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Vuelta a España 2013: Il giorno perfetto di Horner - Tappa e maglia per Chris, ma Nibali (2°) fa ben sperare. E Basso non molla

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Chris Horner, primo all'Alto de Hazallanas e in classifica alla Vuelta © Bettiniphoto

Se volessimo fare un paragone con la boxe, quello che oggi Chris Horner ha assestato ai suoi avversari della Vuelta a España sarebbe un uppercut tremendo. Dritto al mento, di quelli che stenderebbero un toro, un bel cazzotto come quelli che George Foreman rifilava ai suoi sfidanti, e non citiamo Big George a caso: uno che negli anni '70 lottava contro Muhammad Alì nel match forse più famoso della storia, e che nei '90 se la vedeva con gente del calibro di Evander Holyfield, conquistando poi un'ulteriore titolo mondiale a 45 anni e 9 mesi e disputando l'ultimo incontro a quasi 49 anni, è un buon metro di paragone per questo 42enne del Colorado che, con la scioltezza che da sempre lo contraddistingue, ha lanciato oggi una vera e propria OPA sulla corsa spagnola.

Che è ancora lunga e aperta a più possibilità, beninteso; ma che potrebbe davvero finire nel palmarès del veterano della RadioShack, a cui basterà fare sulle prossime salite la metà di quanto fatto oggi sull'Alto de Hazallanas per mettere al loro posto i Nibali e i Basso, i Rodríguez e i Valverde. La prima parte della Vuelta si chiude nel segno di Horner, più che mai: vincitore di due tappe, autore oggi di un'impresa straordinaria se rapportata all'età di chi l'ha messa in atto, e leader della classifica non per i pochi secondi che ballavano fino a ieri, ma con ben 43" su Nibali secondo (e gran favorito della vigilia), 53" su Roche terzo, oltre un minuto su Valverde e JRO, oltre 2' su Basso e Moreno, oltre tre su tutti gli altri.

Metà corsa se n'è andata, e da quel che abbiamo visto, Chris è in assoluto il più forte in salita. L'affermazione di Mirador de Lobeira era venuta su uno strappetto al traguardo al termine di una tappa facile; quella di oggi, preparata da un ottimo lavoro della RadioShack (con Cancellara in grande spolvero), è stata invece cercata e centrata in una delle frazioni più importanti delle tre settimane in Spagna, con due salite vere e dure nel finale, e in un bel faccia a faccia (o testa a testa) con gli altri favoriti. Non ci sono state particolari alchimie tattiche, né situazioni al limite, insomma la vittoria di Horner oggi è stata limpida e netta, tanto da rendere blindata la sua candidatura ad essere il vincitore finale. Però.

Però dobbiamo anche "sentire l'altra campana", che nel nostro caso si traduce in "vedere come si è comportato Nibali". Il messinese non è ancora quello del Giro, questa asserzione è stata talmente ripetuta in questi giorni da diventare quasi luogo comune, ma nell'attesa di ritrovarla nei calendari del frate Indovino spagnolo, dobbiamo dire che Vincenzo i suoi bravi progressi li sta pur esibendo. Oggi, nel gran giorno di Horner, è stato il primo dei battuti, il che non significa che ha vinto la volatina degli staccati, ma che a sua volta ha distanziato tutti gli altri, guadagnando una ventina di secondi in due chilometri e mezzo, e difendendo con buone ragioni il titolo di "faro della corsa", al di là dell'exploit dello statunitense. Quanto Nibali possa essere ancora considerato in tal guisa, lo capiremo dopo la crono di mercoledì (ovvero: se non vince la sfida con Chris, sarà quest'ultimo a diventare l'uomo più importante del gruppo), ma per il momento possiamo dire che il siciliano ha tenuto bene botta. Oddio, diciamo benino, un termine che meglio rappresenta il secondo posto di tappa e della generale con cui il capitano dell'Astana si accosta al primo giorno di riposo.

Pensare che un corridore diverso da Horner e Nibali possa vincere la Vuelta è, oggi come oggi, impresa ardua. La superiorità dei due rispetto agli altri è già patente, se poi consideriamo un possibile calo alla distanza per gli spagnoli provenienti dal Tour, ecco che il disegno che si profila è quello di una lotta per la vittoria da una parte, coi primi due della classifica a impegnarvisi, e una parallela lotta per il podio con Valverde e JRO a difendersi dai tentativi di Basso e Roche (il nome nuovo di questi giorni, a questi livelli), e dall'eventuale rientro di Pinot. Tutti gli altri, a partire da Moreno che ieri aveva ottimamente impressionato ma che oggi ha palesato tutti i propri limiti nelle tappe di vera montagna (e con tutti gli occhi puntati addosso, condizione che lui non ama), sembrano tagliati fuori da ogni discorso.

