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Vuelta a España 2013: Barguil, festa di battesimo - Prima da pro' per il francesino. Nocentini 2°, Scarponi e Santaromita ok

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Warren Barguil felice al traguardo di Castelldefels © BettiniphotoNel lungo elenco di corridori francesi predestinati al successo (che poi purtroppo successivamente spesso finiscono nel limbo dei ncnp - né carne né pesce), uno degli ultimi ad essere passati al professionismo è Warren Barguil. 22 anni ancora da compiere (tra poco meno di due mesi), bretone (particolare che fa sempre drizzare le antenne), vincitore nel 2012 del Tour de l'Avenir e piazzato nell'ultimo biennio in diverse altre difficili corse riservate ai dilettanti, il ragazzo è approdato al Team Argos (dopo esserne stato stagista sul finire dello scorso anno), e oggi salutiamo la sua prima vittoria da pro', vittoria che giunge non in una corsetta regionale, ma in una delle più importanti prove del World Tour. Nella speranza che Warren sappia realmente esplodere nei prossimi anni.

La tenacia non gli manca: dopo aver tentato di resistere in classifica, peraltro con discreto successo nelle prime tappe, Barguil ha perso terreno per via di guai fisici figli della famosa caduta del km 0 nella tappa dell'Alto de Hazallanas, la decima; fin lì era in top 20, dopodiché ha perso 25'24" quel giorno (lunedì, per la precisione), e ha dovuto reinventarsi un ruolo alla Vuelta. Certo, avrebbe anche potuto tirare i remi in barca, tutto sommato soddisfatto delle buone cose fatte vedere nei primi 9 giorni di gara (si era piazzato due volte nei 10, a Fisterra e a Valdepeñas de Jaén), ma evidentemente non è il tipo. Qualche giorno tranquillo per recuperare dalla botta di Jaén (dove è avvenuta la caduta), ed eccolo oggi in fuga. Non una fuga a caso, ma la prima ad arrivare al traguardo dopo 13 giorni di gara.

Con Warren si erano mossi in 17, addirittura: Intxausti, Cherel, Mollema, Piedra, Txurruka, Coppel, Martínez, Jelle Vanendert, Camaño, Meersman, Meier, Kiryienka, Zandio, Marczynski e gli italiani Nocentini, Santaromita e Scarponi, che sarebbero poi stati tra i protagonisti fino alla fine (segno che tutti e tre sentivano di dover dimostrare ancora qualcosa al ct Bettini, in procinto di varare la formazione azzurra per i Mondiali). Tale azione a 18 aveva preso il via solo al km 76 (a 93 dal traguardo), visto che fin lì i tanti tentativi erano stati tutti annullati dal gruppo. E oltre alle varie fughe abortite dopo poco, bisogna dire di una nuova grossa caduta che, dopo 11 km della tappa, ha coinvolto molti corridori, costringendo al ritiro subito Ten Dam e Lastras (clavicola rotta per lo spagnolo) e successivamente anche De La Cruz, Mangel e Clement, alle prese coi postumi del ruzzolone.

Tra i 18 e il traguardo, il principale ostacolo era rappresentato dall'Alto del Rat Penat, durissimo strappo di 4 km con Gpm ai -50. Ostacolo per alcuni, certo, ma opportunità per altri: perché se c'era una speranza che la fuga arrivasse in porto, tale speranza risiedeva proprio nella difficoltà di questa salita, che avrebbe suggerito alle squadre dei velocisti di evitare di inseguire alla morte gli attaccanti, visto che non c'erano garanzie che le stesse ruote veloci resistessero nel gruppo dei migliori.

Ad ogni buon conto, la Orica di Michael Matthews il proprio dovere in testa al plotone l'ha fatto, tenendo il distacco dai primi entro i 2'50" del vantaggio massimo toccato intorno al km 100. Che il Rat Penat fosse destinato a svolgere un ruolo importante, è stato in ogni caso confermato dai fatti. Sulla salita Michele Scarponi non ha esitato a selezionare il drappello dei battistrada, avvantaggiandosi senza problemi (è transitato al Gpm con 30" sui primi inseguitori e con 1'50" sul gruppo), e quindi aspettando i primi inseguitori dopo la discesa, visto che non era pensabile di resistere per quasi 50 km solo al comando. Il marchigiano è stato quindi raggiunto da 9 uomini, ovvero Barguil, Martínez, Zandio, Coppel, Intxausti, Mollema, Txurruka e gli altri italiani Santaromita e Nocentini, intenzionati anche loro ad essere protagonisti fino alla fine (il campione nazionale italiano è addirittura uscito volontariamente dalle zone pregiate della classifica, proprio per avere la libertà di tentare simili azioni, molto gradite al commissario tecnico). Gli altri 8 fuggitivi della prima ora si sono dispersi, pronti a farsi via via riprendere da chi era dietro.

