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Tour de France 2013: Sagannondale! E domani si sale - Vittoria di Peter su Degenkolb e Bennati prima dei Pirenei

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Peter Sagan ringrazia idealmente i compagni della Cannondale dopo la vittoria di Albi © BettiniphotoPare che nel pomeriggio di oggi ci sia stato un anomalo numero di telefonate ai tecnici della tv e ai centralini della Rai per segnalare un singolare fermo immagine durato diverse ore. No, non era un guasto, era semplicemente la Cannondale in testa al gruppo a tirare per tutto il giorno. Fedeli alla teoria della semplificazione, i verdi guidati da Amadio hanno messo a punto la più lineare delle tattiche: per vincere una corsa, basta stare al comando dall'inizio alla fine.

Ora, questa è chiaramente un'iperbole, perché la squadra italoamericana è andata a guidare la settima tappa del Tour de France solo dopo una novantina di chilometri dalla partenza di Montpellier; ma da lì all'arrivo ce n'erano comunque 115, e De Marchi, Moser e compagni se li sono sciroppati tutti là davanti, a tenere in fila indiana il plotone e a preparare il tappeto rosso per il primo successo di Peter Sagan alla Boucle 2013. La misura di quanto la Cannondale abbia meritato questa vittoria è data dal pensiero di quanto sarebbe stato urticante perdere dopo una frazione così dispendiosa: e non è che l'ipotesi della sconfitta fosse così peregrina, ma tant'è, alla fine Sagan ha fatto il suo, e ha portato a casa la gloria di giornata, rafforzando al contempo in maniera forse decisiva la sua leadership nella classifica a punti.

In avvio di tappa tutto ci si poteva aspettare, meno che un risvolto simile. La fuga del giorno (o meglio: quella che credevamo fosse la fuga del giorno) è partita presto come al solito, con Jens Voigt e Blel Kadri i quali, dopo un primo tentativo al km 3 insieme ad altri corridori (tra cui Gasparotto), son partiti lancia in resta al km 10, e al 30 avevano già 6'45" di vantaggio (quello che è rimasto poi come margine massimo della giornata). Avevamo già messo a taccuino la prima caduta del dì (al km 11 Dani Moreno, Boasson Hagen, Quintana - per la terza volta in tre giorni - e Vande Velde, conseguentemente ritiratosi), dopo aver annotato la mancata partenza di Brajkovic, alle prese coi postumi del ruzzolone di ieri, e ci preparavamo a sonnecchiare per metà pomeriggio, ma qualcosa a un certo punto ha allertato i nostri sensi di ragno.

Al km 91 (a 114 dalla fine), sulla salita della Croix de Mounis, seconda categoria e ascesa più difficile della tappa, la Cannondale si è messa a tirare con sempre maggior decisione. Il risultato, nel giro di 3 km, è stato di aver spazzato via prima Cavendish e poi pure Greipel e Kittel (insieme a tanti altri, da Goss a Voeckler a Kiryienka). In pratica, sono stati fatti fuori i velocisti che avevano conquistato le tre volate fin qui disputate. Situazione favorevolissima a Sagan, ma da lì in avanti che fare, per i restanti 110 km di tappa?

Di sicuro, resistere fino al traguardo volante di Viane (ai -70), utile a Peter per rafforzare la maglia verde. E nel frattempo, incidentalmente, riprendere Kadri e Voigt (fuga annullata già ai -95). Il punto è che i ritardatari si trovavano a dover recuperare chi 2' (Greipel e Kittel), chi 3 abbondanti (Cavendish); e anche se i due drappelli si erano poi ricompattati, col rientro di Cavendish su Greipel ai -90, il margine del gruppo dei migliori era ancora di 2'30" al citato traguardo volante. E allora non aveva più senso rallentare o ripensarci, e la Cannondale s'è messa d'impegno per continuare quell'interminabile cronosquadre fino alla fine: i 6 uomini in verde (tutti meno Vandborg, staccatosi dopo aver lavorato sulla salita, Sagan che si teneva per la volata e Sabatini che risparmiava energie per supportare il capitano nel finale) contro mezza Argos, mezza Lotto e mezza Omega Pharma. Impresa difficile da portare a termine, ma la determinazione dei ragazzi di Amadio oggi era ammirevole.

