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Route de France WE 2013: Villumsen ritorna sette anni dopo - Linda bissa il successo del 2006, Guderzo 3a di tappa

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Il podio finale della Route de France. Da sinistra: Evelyn Stevens, Linda Villumsen ed Emma Johansson © CJ Farquharson

Una Route de France in cui Giorgia Bronzini ha portato a casa sei tappe di fila, fatto più unico che raro nel ciclismo, non soltanto femminile, non poteva che concludersi con la capitana della piacentina, Linda Villumsen, che con un'impresa andava a conquistare per la seconda volta la corsa francese.

La danese di Herning, naturalizzata neozelandese e specializzata nelle cronometro, aveva fino a stamane solo 1" di distacco dalla leader Emma Johansson, il cui unico merito era stato quello di vincere il cronoprologo. Un'atleta che dopo le Olimpiadi londinesi ed i Mondiali di Valkenburg (nelle crono fu rispettivamente 4a e 3a) aveva staccato la spina, correndo solo i Campionati Nazionali in gennaio per poi tornare al Giro Rosa.

La Villumsen già due giorni fa aveva messo alla frusta le compagne per rosicchiare qualcosa alla Johansson, oggi ha scatenato l'inferno quando mancavano 40 km all'arrivo. Se n'è andata sul Col de Dun, solo Evelyn Stevens ha retto per un po' il suo passo, poi anche la statunitense della Specialized-Lululemon ha alzato bandiera bianca, e la portacolori della Wiggle-Honda ha inflitto a tutte quasi sei minuti di distacco.

Villumsen che aveva vinto la Route de France anche nel 2006, era la prima edizione della corsa. Anche allora ci fu una dominatrice assoluta, Diana Ziliute: con cinque vittorie di tappa fu lei la vera protagonista ma la Villumsen che aveva conquistato la maglia di leader in una sola giornata, proprio come oggi.

La quarta frazione era suddivisa in due semitappe, la Gien-Chécy, in cui s'impose Dorte Lohse Rasmussen, con la Villumsen che guadagnò qualche secondo sulle rivali,per poi consolidare il primato grazie alla cronosquadre pomeridiana di Chécy, con la Buitenpoort-Flexpoint a staccare di 30" la seconda classificata, la Safi-Pasta Zara-Manhattan.

Sette anni dopo, Linda Villumsen decide tutto in una sola giornata, l'ultima: i 130.2 km che separano Cusset da Chauffailles rappresentano la tappa più dura di questa Route de France (e questo è probabilmente un grosso limite), l'unica in cui si possa sperare di spodestare Emma Johansson, che veste la maglia arancione dal prologo di Soissons, disputatosi sette giorni fa.

In mezzo le sei vittorie di fila della Bronzini, oggi l'ennesima impresa targata Wiggle-Honda, squadra che veste di nero (in prevalenza) ed arancione. Qualche indizio che facesse supporre quanto queste ragazze avrebbero cercato di portare a casa la corsa era anche sulle loro divise.

Si parte subito con attacchi e contrattacchi, piccoli gruppi provano in vano ad andarsene. La sfida è però tra l'Orica di Emma Johansson e la Wiggle-Honda di Linda Villumsen, con la Specialized-Lululemon di Evelyn Stevens che sta a guardare. A 40 km dal traguardo di Chauffailles si scala il Col de Dun, asperità più importante dell'intera Route de France.

Qui va via la Villumsen e con lei resta solo la Stevens: in testa ci sono la vincitrice della prima e dell'ultima edizione di questa corsa. Il gruppo Johansson è a 50" dalle due battistrada, che a 30 km da Chauffailles resta una sola, Linda Villumsen. La Stevens viene assorbita dal gruppetto contenente Emma Johansson, Lizzie Armitstead, Tatiana Guderzo, Tatiana Antoshina, Noemi Cantele, Alena Amialiusik, Karol-Ann Canuel e Grace Sulzberger.

Il distacco è attorno ai 2'30" ma continua a salire, con l'incessante ritmo della Villumsen in testa a mettere in seria difficoltà le inseguitrici, che non guadagnano, anzi. Tatiana Guderzo prova l'inseguimento da sola ma è presto ripresa dalle altre.

Ormai Emma Johansson capisce che è andata, che non potrà vincere la sua terza corsa a tappe del 2013 (la svedese si era già aggiudicata Emakumeen Bira e Thüringen Rundfahrt). La Villumsen corona il capolavoro dando un distacco di 5'53" al primo gruppetto inseguitore, regolato da Lizzie Armitstead e con Tatiana Gudezo terza.

La Johansson rimane ai piedi del podio seguita da Canuel, Amialiusik, Antoshina, Sulzberger, Stevens e Cantele. A 6'04" il secondo gruppetto viene regolato da Pauline Ferrand-Prévot, che con la prestazione odierna si porta a casa la maglia bianca di miglior giovane.

La classifica generale vede la Villumsen decisamente davanti a tutte, con Emma Johansson staccata di 5'52" ed Evelyn Stevens che rimane a 5'57". Tatiana Guderzo è 4a a sei minuti, seguita da Alena Amialiusik (a 6'06"), Elizabeth Armitstead (a 6'07"), Roxane Knetemann (a 6'09"), Pauline Ferrand-Prévot e Tatiana Antoshina e Tiffany Cromwell (tutte e tre a 6'12"). Noemi Cantele è 11a a 6'17", la Ferrand-Prévot succede nella classifica di miglior giovane a Dalia Muccioli (oggi eletta atleta più combattiva), staccando di 13" Georgia Williams e di 2'16" Alexia Muffat.

Abbastanza povera tecnicamente, questa Route de France è la conferma che il Tour femminile non può essere sostituito dalla rima gara a tappe che si voglia organizzare. Ci sono piaciute le sei vittorie di fila di Giorgia Bronzini, l'impresa odierna di Linda Villumsen, persino la strenua difesa della maglia arancione (fino a stamane) da parte di Emma Johansson, ma una gara di otto tappe (incluso il prologo) non può essere decisa dalla crono inaugurale e dalla frazione finale, nella quale si è sparsa qualche salita più seria.

Un buon equilibrio tra tappe per velociste, per scalatrici e per scattiste veloci non avrebbe certamente fatto male a nessuno, la presenza degli abbuoni sarebbe stata più incisiva per l'esito della corsa, evitando di tenere in freezer la generale per una settimana.

Detto questo, l'Italia torna dalla Route de France con una Bronzini in forma strepitosa, una Guderzo sempre presente, una Cantele che pian piano sta tornando, la Muccioli che si scatena appena trova una salita, una Scandolara che ha mostrato ottime cose fino a quando non è caduta ed una Stricker che a soli 19 anni, correndo la sua prima gara a tappe di livello tra le Élite, ha saputo ben figurare. Il presente ed il futuro per le azzurre è sempre più roseo.

Francesco Sulas

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