Il gruppo, dal canto suo, non era certo uscito indenne dal confronto col Rat Penat: al di là della selezione naturale provocata dalle pendenze, selezione che ha fatto fuori praticamente tutti i velocisti e anche i vari finisseur (da Gilbert in giù), c'è stato anche un tentativo di attacco orchestrato dalla Katusha, che prima ha tenuto una forte andatura, quindi ha lanciato Rodríguez in compagnia di Giampaolo Caruso. Ai due si è accodato Roche, mentre la maglia rossa Nibali ha preferito non strafare, limitandosi a controllare la situazione: mancava troppo al traguardo perché l'attacco a tre facesse realmente paura, e infatti l'azione di Purito e soci - dopo aver avuto un margine di 10" - si è spenta presto, visto che anche la RadioShack (con Kiserlovski al servizio di Horner) si è messa a tirare per annullare il pericolo. Segnali che comunque i rivali di Nibali non dormono, e che da domani sui Pirenei qualcuno proverà senz'altro qualcosa.

Nei chilometri successivi al Rat Penat il gruppo ha rallentato, per permettere il rientro di molti uomini che erano rimasti attardati (ma anche perché l'Astana non aveva alcuna intenzione di lavorare per inseguire), sicché il vantaggio dei 10 battistrada è risalito fino a 3'40", a 29 km dalla fine. E a quel punto, perdere tutto quel margine in meno di 30 km per i fuggitivi diventava impensabile. A poco è servito l'impegno di Cannondale e FDJ, che per una quindicina di chilometri hanno tentato un tardivo inseguimento: la vittoria sarebbe andata ad uno dei 10 uomini al comando.

Rimaneva da vedere quale dei 10. Intxausti è stato il primo a tirarsi fuori dalla contesa, incappando in un brutto capitombolo all'ingresso di un sottopasso, a 9 km dalla fine. Altri in gruppo l'hanno poi imitato, e tra questi anche Dani Moreno (che però è stato poi atteso dagli avversari). All'uscita da tale budello, Coppel non ci ha pensato due volte e ha proposto il suo assalto frontale; Egoi Martínez è stato attento e bravo ad accodarsi al francese, e per 3 km la coppia ha proceduto spedita, mentre dietro il solo Scarponi faceva il diavolo a quattro per rientrare.

Coi due battistrada davanti ormai poche decine di metri, il marchigiano ha fatto da sé e, con uno scatto ai -5, è rientrato tutto solo sulla coppia. Ai 4 km i tre avevano 5" sugli altri, il loro problema è stato che ai 3 km hanno iniziato a guardarsi, permettendo così agli altri 6 di rientrare nel giro di un chilometro. Appena ritornati in gioco anche Nocentini, Santaromita e soci, Coppel ha tentato un nuovo affondo, ai 2 km, e stavolta sono stati Zandio, Barguil e Nocentini a prendere la ruota del corridore della Cofidis.

Anche in quest'occasione, però, ha prevalso il tatticismo, e dopo poche centinaia di metri il nuovo quartetto al comando ha rallentato, facendo rientrare di nuovo gli inseguitori a un chilometro e mezzo dal traguardo; allora Barguil, come Coppel poco prima ma in maniera molto più secca (anche perché la strada iniziava a salire e ciò rendeva più efficace un'azione del genere), è scattato e ha fatto il vuoto. Prima di capire che il pericolo era serio, Nocentini e compagni hanno atteso qualche secondo di troppo, permettendo così al giovanotto di guadagnare quanto gli bastava per risultare poi imprendibile.

La gioia immensa di Barguil è esplosa (insieme alla dedica per il nonno scomparso 3 anni fa) di lì a poco davanti al castello di Castelldefels, 7" prima che Nocentini vincesse rosicando la volata dei battuti, precedendo nell'ordine Mollema, Santaromita, Zandio, Txurruka, Scarponi e Martínez; sulla salitella del traguardo Coppel ha invece mollato qualcosa, stanco per i precedenti tentativi, e ha chiuso a 24"; il decimo fuggitivo, Intxausti, è riuscito anche lui a precedere il gruppo, a 2'34" da Barguil, mentre Diego Ulissi ha vinto su Gilbert, Dennis Vanendert e Valverde lo sprint per l'undicesimo posto.

In classifica non cambia alcunché, Nibali in maglia rossa precede Roche di 31", Valverde e Horner di 46", Rodríguez di 2'33", Pozzovivo di 2'44", Basso di 2'52". Con distacchi tra i 3'30" e i 4', Pinot, Majka e Moreno completano la top ten, e più indietro Capecchi e Scarponi colorano di Italia il 15esimo e il 16esimo posto. Domani invece qualcosa cambierà, eccome. Si approda ai Pirenei, con una tappa non lunga (misura 155 km), ma che contiene la vetta più lunga e alta della Vuelta, il Port d'Envalira, da cui si scollinerà 87 km dopo la partenza da Bagà; le pendenze non sono così paurose, tutt'altro, ma non c'è male come antipasto prima di Coll de Ordino (vetta ai -39), Alto de la Comella (Gpm ai -16) e Collada de la Gallina (7 km di scalata dritti fino al traguardo). Qualcuno che attacchi o che tenda imboscate (la discesa della Comella è particolarmente infida), facendo magari affidamento sulla pioggia (si prevede clima non troppo estivo), ci sarà. Nibali, praticamente superato il problema con la puntura della vespa di martedì, farà meno fatica a fare quel che deve: tenere gli occhi bene aperti.

Marco Grassi

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