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Vuelta a España 2013: L'alta montagna partorisce Ratto - Impresa di Daniele che torna alla vittoria dopo tre anni

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Sulla Collada de la Gallina Daniele Ratto vince in solitaria © Bettiniphoto

Per chi fin da ragazzino è abituato ad alzare quasi domenicalmente le braccia al cielo per celebrare una vittoria, il sapersi gustare quei momenti rappresenta una gioia tutta particolare, che ognuno vive a modo suo. C'è chi alza appunto le braccia, chi le allarga, chi stringe il pugno, chi il cielo lo indica a ricordar qualche caro scomparso, chi (lo si è visto soprattutto in queste ultime stagioni) va a comporre con le mani un cuore o addirittura impenna. Tanti modi per godersela insomma ma col passar degli anni e con le attese e responsabilità che aumentano, può succedere che quella sensazione unica che dà il varcare, primo di tutti, quel traguardo possa divenir sempre più difficile da raggiungere, vuoi perché appunto i salti di categoria vengono vissuti diversamente da ciclista a ciclista, vuoi perché quando ti sei fatto una fama e raggiungi il professionismo, sai già che la concorrenza non fa sconti. Spietata. Crudele. Diventa sopravvivenza allo stato puro in taluni giorni.

Daniele Ratto a pane e ciclismo ci è cresciuto. Allevato a pane e ciclismo, con un fratellastro come Enrico Peruffo, promettente sì (ha fatto in tempo a vestirsi di tricolore e a mettersi al collo l'oro ai Giochi del Mediterraneo, tra le altre cose) ma non altrettanto fortunato nel suo percorso che è stato la molla decisiva per cominciare ed una sorella (Rossella, che tra tante affermazioni ha messo in cascina due titoli europei) altrettanto baciata da un talento innato a cui ha finito inevitabilmente per fare parimenti da riferimento. Fin dalle categorie giovanili è stato considerato un corridore di sicuro avvenire ma non sempre le cose finora sono filate lisce, anche per mancanza di un pizzico di fortuna in più ed anche di qualche giudice di gara con troppa voglia di protagonismo (su questo poi torneremo).

Una vittoria bella, ma che dire...meravigliosa! Ecco, una vittoria meravigliosa come quella che si è regalato (e ci ha regalato, dal momento che le condizioni climatiche che definire avverse sarebbe usare un eufemismo, hanno rischiato di non farci godere un bel nulla) oggi probabilmente non se l'era mai neanche lontanamente immaginata. Prendi una tappa di montagna, dal chilometraggio non eccessivo ma con delle asperità che per metà basterebbero a chi solitamente si mentalizza sul trascorrere i chilometri di ascesa nel drappello dei velocisti per passare una giornata d'inferno. Aggiungiamo il freddo, improvviso, sopraggiunto dopo giornate ben oltre i 20 gradi di temperatura (del resto se superi i duemila metri di quota te lo puoi anche aspettare) in una giornata a metà tra l'autunnale e l'invernale e si capisce che partire in fuga dopo appena 3 chilometri dal via è un qualcosa da pazzi. Anzi, da locos.

Daniele ha voluto tentarla ugualmente l'impresa folle, lui che con la Spagna negli ultimi anni ha raggiunto un certo feeling ma che finora non era stato adeguatamente ripagato, per cercare innanzitutto di ritrovarsi. Già, perché forse qualcuno cominciava a dubitare delle sue qualità: veloce ma non abbastanza da competere con i velocisti; dalla buona tenuta in salita ma non abbastanza da tenere testa agli scalatori, insomma c'era probabilmente chi era pronto a bollarlo come il classico corridore né carne né pesce, destinato ad una carriera di gregariato e di qualche buon piazzamento e nulla più. Schiaffone più vigoroso di quello assestato oggi per gli scettici non poteva esserci, perché se è vero che le montagne ogni tanto partoriscono i topolini, quest'oggi la montagna ha partorito Daniele Ratto. Anzi, ce l'ha restituito, il che è diverso e la cosa non può provocarci meno godimento.

