Mondiale 2013: Bettini-Nibali, ci siete piaciuti - Un mezzo capolavoro tattico rovinato dagli episodi
Il mondiale di Firenze è stato probabilmente il mondiale meglio corso dalla nazionale azzurra nella gestione Bettini, che voci insistenti vedrebbero volgere alla fine (e il ritiro di Paolini dalla nazionale è un indizio in tal senso), partita rocambolescamente 3 anni e mezzo fa con la morte dell'allora Ct in carica Franco Ballerini e andata avanti con più dolori che gioie, senza mai riuscire a piazzare alcun atleta a podio tra Mondiali e Olimpiadi, ma soprattutto destabilizzata nell'ultimo anno dal soqquadro dell'organigramma federale, con Sciandri che sembrava pronto a prendere il posto del Grillo ma che poi ha gentilmente declinato la proposta.
Paolo Bettini, sapendo che la nostra nazionale partiva svantaggiata su tutti i terreni, ha impostato la corsa nella sua maniera preferita, ovvero basandola sull'attacco senza respiro. I nostri hanno sfruttato a proprio vantaggio la situazione di maltempo, approfittandone per fare una scrematura iniziale come non si vedeva da tantissimi anni, nella storia dei Mondiali: per trovare meno atleti giunti al traguardo bisogna risalire a 14 anni fa, con Verona 1999 che premiò per la prima volta Oscar Freire.
I nostri si sono tenuti coperti nel trasferimento, sfruttando il lavoro dei britannici, con qualche intoppo fastidioso (un cambio di bici per Nibali, presto rientrato, e soprattutto una caduta di Ivan Santaromita), ed hanno poi aperto il gas per i primi tre giri, cercando di mettere in difficoltà i team meno solidi ed i capitani meno preparati. Sono stati Alessandro Vanotti, Ivan Santaromita e Rinaldo Nocentini i principali artefici di questa azione: 26'24" il tempo di percorrenza del primo giro, 26'45" il secondo e 26'36" il terzo, tempi che verranno battuti solo nell'ultima e decisiva tornata. Il risultato è stato una selezione notevole, che ha visto alzare la bandiera bianca praticamente per tutta la nazionale britannica, nonché per favoriti della vigilia come Quintana, Roche, Daniel Martin, Horner, e tanti altri. L'apice di questa selezione s'ottenuto alla fine del terzo giro nel quale gli azzurri hanno fatto il ritmo su Via Salviati scollinando in testa con un gruppetto di una ventina di unità. È in quel momento che i nostri hanno capito di aver fatto abbastanza, se non di aver esagerato (il resto del gruppo sarebbe rientrato poco dopo, ma da lì in poi solo metà del plotone è restato in gara di cui una buona parte con le gambe molto dure) e hanno caduto lentamente il passo agli altri.
La fase di transizione verso i giri finali ha visto però l'unico punto debole della tattica di Bettini: sarebbe servita un'altra squadra, altrettanto determinata, a tirare ancora per un paio di giri e a rendere la corsa ancor più selettiva. Ma così non è stato: Belgio e Spagna si son guardate bene da mettere il naso avanti, attendendo gli ultimi giri. Così la gara si è addormentata e gli uomini rimasti in fuga, Barta e Huzarski, hanno potuto prolungare la loro gloria oltre i 200 chilometri, mentre da dietro altri uomini si muovevano.
E qui Bettini ha azzeccato un'altra mossa, costringendo, con l'azione di Giovanni Visconti, le altre nazionali al lavoro sporco. Il buon Giovanni era uno degli interrogativi della nazionale, a causa dei pochi chilometri di corsa accumulati prima del mondiale, ma i dubbi sono stati fugati vedendo l'azione del vincitore di due tappe al Giro, che prima è andato a riprendere Gautier, poi Kelderman e Preidler, e infine s'è involato tutto solo verso Huzarski, ultimo superstite della fuga. Il minuto di vantaggio sul gruppo mantenuto fino alla penultima risalita di Fiesole, dove i belgi si sono finalmente mossi per chiudere, ha rappresentato la "missione compiuta" di Giovanni, al termine di una stagione ambiziosa ma piuttosto sfortunata.