La caduta più incredibile prima della fuga di Ulissi
Non è iniziata bene, la decima tappa, a Torredelcampo. La giuria aveva predisposto 15 km di neutralizzazione del percorso, perché originariamente erano previsti dei passaggi complicati per le vie di Jaén (ed evidentemente le proteste dei corridori per le strade strette di Mairena de Aljarafe, l'altro giorno, hanno lasciato il segno); ebbene (anzi: emmale!), proprio in quel tratto neutralizzato è avvenuta una caduta gigantesca, che ha coinvolto decine di corridori, tra i quali Dani Moreno, Barguil, Zubeldia, Kiserlovski, Busche; peggio è andata a Bart De Clercq, costretto immediatamente al ritiro per un problema al ginocchio (era 20esimo in classifica a 2'33" da Moreno), e a Losada, Boivin, Barry Markus, anch'essi ritiratisi di lì a poco. Oltre a ciò, in tema di abbandoni vanno segnalati quelli di Fenn e De Gendt, espulsi dalla giuria per traino prolungato dalle ammiraglie.

Mentre si faceva il conto di ferite e contraccolpi vari, la corsa procedeva (dopo che i chilometri neutralizzati erano stati portati a 19, proprio a causa della caduta) senza che riuscisse a prender corpo una fuga. Solo al km 65 10 uomini sono sfuggiti al ferreo controllo della Katusha, e si trattava di Flecha, Marczynski, Preidler, Meersman, Paterski, Kohler, Oroz, Sijmens, Clement. Il decimo, Diego Ulissi, da qualche giorno atteso a uno squillo che desse un senso a questa fase di Vuelta per lui.

Gli attaccanti hanno aumentato il proprio margine praticamente fino ai piedi dell'Alto de Monachil (il vantaggio massimo, 5'45", è stato toccato a 47 km dalla fine, 12 prima che si approcciasse la citata salita), dopodiché la Cannondale, lavorando per ridurre quel gap, annunciava implicitamente che il suo capitano Basso era in buone condizioni, e pronto a dar battaglia tra Monachil, appunto, e Alto de Hazallanas (dove si sarebbe conclusa la corsa).

Sul Monachil, però, la squadra di Amadio è stata rilevata in testa al gruppo dalla RadioShack, con un Cancellara ancora una volta molto convincente (per un paio di chilometri ha tirato solo lui: lo diciamo quasi ogni giorno, lo ripetiamo oggi: Firenze si avvicina!). Il ritmo di Fabian ha subito fatto delle vittime, tra gli altri Intxausti, Barguil, Zubeldia e Kiserlovski si sono staccati, mentre Konig (alle prese con qualche problema di salute) arrancava in fondo al gruppo.

Anche tra i fuggitivi c'era selezione, intanto: dei 10 della fuga, ne erano rimasti al comando la metà (Ulissi, Marczynski, Flecha, Oroz e Preidler), e a 4 km dalla vetta Marczynski ha attaccato, venendo presto raggiunto da Ulissi che poi in vista del Gpm l'ha anche staccato, per transitare tutto solo in cima con qualche secondo sul polacco della Vacansoleil e 1'15" sul gruppo (da cui aveva poco prima tentato l'evasione De La Cruz).

La fuga si spegne, la lotta per la roja s'accende
In discesa il povero Ulissi non ha imbroccato una curva (stile molto discutibile il suo), ed è stato raggiunto e staccato da Marczynski, e poi pure da Preidler, mentre Oroz e Flecha non son più riusciti a rientrare (ma sono stati raggiunti successivamente da De La Cruz). Il gruppo, superata la fase RadioShack-cancellariana, era intanto finito sotto il controllo della Movistar la quale, anziché spingere a fondo per preparare il terreno a un eventuale attacco di Valverde, ha come anestetizzato la corsa: il ritmo tenuto da Szmyd per diversi chilometri sembrava pensato per non far male principalmente al suo stesso capitano, ma non era certo sostenuto come quello imposto poco prima da Fabian. Tant'è vero che il vantaggio dei battistrada, nel frangente, ha ripreso ad aumentare, per tornare a toccare l'1'45" a 15 km dalla conclusione.

