Tour de France 2013: Fuga e carattere, Moser fa le prove - Moreno stringe i denti e chiude 3° sull'Alpe
Versione stampabileLa cercava sin dalla Corsica, questa fuga che potesse regalare emozioni, se possibile un bel piazzamento, magari la vittoria di tappa. La cercava, Moreno Moser, ma la gamba non era quella dei giorni migliori, quella con cui aveva vinto la Strade Bianche ad inizio marzo. Passavano i giorni e questa fuga non giungeva, o andava via per poco.
Ecco invece che nel giorno più difficile, quello con la doppia ascesa all'Alpe d'Huez, uno scenario fatto di big che si danno battaglia su quei ventun tornanti epici ed i battistrada probabilmente destinati a restare in avanscoperta per non troppo tempo, ecco che invece arriva, la fuga.
«Quasi per caso», ammette Moreno, che nella riunione mattutina aveva concordato con i vertici Cannondale sul punto sopra esposto, ossia che di possibilità per chi voleva osare oggi ce n'erano ben poche. E invece accade che Moreno, come spesso ha fatto nella sua ancor giovane carriera, si lasci guidare dall'istinto, perché «ad inizio tappa avevo una bella gamba e non ho resistito a buttarmi dentro all'azione».
Una fuga durata 150 km per il talento trentino, che già alla prima ascesa dell'Alpe d'Huez si staccava da Riblon e, più avanti, Van Garderen. Moser non aveva finito la benzina, anzi, aveva operato la scelta più saggia. Salire del proprio passo, recuperare pian piano le posizioni, raggiungere Van Garderen in cima alla salita e transitare per primo al Gpm dell'Alpe d'Huez. Da raccontare ai nipotini.
La breve ma difficile ascesa al Col de Sarenne ci mostrava un Moser in difficoltà rispetto ai più brillanti Riblon e Van Garderen. Quest'ultimo poco dopo lo scollinamento accusava un problema meccanico mentre Moser, le cui capacità di guidare il mezzo sono notevoli, si riportava su Riblon. Restava addirittura da solo in testa allorché il francese faceva un lungo sull'erba in un tornante a sinistra, con il fondo decisamente bagnato.
Non poteva resistere in solitaria fino al traguardo e così lasciava che Riblon e Van Garderen lo raggiungessero. All'inizio della seconda ascesa all'Alpe Moser pagava, mentre i due se ne andavano. Lo raggiungeva persino Voigt, anch'egli in fuga dal mattino, ma Moser non perdeva la bussola. Mentre Van Garderen finiva la benzina e lasciava la testa della corsa a Riblon, il trentino della Cannondale procedeva del suo passo.
Alla fine sarebbe arrivato un 3° posto che su un traguardo leggendario come questo vale come una vittoria per un non ancora 23enne (compirà 23 anni a Natale). Dalla gamba che ad inizio Tour (o «Giro», come dice Moreno) non c'era ad una forma che il trentino sta trovando durante la Grande Boucle. Non è che succeda proprio a tutti, ancora meno se si è così giovani.
Moser ha dimostrato - ma non ne avevamo in realtà troppo bisogno - di avere coraggio, di saper osare, rischiare, perdere per vincere. Sulle salite lunghe qualcosa l'ha pagato ma nemmeno poi troppo. Se è vero, come dice, che la forma sta crescendo, si può legittimamente pensare ad un futuro con una preparazione mirata al Tour (o al Giro, alla Vuelta) e ad un Moser che viaggia a cronometro e tiene botta sulle salite alpine e pirenaiche.
Un Moser che piace, che ha futuro (e chi l'aveva mai messo in dubbio? Semmai oggi ne ha dato ulteriore prova), che nei GT può benissimo dire la sua. Che sicuramente è un talento fuori dal comune.
D'ora in avanti, per quanto riguarda il Tour, Moser riposerà, farà un bel gruppetto nelle ultime due tappe alpine e si godrà la serata sui Campi Elisi. Sapendo che lassù, un giorno, anche lui potrà festeggiare una maglia gialla. Mezzi, carisma e tempo non gli mancano.