 km dalla fine è bastato un piccolo sforzo a Thomas Voeckler per rientrare sul quintetto e partire subito in contropiede.
Gli altri 5 si sono praticamente rialzati, venendo riassorbiti dal drappello di Basso, Majka e Martin (e un'altra ventina di unità); su questo gruppetto sono poi rientrati in rapida successione i plotoncini di Pozzovivo e Ulissi (attardatisi in discesa), Contador, Rui Costa e Gilbert, Cunego e Visconti (quest'ultimo era malamente caduto scendendo dal Muro di Sormano).
L'azione di Voeckler (al netto del campionario di smorfie degno di un Louis de Funès) è stata molto bella oltre che efficace: tanto per cominciare, nessuno è riuscito a rientrare su T-Blanc (Marcel Wyss ci stava provando, ma è caduto ai -57); dopodiché l'alsaziano della Europcar ha approcciato la salita del Ghisallo (ai -56) già con 1'30" sul gruppo, per poi raddoppiare il proprio vantaggio sulle rampe dell'ascesa simbolo del Lombardia: in vetta Voeckler è transitato con 3' sul gruppo (ridotto a 40 unità e privo di Contador - staccatosi con crampi - ma anche di Gilbert, Barguil e Cunego tra gli altri, mentre Betancur, rimasto attardato in precedenza, riusciva invece a rientrare sui big).
3' di vantaggio (secondo più, secondo meno), 46 km da coprire fino al traguardo di Lecco: c'era di che sognare l'impresa dell'anno, viste le doti di attaccante di Thomas, il buon margine sugli inseguitori e il fatto che il gruppo fosse numericamente così ridotto. Ma restava difficile il compito per il francese, considerato come il tratto di strada sul lungolago prima della salita di Villa Vergano fosse favorevole a chi si organizza per ricucire (e Nibali sperimentò la cosa al Lombardia di due anni fa, dopo l'attacco sul Ghisallo).
L'inseguimento coronato dal successo, il faccia a faccia di Villa Vergano
Già nella discesa del Ghisallo i rientri si sono susseguiti (Gilbert tra gli altri, ma soprattutto alcuni gregari dei big, ad esempio Trofimov per JRO), e quando la strada è spianata le forze del gruppo si sono moltiplicate: con Movistar (Rui Costa al servizio di Valverde), Katusha (bravissimo Caruso), Saxo, IAM e AG2R a collaborare, il margine per il fuggitivo e rapidamente scemato per poi crollare del tutto: e se ai -22 Voeckler aveva ancora 2'20" di vantaggio, appena tre chilometri più avanti i cronometri già segnavano 1'20"; quando, ai 15 km, Rui Costa si è rialzato dopo aver finito di lavorare, a T-Blanc non restava che un minuto; e ai -12, all'approccio all'ultima salita di giornata, quella di Villa Vergano, il distacco tra battistrada e gruppo era sceso a 30": come dire, fine dei giochi per Voeckler.
Esattamente a 11.4 km dalla fine, il capitano della Europcar è stato raggiunto, in un momento in cui Cherel tirava per Pozzovivo (nonostante il lucano fosse caduto - con Rosa e ancora Wyss - una quindicina di chilometri prima); quindi è passato in testa Quintana, e ai -10.7 km è partito Thibaut Pinot, con lo stesso Pozzovivo e Basso a ruota.
Il lucano ha proposto il suo scatto 300 metri più avanti, chiamando la risposta di Quintana, Basso, Pinot, Valverde, Rodríguez, Martin, Majka e Serry. Quando Domenico ha insistito, la selezione s'è fatta più netta (Basso, Pinot e Quintana hanno pagato, in questo frangente), ma a 10 km esatti dalla fine il momento era ormai caldo per l'attacco di JRO.
Purito è scattato praticamente nel punto in cui s'era mosso nel 2012, e anche stavolta è riuscito a fare la differenza: Majka ha tentato di prendergli la ruota, senza successo; l'unica cosa che ha potuto fare il polacco è stata coagulare attorno a sé un terzetto con Valverde e Martin. In cima Rodríguez è passato con 15" su questo trio, e con 23" su Basso e Pozzovivo; più indietro tutti gli altri, e indipendentemente dal fatto che tali inseguitori si sarebbero poi riuniti tra discesa e piano conclusivo, la corsa rimaneva aperta solo per il battistrada e i tre avversari a lui più vicini.
La cavalcata di Purito, il vano inseguimento di Valverde
Non è che l'esito della corsa, a quel punto, fosse troppo scontato: affrontata la prima parte della picchiata con una comprensibile cautela, JRO aveva perso quasi la metà del vantaggio (misurato in 8" ai 6.5 km), mentre Valverde, meglio messo di Majka e Martin nel frangente, è stato in grado di allungare su costoro, ponendosi così tutto solo all'inseguimento della lepre di giornata.
In pratica, i due grandi nemici di Firenze si sono ritrovati così, uno contro l'altro, in uno scontro diretto che ha riempito di pathos e di implicazioni le più varie il finale verso Lecco. Da una parte Purito che ardeva dalla voglia di vincere, e che - una volta saputo via radio che alle sue spalle c'era il solo Alejandro - ha sentito moltiplicarsi le forze, tanto che il vantaggio è tornato subito a salire; dall'altra parte, Valverde che non si faceva certo scrupolo di attirarsi nuove antipatie (cosa avrebbero detto molti tifosi, se il murciano avesse raggiunto e poi battuto allo sprint il catalano?), annusando un possibile successo in una classica monumento a 5 anni dalla sua seconda (e ultima) Liegi.
Nell'appassionante duello, ha avuto la meglio - e probabilmente non sarebbe potuta andare diversamente - la volontà di riscatto, la rabbia di Joaquim. E quella voglia di esultare dando un'occhiata alle proprie spalle, uno sguardo quasi beffardo, come a dire: "Dove sei ora, Alejandro? Non sei riuscito a mettermi nel sacco un'altra volta, vedi?". Al traguardo, accolto dal boato del pubblico presente, Rodríguez ha scaricato l'enorme tensione di questa lunghissima settimana, vincendo con 17" di vantaggio su Valverde; la coppia subito dietro è scoppiata proprio all'ultima curva, con Martin (altro rivale stagionale di Joaquim: l'ha battuto a Liegi) che è scivolato, lasciando così a Majka la gioia del podio (l'ottimo Rafal ha chiuso a 23" da Purito).
Martin è transitato in quarta posizione a 45", raggiunto (ma non superato) proprio in dirittura d'arrivo da Gasparotto, quinto e migliore degli italiani; un più corposo drappello, formato da 11 unità, è arrivato a 55", con Moreno a vincere la volatina (per correre subito ad abbracciare il suo capitano dopo il traguardo) davanti a Serry (cresce bene, il belga), Pellizotti, Santaromita, Gesink, Basso, Pinot, Flecha (molto bravo su un terreno non proprio adatto a lui: forse voleva chiudere da big, ci sono voci su un suo possibile ritiro imminente), Hermans, Pozzovivo e Quintana. Gilbert si accontenta di un anonimo ventesimo posto, e alle sue spalle solo altri 33 corridori hanno concluso la prova: in 53 al traguardo di un Lombardia decisamente usurante, mentre ci avviamo di gran carriera alla chiusura della stagione 2013. Ma già si guarda oltre: domani a Milano verrà presentato il Giro d'Italia 2014: i tifosi potranno subito iniziare a sognare nuove avvincenti sfide.