Subito dopo lo sprint intermedio, c'è stato un ulteriore risvolto nella corsa: Jan Bakelants, già vincitore di tappa ad Ajaccio, nonché maglia gialla dopo quell'affermazione, è scattato in contropiede, presto raggiunto da Gautier (altro plurifuggitivo di questa prima settimana di Tour) e Oroz. I tre hanno proceduto d'amore e d'accordo, riuscendo a guadagnare un minuto abbondante di vantaggio massimo (limite toccato quando mancavano 48 km alla conclusione), e resistendo praticamente fino a fine tappa, come vedremo.

A 42 km dalla fine sventolò la bandiera bianca sul ponte del galeone di Cavendish e amici. Omega Pharma, Lotto e Argos, stufe di tirare a ufo senza recuperare più di tanto ai Cannondale (il distacco era ancora prossimo ai 2'), hanno tirato i remi in barca, anche conscie che, pur nell'ipotesi di rientrare prima o poi sul gruppo principale, non avrebbero più avuto le forze per organizzare un finale decente. A Sagan e compagni non rimaneva allora che riprendere i tre fuggitivi e conquistare la volata conclusiva per completare l'opera. Per il primo dei due obiettivi, è giunta una manina dalla Orica, che da un punto di vista etico non poteva lasciare il lavoro tutto sulle spalle dei Cannondale: Bakelants, infatti, in classifica era a 33" da Impey, e quindi fargli guadagnare un minuto significava lasciargli la maglia gialla virtuale.

Il ricongiungimento non è stato comunque cosa banale, visto che i tre al comando hanno sputato fino all'ultima goccia di energia pur di resistere il più a lungo possibile; e sono stati ripresi solo a 2.8 km dalla conclusione, e sempre con i compagni di Sagan presenti in massa nelle prime posizioni. Solo agli 800 metri i Cannondale hanno un po' ceduto il passo, lasciando che fosse la Argos (che, perso Kittel, aveva pur sempre un Degenkolb a cui dedicarsi) a guidare per un paio di centinaia di metri, dopodiché si è vista davanti la Lampre con Mori e Favilli, prima che Sabatini riprendesse in mano la situazione per lanciare Peter.

Ai 250 metri Degenkolb, con un po' di presunzione, è già partito per lo sprint. La motivazione di Sagan era mostruosa, perché dopo tutto il lavoro fatto dai suoi compagni la sconfitta era un'eventualità da non prendere nemmeno in considerazione («Mi sarei sparato in testa!», ha dichiarato sobriamente dopo la vittoria). Ai 100 metri lo slovacco ha scavalcato senza troppi complimenti il tedesco della Argos, ed è andato a vincere indicando giustamente il nome dello sponsor sulla maglia. Alle sue spalle Degenkolb è riuscito per poco a respingere la rimonta di Daniele Bennati, che si accontenta di un terzo posto che era molto vicino a tramutare in secondo. Quindi, a seguire, l'immancabile Kwiatkowski ha preceduto Boasson Hagen, Gavazzi, Gallopin, Vichot, Mori e Chavanel. Come ad Ajaccio, tre italiani tra i primi 10, anche se la vittoria ancora latita.

La classifica, così com'è oggi, è buona per una fotografia da conservare negli annali, perché domani sarà del tutto diversa. Daryl Impey completa la sua felice due giorni in giallo ancora con 3" su Boasson Hagen e poi, a seguire, 5 su Gerrans e Albasini, 6 su Kwiatkowski e Chavanel. Il seguito della generale lo utilizziamo come gancio per voltare pagina e per discutere di quel che sarà domani, con l'arrivo (FINALMENTE!) delle salite vere, nella prima delle due tappe pirenaiche.

Fingiamo quindi che i primi 6 della classifica non ci siano (anche se siamo curiosi di vedere dove e quando e come salterà Kwiatkowski, grande rivelazione della stagione 2013), e partiamo dal settimo, che risponde al nome di Chris Froome, generalità che indicano il favorito numero uno della Grande Boucle, dopo il secondo posto ottenuto (mordendo il freno) dodici mesi fa alle spalle del compagno (o meglio, capitano) Bradley Wiggins.