Ma mentre davanti le cose andavano bene, dietro la situazione peggiorava, tra limiti della formazione azzurra e sfortuna. L'uomo che poteva dare di più è stato certamente Diego Ulissi che dopo essere caduto nel corso del secondo giro è stato costretto ad un lungo e faticoso inseguimento, considerando anche le condizioni climatiche pessime che hanno accentuato i suoi limiti in discesa dove già non brilla (e si sa, questo è e purtroppo sarà il principale tallone d'achille di un atleta potenzialmente fortissimo): nonostante ciò Ulissi si è dato da fare in testa al gruppo a lavorare per i compagni ma è stato comunque un "uomo in meno" per l'offensiva azzurra. In più, al termine dell'ottavo giro, s'è palesata la caduta che ha scombinato i piani azzurri ed ha rischiato di rovinare tutta la tattica precedente: sono andati giù Nibali, Paolini e Scarponi, col primo pesantemente attardato, il secondo out e fasciato al braccio, il terzo solo rallentato e in grado di recuperare subito sul gruppo. Specialmente per Luca Paolini è stato un gran dispiacere terminare così il suo decimo e ultimo mondiale, in più era nei piani un suo attacco una volta ripreso Visconti che avrebbe reso la corsa ancora più dura e selettiva. Il problema più grande doveva essere però il rientro di Vincenzo Nibali, dato per spacciato e invece agilmente in gruppo già su Fiesole, magari con qualche aiutino dall'ammiraglia. Un sospiro di sollievo per Bettini, che aveva impostato tutta la gara sul messinese e, come sarebbe visto più in là, non aveva alternative.
Restavano dunque tre vagoncini della nazionale azzurra attaccati al gruppo dei migliori negli ultimi 2 giri ed erano Vincenzo Nibali, Pippo Pozzato e Michele Scarponi: è stato il momento di quest'ultimo, la cui funzione originaria era attaccare al penultimo passaggio di Via Salviati. La caduta di Nibali però ha scombinato i piani e Scarponi s'è trasformato in stopper, andando a riprendere un tentativo di Bardet. Il suo momento è stato solo spostato più avanti e probabilmente, il cambiamento dell'azione ha favorito una certa dinamica di gara: costringere su una salita di 4 km i migliori a dare tutto almeno per la metà della salita, come è successo col tentativo dell'aquila di Filottrano, ha tagliato le gambe al trio dei favoriti della vigilia (Gilbert-Cancellara-Sagan) e spianato la strada ai "liegisti" e passisti-scalatori tipo appunto gli spagnoli, tipo Rui Costa, tipo Nibali. Certo, questo ha significato tagliare le gambe anche a Filippo Pozzato, ma era stato dichiarato sin dal principio che Pippo sarebbe stato solo una soluzione di riserva da utilizzare in situazioni particolari. Il fatto poi che non sia riuscito a tenere il gruppo degli inseguitori la dice lunga sulla scarsa affidabilità del corridore Lampre per la prova odierna.
In cima a Fiesole la situazione per gli azzurri era buona, anche se non ancora ottimale. Davanti c'erano Purito e Nibali, con Valverde, Urán e Rui Costa a breve distanza, che presto sono rientrati. È qui che si è consumata, in una situazione che doveva essere vantaggiosa, la sconfitta per gli azzurri a causa di una distrazione di Nibali, che prendendo male una curva ha lasciato una voragine per Purito, sul quale dovrà chiudere per lo più da solo, consumando tutte le energie rimaste. Il resto lo ha fatto la perizia tattica di Rui Costa e la stanchezza nelle gambe di Valverde.
Riassumendo, il Mondiale 2013 può dirsi quello meglio interpretato da Bettini, al quale è mancata un po' di fortuna e anche un uomo più veloce da affiancare a Nibali nelle fasi finali. Uomo che purtroppo non esiste attualmente e non si può inventare; va dato merito al Ct di aver impostato una tattica spettacolare e vantaggiosa al tempo stesso, che ha fatto fuori un numero esorbitante di favoriti e messo il nostro capitano nelle migliori condizioni possibili per poter lottare fino all'ultimo. E dispiace anche un po' che non possa andarsene (sempre se se ne andrà, ovvio) senza la soddisfazione di poter fregiarsi di un successo, o almeno di un podio, davanti a una federazione che ha dato poca fiducia e l'ha trattato da burattino.