Vuelta a España 2013: Gilbert già in pieno Rinascimento - Batte Boasson Hagen e pensa al Mondiale di Firenze
Il velocismo, questo reietto. È lui il vero grande assente alla Vuelta a España, ufficialmente malsopportato sin dal disvelamento del percorso (con poche tappe dedicate agli sprinter e molti strappi-strappetti-salitelle-rampette nate proprio per respingere le ruote veloci), confermato nell'idiosincrasia con questa corsa da un campo partenti molto blando (per usare un termine neutro) relativamente alla categoria in esame, e definitivamente archiviato dallo svolgersi delle frazioni anche più facili: già i velocisti in gara sono pochi, se poi vengono regolarmente impallinati da altre tipologie di corridori (nella fattispecie, i finisseur), viene naturale chiedersi non come mai manchino dalla Vuelta quasi tutti gli sprinter di grido, ma chi gliel'ha fatta fare, ai pochi presenti, di esserci.
L'arzigogolo iniziale è un doveroso preambolo per spiegare che anche la 12esima tappa, da Maella a Tarragona, una delle più facili tra le 21 in programma, si è conclusa con la vittoria di un non velocista. Dopo l'affermazione di Matthews al Lago de Sanabria nella quinta tappa, avevamo visto Mørkøv vincere a sorpresa a Cáceres nella sesta (dopo l'ormai celebre fuga fiume di Tony Martin), e Stybar piegare Gilbert nella settima a Mairena de Aljarafe, dopo una bella azione a due nel finale.
Se oggi ci aspettavamo una nuova sfida tra i vari Matthews, Meersman e Richeze, avevamo fatto male i conti, sottovalutando gravemente quella che invece era la voglia di riscatto proprio di Philippe Gilbert. Il quale rischia che per l'anno prossimo la BMC gli proponga un contratto non annuale, ma mensile, visto che, esattamente come nel 2012, dopo una stagione discretamente disastrosa, il vallone (aerostatico!) si sta alzando in volo solo in prossimità del Mondiale. E non c'è dubbio che l'iridato arriverà a Firenze tirato a lucido e pronto per una doppietta consecutiva che negli ultimi 50 anni è riuscita solo a due italiani, Gianni Bugno e Paolo Bettini. Per il momento, Gilbert si limita ad avere un percorso di avvicinamento decisamente simile a quello che lo portò a conquistare il titolo un anno fa a Valkenburg: allora vinse due tappe (la nona e la 19esima) alla Vuelta prima di imporsi in Olanda, stavolta ha centrato il successo alla 12esima frazione ma avrà senz'altro modo di ripetersi, visto che da qui a Madrid non mancheranno altre occasioni per un corridore come lui.
È stato anche un po' fortunato, oggi, visto che il più in palla dei velocisti, Michael Matthews, è stato appiedato da una foratura a poco più di 5 km dal traguardo, altrimenti l'australiano avrebbe senz'altro potuto dire la sua su un arrivo come quello di Tarragona. E la buona sorte (mancata in altre occasioni) ha regalato oggi a Gilbert anche una scelta azzardata da parte del principale rivale odierno, Edvald Boasson Hagen, che si è lanciato in volata praticamente da casa sua (quanto saranno stati? 300 metri? 400?), arrivando quindi lunghissimo in vista dello striscione, ergo nella condizione migliore per farsi saltare da chi - Philippe, appunto - lo sprint l'ha lanciato al momento giusto.
La tappa era iniziata (senza Pinotti, non partito da Maella; nel corso della tappa si è ritirato poi Soupe) subito con una fuga a tre, composta da Romain Zingle, Fabricio Ferrari e Jérôme Pineau: tre soli uomini all'attacco, facilmente controllabili tant'è vero che il vantaggio massimo (6'25") è stato toccato abbastanza presto (al km 44), dopodiché il lavoro congiunto di Argos (per Arndt o Sinkeldam), Garmin (per Farrar), Lampre (per Richeze) e poi anche Orica (per Matthews), ha progressivamente ridotto il margine fino ad annullarlo a 18 km dalla conclusione.
Prima del preventivato sprint, però, c'era ancora il tempo per un paio di cosette: la prima, la vittoria di Ivan Basso al traguardo volante di Port Aventura (ai -15), impresa memorabile se consideriamo la lentezza in volata del varesino. Ma in realtà stavolta c'era la Cannondale in testa al gruppo, tutta unita proprio per permettere al suo capitano di transitare in testa e prendersi i 3" di abbuono (davanti a Roche, che ne ha conquistati 2 e che così si è portato da 33 a 31" di ritardo da Nibali in classifica: quisquilie, ma sintomatiche di tanta voglia di fare).
La seconda cosetta è stata un nuovo tentativo di Tony Martin, scattato subito dopo detto sprint intermedio, ai -14, ma non in grado stavolta di fare la differenza come (quasi) gli era riuscito a Cáceres, anche perché la BMC di Gilbert ha subito tirato forte per riprendere il tedesco (raggiunto ai -11 dopo che aveva avuto una decina di secondi di margine). Quindi, con l'Astana passata a comandare le operazioni (per tenere Nibali fuori dai guai), si è entrati a Tarragona, e il gruppo allungatissimo è stato poi tirato dalla Orica fino alla foratura di Matthews.
Anche Pozzovivo ha forato, ai 4 km, ma gli ha detto bene che per una volta la neutralizzazione dei tempi (vista la pericolosità del finale) era stata fissata ai -5 dal traguardo, sicché il lucano non ha perso niente in classifica. La salitella agli ultimi 2 km ha contribuito poi ad appesantire le gambe di qualche velocista, e il rettilineo conclusivo l'abbiamo in pratica già raccontato, con Boasson Hagen uscito prestissimo e ripreso a 50 metri dalla fine da Gilbert, che ha così potuto finalmente alzare le braccia indossando la maglia iridata.
Al terzo posto si è piazzato (ancora una volta) Richeze, al quarto Luca Paolini che dal suo canto conferma una buona condizione (anche lui pensa al Mondiale, nel ruolo di regista in casa Italia), e quindi Gianni Meersman (uno dei più deludenti di questa Vuelta, fin qui) davanti a Francesco Lasca, che pare stia superando i problemi fisici che l'hanno frenato nella prima metà di corsa. A chiudere la top ten, Chainel, Janse Van Rensburg, Roux e Dempster, con Ratto classificato in 15esima posizione.
La generale cambia per qualche virgola, ovvero i citati 31" di distacco di Roche da Nibali, e Basso che decurta il proprio ritardo da 2'55" a 2'52", rimanendo comunque in settima posizione. In mezzo, Valverde e Horner a 46" dalla maglia rossa, Rodríguez a 2'33" e Pozzovivo a 2'44".
Domani altra frazione veloce, ma in cui tenere tanto d'occhi aperti: i 169 km da Valls a Castelldefels sono sostanzialmente facili, a parte la durissima salita dell'Alto del Rat Penat a 50 km dalla conclusione, e un ultimo chilometro complicato almeno come il finale di oggi. Potrebbe essere la BMC ad incaricarsi di tenere cucita la corsa, nella speranza di un'immediata ripetizione di quanto fatto vedere oggi da Gilbert; ma potrà anche capitare che una fuga da lontano - e sarebbe la prima della Vuelta 2013 - vada in porto, proprio perché col Rat Penat di mezzo non ci sono certezze sulla tenuta di tutti gli uomini veloci, e quindi le rispettive squadre potranno lasciare campo libero a un drappello di attaccanti fuori classifica.