Ratto Daniele, che 24 anni ancora non li ha (occorrerà attendere poco meno di un mese, il 5 di ottobre). Che piemontese (presso Moncalieri, per la precisione) lo è solo di nascita ed invece bergamasco (risiede a Colzate, sempre per la precisione) lo è in tutto e per tutto. Da ragazzino un iradiddio, capace di vincere dappertutto: volata, salita, anche cronometro ed in grado di regalar duelli memorabili con gli Ulissi, i Favilli, i Balloni e tutti gli altri protagonisti di quelle classi 1989 e 1990 che tanto strabordavano di speranza e che tutt'ora si spera non vadano perdute.

Uno che, per stare all'attualità (dal momento che si sta disputando proprio in queste giornate), è stato capace di vincere un Giro della Lunigiana, che spesso vede in gara il meglio del meglio del mondo Juniores, nel 2006 e a momenti ne vinceva anche un altro (l'anno successivo, dove pure vinse una tappa). Che aveva saputo lasciare il suo segno nel cantone svizzero di Vaud sempre nel 2006 e sfiorare anche il titolo italiano l'anno successivo. Senza dimenticare che andò a tanto così dal vestire anche la maglia iridata. Aguascalientes 2007. Giornata memorabile per i colori azzurri. Più di qualcuno giura che il Ratto di quel giorno fosse il più forte di tutti, anche di Diego Ulissi, il predestinato per antonomasia di quella nuova "età dell'oro", che conquistò il suo secondo iride consecutivo ma la medaglia d'argento di certo non scalfì affatto le entusiaste previsioni sul suo avvenire.

Arriva il momento dei dilettanti, dove Ratto resta soltanto per due annate: nella prima, in maglia Bergamasca, passa qualche mese difficile per via della mononucleosi ma chiude l'anno con una splendida impresa nel Piccolo Giro di Lombardia, dove arriva solo al traguardo e rifila distacchi importanti a tutti (per lui anche il 10° posto nella Parigi-Tours Espoirs in quel finale di stagione); nella seconda (era il 2009) passa alla Palazzago e le sue doti vengono ancora prepotentemente alla ribalta, con 4 successi e con piazzamenti variegati, tra cui il terzo posto al Recioto, il sesto al Giro della Valle d'Aosta e alla Bassano-Monte Grappa, il settimo al Liberazione. Non ci sono dubbi: il ragazzo viene ritenuto pronto per il professionismo.

Lo ingaggia la Carmiooro-NGC e dopo pochi mesi arriva già il primo successo da professionista (nessuno probabilmente immaginava di dover attendere fino ad oggi per rivederlo vincitore): accade a Larciano, alla conclusione del celebre Gran Premio, in cui Ratto dimostra le sue ottime doti da velocista precedendo il colombiano Rubiano Chávez e Pellizotti per quella che sembrava solo la prima di una serie di belle vittorie. Non è andata proprio così purtroppo e a fine anno (dopo aver colto qualche altro piazzamento come il 7° posto alla Bernocchi) l'uscita di scena del team lo obbliga a cambiare aria. Lo ingaggia la Geox di Gianetti ma il 2011 non è molto ricco di soddisfazioni: sfiora la vittoria a Llodio in aprile (lo batte solo Santi Perez per quello che sarà il primo di una lunga serie di piazzamenti in terra spagnola), giunge quinto alla Vuelta a la Rioja, quarto al Melinda e settimo all'Agostoni tra le altre gare ma anche in questo caso la squadra cessa l'attività a fine anno e così Ratto si ritrova nuovamente in cerca di squadra.

Naturalmente un atleta così promettente non poteva non suscitare le attenzioni di un grande team e così la Liquigas decide di aggregarlo al suo fantastico roster che annovera già i vari Basso, Nibali, Capecchi, Viviani, Oss, Moser, Damiano Caruso e quel Peter Sagan che ha tutto per divenire un fuoriclasse assoluto. Una concorrenza importante, che rischierebbe di ammazzare chiunque ed in cui è importante sapersi ritagliare i propri spazi. Daniele cerca di sfruttare al meglio le sue occasioni, lavora duro in appoggio ai compagni ma con lo spunto veloce che si ritrova sembra prediligere particolarmente le tappe ondulate, di quelle che tagliano fuori i velocisti puri e lasciano davanti quelli che in salita sanno avere più resistenza. Ai Paesi Baschi, in primavera, comincia a fare le prove generali nei vari sprint, arrivando una volta quarto e due volte sesto. In Slovenia si piazza praticamente ogni giorno e chiude ottavo nella generale e nel mese di agosto arriva finalmente il debutto in un grande giro, proprio alla Vuelta, arrendendosi però dopo dodici frazioni.