Ai 14 km, su una salitella precedente l'Hazallanas, Ulissi è rientrato su Preidler e Marczynski (che si erano ricompattati ai -18), ma il terzetto è durato poco, visto che, appena le pendenze si sono indurite ai piedi della salita conclusiva, Marczynski è rimasto nuovamente solo. Le notizie principali provenienti dal gruppo erano che Konig, dopo aver perso terreno nell'ultimo tratto del Monachil, era rientrato in discesa; e che su quella stessa discesa Pinot era riuscito a non perdere contatto dai big (fosse riuscito a farsi staccare, su quella sorta di autostrada che era la picchiata dal Monachil, avrebbe dovuto seriamente preoccuparsi).

La salita vera e propria, all'Alto de Hazallanas, iniziava a 7.5 km dal traguardo. Preidler è stato ripreso proprio in quel punto, e non molto dopo il gruppo ha perso molti suoi componenti, a partire da un Michele Scarponi definitivamente in ombra, e proseguendo con Ten Dam, Elissonde e un'altra decina di uomini. Dei circa 30 "sopravvissuti" al Monachil, restavano intorno alla maglia rossa Moreno una ventina di corridori, ma lo sparpaglìo non era che all'inizio.

Uno scatto di Antón ai -7 ha determinato una nuova frustata che ha messo in croce un'altra decina di corridori, e mentre ai -6.5 veniva raggiunto Ulissi, perdevano contatto Arroyo, Santaromita, Capecchi, e poco dopo anche Henao e Samuel Sánchez. È stato questo il momento in cui Nibali - riportandosi su Antón - per la prima volta ha messo il nasino in testa al plotone, o meglio a quel che ne rimaneva, ovvero un manipolo formato - oltre che da lui e dal suo luogotenente Fuglsang - anche da Moreno e Rodríguez, Horner e Basso, Pozzovivo e Urán, Valverde e Antón, Pinot e Roche.

Moreno salta, Horner assalta, Nibali risalta
I grandi problemi per i primi due della generale si sono manifestati, in tutta la loro crudezza, a 5.5 km dalla vetta: sulle pendenze devastanti dell'Hazallanas (costantemente in doppia cifra almeno per due terzi di scalata) Dani Moreno ha gettato la spugna, mentre Roche si è votato a metà dei santi del calendario per non perdere del tutto contatto dai migliori: ci fosse stato bisogno di un testimonial degli elastici, l'irlandese oggi sarebbe stato l'uomo più adatto.

La débâcle di Moreno ha chiaramente fatto cadere tutte le remore nei suoi avversari, così mentre ai 5 km veniva raggiunto l'ultimo superstite della fuga (Marczynski), Nibali proponeva un nuovo forcing dopo che Fuglsang gli aveva tenuto calda l'andatura per qualche centinaio di metri. Sull'azione dell'italiano, solo Basso, Rodríguez, Horner, Valverde e Pozzovivo hanno saputo rispondere. Pinot è rimasto appena più indietro così come Roche, mentre Urán, Antón e Fuglsang sono tecnicamente saltati.

Ma Nibali non aveva ancora smesso di far danni: 200 metri ancora di forcing, ed ecco che anche Valverde e Pozzovivo hanno perso le ruote del nuovo quartetto di battistrada, composto da due italiani (grande reattività di Basso), un catalano (l'inesauribile Rodríguez) e un americano di una certa età.

Ebbene, tra questi protagonisti, proprio il vecchietto è stato quello che ha pensato di, e poi voluto, far saltare il banco. A 4.6 km dalla vetta Horner è partito fortissimo, con la sua classica andatura sui pedali (si sarà seduto una sola volta da lì all'arrivo: se non è un fenomeno questo qui, allora chi?), e ha guadagnato subito 20", mentre Valverde (e non - ahilui - Pozzovivo), superato il momento di annebbiamento, riusciva a riportarsi sul gruppetto Nibali.

I due italiani del citato drappello si sono per qualche centinaio di metri dati il cambio, nel tentativo di limitare i danni dallo statunitense, ma a dire il vero il ritmo di Basso non era paragonabile a quello dell'attaccante, tant'è vero che quest'ultimo ha continuato a guadagnare senza fallo, mentre da dietro Pinot prima e Roche poi riuscivano a rientrare su Ivan e soci. Sicché Nibali, ai 3.5 km, capito che continuando così non si sarebbe certo recuperato terreno rispetto a Horner, ha tentato un primo allungo, a cui Basso ha risposto bene, ma che non ha fatto la differenza su Valverde e JRO, né tantomeno su Pinot o su Roche, il quale - come già prima - sbuffando e recalcitrando è riuscito a riportarsi sotto dopo essersi inizialmente staccato.