Froomy ha lo stesso tempo del luogotenente Porte, in una Sky che però non dà l'impressione di essere la schiacciasassi del 2012 (anche se finora ci sta pure che la batteria di gregari abbia risparmiato un po' di gamba in vista delle grandi montagne). A 6" dai nerazzurri c'è il gruppetto dei Saxo Bank (ricordiamo che la classifica è ovviamente influenzata dalla cronosquadre di martedì, per cui troviamo i corridori a drappelli monocolore): Roche, Kreuziger e Rogers affiancano Alberto Contador, ovvero il secondo dei favoriti per il successo finale. In pratica, quasi come sulla griglia di partenza di un GP di Formula 1, troviamo quasi affiancati i due che si presentano come i più forti della compagnia. E bisogna dire che, negli ultimi giorni, le quotazioni di Contador sono leggermente cresciute in parallelo alla leggera flessione di quelle di Froome (flessione dovuta, per l'appunto, alla visione di una Sky meno impressionante del previsto).

A seguire, a 14" da Froome, ci sono i Garmin: Talansky (che se non avrà passaggi a vuoto potrà risultare uno dei nomi nuovi più interessanti), Hesjedal (che però corre con una costola fratturata), Dan Martin (ancora tutto da misurare nelle tappe più impegnative) e Danielson (ottimo supporto per i capitani). A 17" i Movistar, che sono Valverde (alla ricerca di antichi splendori o quantomeno con la volontà di ripetere il podio dell'ultima Vuelta), Rui Costa (reduce dall'ottimo Tour de Suisse e dai limiti ancora non del tutto noti), Quintana (giovanotto che è atteso a grandi prove in montagna) e Amador (altro brillante giovane dal futuro tutto da scrivere).

A 22" troviamo Niemiec, cocapitano di Cunego alla Lampre; a 23" il roccioso Cadel Evans e il rampante (ma con qualche perplessità destata dalle prestazioni non scintillanti dell'attuale stagione) Tejay Van Garderen; a 25" Joaquim Rodríguez è un altro uomo molto atteso alla prova delle salite, col supporto dello splendido gregario Dani Moreno; a 26" Andy Schleck che resta sempre un'incognita al momento, ma chissà che non possa riservare qualche buona sorpresa; a 30" c'è Poels (molto discontinuo), a 34" Mollema proverà a dar seguito ai buoni miglioramenti esibiti nelle ultime corse prima del Tour; a 39" Thibaut Pinot è la grande speranza francese (e in salita andrà bene, meno in discesa, però), a 53" Fuglsang che è sempre in cerca di un equilibrio ad alti livelli, a 1'01" Gadret proverà a fare pace con la Grande Boucle (da lui mai troppo amata), a 1'10" Rolland dovrà capire se potrà puntare a qualcosa di più della "semplice" classifica dei Gpm.

A 1'16" Cunego è l'italiano per la classifica, per quanto si possa fare affidamento su un corridore che ci ha abituati a grosse delusioni negli ultimi anni ma che ha la tenacia per provare a stare a ridosso dei primi; a 1'17" Navarro (antico gregario di Contador) cercherà di fare un salto di qualità, a 1'21" la coppia Euskaltel Antón-Nieve si giocherà quantomeno i gradi di capitano unico del team. Queste le forze in campo, almeno per quel che riguarda i più forti sulla carta (ma non solo sulla carta).

La tappa di domani prevede 130 km facili dopo la partenza da Castres, ma nel finale si scaleranno il Col de Pailhères (15 km all'8%, molto duro), con vetta a 29 km dal traguardo, e - dopo 20 km di discesa non terribile - la salita di Ax 3 Domaines (località sede d'arrivo), altri 8 km all'8% medio, prima del chilometro finale in piano. Inizierà insomma un altro Tour de France, quello vero, diciamo. La speranza è di assistere ad uno spettacolo degno della lunga attesa maturata in queste prime 7 tappe di Grande Boucle.

Marco Grassi

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