Cambia nome la squadra (da Liquigas passa a Cannondale) ma Ratto è sempre al suo posto quest'anno e nelle brevi gare a tappe spagnole continua a farsi notare con buone prestazioni: in Catalogna solo Meersman lo batte nella seconda tappa, poi due quarti posti, seguiti qualche giorno dopo dal nono posto al GP Indurain e dal quarto in una tappa ai Paesi Baschi. Sulle Ardenne è ancora presto per vederlo protagonista (per le sue caratteristiche sarebbe il tipo di evoluzione più probabile) e così, frattanto, è la Spagna a vederlo sempre lì pronto a sgomitare per riconquistare quella dannatissima vittoria.

A Burgos, in agosto, sembra la volta buona: dopo un terzo ed un secondo posto finalmente la sua ruota davanti a tutti riesce a metterla, al termine di uno sprint deciso su un traguardo insidiosissimo ed in cui resta in piedi per miracolo, spuntando nella curva. Precede Anthony Roux, che si ritiene danneggiato. Il giudice di gara non sente ragioni (o meglio, sente soltanto quelle del proprio connazionale) e lo declassa senza troppi complimenti. Niente da fare, la maledizione continua. Anche alla Vuelta di tappe particolarmente adatte ce ne sarebbero ma arriva solo un nono posto a Lago de Sanabria. Fino ad oggi.

Una pazzia gettarsi all'attacco così presto, con tanta strada da fare e con il freddo che, salendo pian piano fino a toccare i 2410 metri del Port d'Envalira, la cima più elevata di questa edizione, cominciava a mordere i polpacci e ad azzerare i vari pensieri, man mano che il tormentato bailamme procedeva. Una compagnia di tutto rispetto, con il campione del mondo Gilbert a caccia di una nuova giornata di gloria e per testarsi ulteriormente in chiave iridata; un duraccio come Luis León Sánchez costretto ad alzare bandiera bianca a causa del freddo (uno dei tanti, purtroppo) e due buoni pedalatori come Brown e Chainel respinti inesorabilmente dalle pendenze. Si arrende anche Gilbert verso Ordìno, salita che non fosse per quell'accento parrebbe come l'esaltazione del perentorio, con Ratto filato via già in discesa e deciso più che mai a proseguire. Saltato anche quello, superato la Comella per gettarsi in una discesa in cui ci ha donato l'insolita immagine della "staccata da prudenza", scena più avvezza ai biker che ai grandi motociclisti (la Spagna ha lasciato il posto ad Andorra, ma sempre Vuelta è) di cui la terra iberica è ormai straricca.

Soltanto la Collada de la Gallina a cercare d'impedire un capolavoro che ha tutto per essersi compiuto e dall'uovo covato in vetta non sarà di certo uno spaurito pulcino bagnato a saltar fuori ma un'aquila che prende maestosamente il volo. Nove minuti di margine sono tanti, in pochi pensano che qualcuno da dietro possa rientrare. Quelle pendenze però non perdonano e divorano secondi con avidità ogni minuto. Oggi però è il giorno giusto. Quello atteso da tempo e forse mai immaginato così bello. Stringe i denti Ratto, si contorce sulla bici in un infinito ultimo chilometro ma comincia a sfogare la sua gioia man mano che i metri diminuiscono, tenta un'impennata che non gli riesce ma non importa, quest'oggi ha vinto lui. Splendido sulla bici così come sicuro nello spagnolo che esibisce nell'intervista del dopo tappa, del resto ormai è di casa in terra iberica e pazienza se la notizia dell'improvviso abbandono di Ivan Basso, colpito anch'egli dall'ipotermia, lo lascia sgomento e stranito.

C'è anche una maglia a pois ad attenderlo sul podio, è lui ora il miglior scalatore in una corsa che per la Cannondale è tutta da reinventare e quei pois blu su sfondo bianco diventano inevitabilmente un nuovo obiettivo da cercare di difendere, finché le forze lo permetteranno. Tanto si è fatta attendere questa vittoria, mai così tanto corteggiata e sedotta nella sua maliarda bellezza. Comincia una nuova Vuelta. Comincia il nuovo cammino di Daniele Ratto.

Vivian Ghianni

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