Ai 3 km il nuovo rilevamento cronometrico del vantaggio di Horner faceva tremare i polsi: 41"! Basso ha nuovamente tentato di forzare, regalando altro mal di gambe a Roche ma non risultando determinante; e allora ai 2.5 km, quando il gap dal battistrada era salito a 51", Nibali si è rimesso sotto e ha proposto un notevole allungo, con cui ha subito preso margine rispetto agli altri (tirati non da Basso, solidale col connazionale ed ex compagno, né dagli spagnoli che andavano di conserva, ma da un encomiabile Pinot), e con cui si è forse illuso di dare un taglio netto al distacco da Horner.

Purtroppo per il siciliano, lo statunitense non accennava a diminuire la portata della propria azione, e l'inseguimento - per quanto anche bello a vedersi - non è stato così fruttuoso, se è vero che il capitano della RadioShack, dopo aver tagliato il traguardo felice e vincente, ha dovuto attendere 48" per veder arrivare Nibali. Vincenzo ha comunque messo 22" (più abbuono di 6") tra sé e il gruppetto di Valverde, Basso, Rodríguez e Pinot (transitati in quest'ordine a 1'02" da Horner), mentre Roche è giunto settimo a 1'10", seguito a 1'25" da Antón e Pozzovivo, con Majka a chiudere la top ten a 1'52" dal primo.

Solo a 2'22" è arrivato il gruppetto di Dani Moreno (comprendente anche Nieve, Sánchez e un discreto Capecchi), e tutti gli altri son finiti abbastanza più lontani: per citarne alcuni, Konig ha pagato 3'07", Santaromita 3'28", Ten Dam e Henao 3'58", Urán 4'08" (ma fino ai 3 km era con Moreno), Scarponi 5' tondi, Kiserlovski 7'02". In pratica, è finita la Vuelta dei tanti possibili protagonisti, e da mercoledì assisteremo a una lotta ben più limitata dal punto di vista del numero di corridori in essa coinvolti.

E sì, perché la classifica generale, come accennato in apertura, vede Horner primo con 43" su Nibali, 53" su Roche, 1'02" su Valverde, 1'40" su Rodríguez, 2'04" su Moreno, 2'20" su Basso. Con grande (ma grande!) sforzo di fantasia si potrebbe pure ipotizzare che Pinot (ottavo a 3'11"), Majka (nono a 3'16") o Pozzovivo (decimo a 3'28") possano ancora estrarre dal cilindro il numero che ribalti la Vuelta sui Pirenei; ma per gli uomini fuori dalla top ten (Konig a 3'58", Capecchi a 4'09", Santaromita a 4'35", Kangert a 4'42", Urán a 5'12", Ten Dam a 6'05", Sánchez e Arroyo a 6'33", Nerz a 6'36", Nieve a 6'39", Antón a 7'01", Scarponi a 7'04", Henao a 7'08") anche l'idea della scalata al podio è puramente utopica.

L'ha quindi (quasi) vinta Horner, questa Vuelta? Non corriamo. Anche se Chris oggi è stato superlativo, anche se domani potrà riposare come si deve nel primo giorno di stop della corsa, e anche se mercoledì nella crono di Tarazona (con tanto di salita di 11 km sui 39 totali della frazione) potrebbe addirittura limitare i danni al contrario di quanto fece nella prova contro il tempo di San Benedetto del Tronto alla Tirreno 2012 (quando proprio Nibali lo scavalcò all'ultima tappa), l'americano non deve commettere l'errore di sentirsi già arrivato alla meta.

Intanto il vantaggio di cui dispone è discreto ma non certo incolmabile. Ma soprattutto - e questo Horner lo sa bene - Nibali, non potendo puntare tutto sulla crono, e non potendo pensare di concedere all'avversario ciò che gli ha concesso oggi, se vorrà vincere la Vuelta dovrà andare a sfidare il rivale proprio sul terreno su cui quello fin qui ha brillato, e cioè in salita. È proprio lì, senza aspettare l'Angliru ma dandosi da fare già dalle due frazioni pirenaiche di sabato e domenica, che Vincenzo deve stanare Chris, è proprio lì che deve far venire fuori le fragilità dell'americano (ad esempio un possibile gap in termini di recupero, caratteristica che a 42 anni è fatalmente meno evidente che a 28). La carriera di Nibali ci dice che non è certo la volontà di attaccare, quella che manca al ragazzo: se anche stavolta il siciliano sarà fedele a se stesso (e non si vede perché non debba esserlo, assecondato peraltro da un'evidente crescita di condizione), potremmo essere prossimi a giorni di grande spettacolo sulle strade di Spagna.

Marco Grassi

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