Giro d'Italia 2013: Pioggia ed imboscate, qui non siamo al Tour - Il maltempo è tra i fattori condizionanti
Versione stampabiledal nostro inviato
Quante volte abbiamo dovuto sentire i racconti circa l'esasperazione, il nervosismo, la diversità della prima settimana (e non solo) del Tour de France rispetto a tutte le grandi corse a tappe? Beh, quando la prima settimana di corsa rosa si sta ormai avviando alla conclusione dobbiamo quantomeno riconsiderare queste osservazioni. Innanzitutto gioca un fattore decisamente importante la collocazione: col Giro in maggio spesso si è assistito a forzate cancellazioni o mutilazioni di tapponi alpini poiché qualche passo era reso assolutamente impraticabile causa neve. Scene che alla Grande Boucle, con la sua abituale disputa nel mese di luglio, di rado si sono viste (viene alla mente quanto accadde nel 1996, con l'Iseran e il Galibier cancellati dalle violente bufere di neve) per lasciar spesso spazio a cronache riguardanti la tremenda chaleur pirenaica.
Torniamo però a ciò che può proporre una prima settimana di corsa qui in casa nostra, dove abitualmente le frazioni per ruote veloci si mischiano con buona alternanza a prove contro il tempo (prologo o cronosquadre) e tappe assolutamente insidiose, con salite che se non sono in grado di decidere chi sarà il vincitore finale possono sicuramente sancire chi il Giro non lo vincerà oppure dovrà sudare le proverbiali sette camicie per provare a conquistarlo. Anche se in terra transalpina hanno provato ad adeguarsi ai tempi e a proporre arrivi inediti o spettacolari, magari su strappetti particolarmente pendenti, il canovaccio di determinate frazioni non riesce sicuramente ad eguagliare l'imprevedibilità che possono assumere certe frazioni in scena nel centro o sud Italia.
Tappe in cui il caldo (soprattutto se affrontato in zone meridionali) può sicuramente farsi sentire nei vari corridori ma in cui le condizioni atmosferiche avverse, unite al dover affrontare discese insidiose anche per un asfalto non dei migliori, possono provocare veri e propri scossoni. Basti pensare ad esempio alla diversità, a distanza di un solo anno, tra una tappa come quella di Porto Sant'Elpidio dell'edizione 2012 a quella che quest'oggi giungeva a Pescara. Se è vero che anche in quel caso la fuga da lontano ebbe, in maniera ancora più eloquente, buon gioco, non si può minimamente paragonare un finale come quello odierno, con il repentino mutamento delle condizioni climatiche (sole radioso al mattino che ha lasciato il posto ad una pioggia battente proprio nel momento topico della gara, negli ultimi 25 chilometri). A questo punto ci interroghiamo: basta, per un uomo di classifica, dover considerare solamente lo star davanti senza finire a terra nelle tappe destinate ai velocisti per poi uscire sicuramente indenni in tappe dal finale particolarmente complicato? La risposta è ovviamente no e i tanti casi che fin qui si sono consumati in queste prime sette frazioni ne sono una prova eloquente.
Se a Napoli infatti tutti i big erano usciti indenni dal capitombolo finale, già a Marina di Ascea una caduta in discesa aveva costretto Michele Scarponi a lasciare per strada un minuto nei confronti dei rivali più pericolosi, per poi proseguire con i 17" persi da Bradley Wiggins a Serra San Bruno che tante polemiche hanno suscitato. Quest'oggi però si è avuta una testimonianza autorevole di quanto una tappa già resa pesante per le gambe dei vari concorrenti da una successione di strappi e salitelle che rendeva il finale più simile ad una Liegi che ad una tappa del Giro, potesse trasformarsi in un'autentica trappola per coloro che si trovavano ad affrontare discese rese simil-saponette dalla pioggia che sempre più copiosa aveva iniziato a cadere. Abbiamo così assistito al pauroso scivolone di Sella già alla conclusione della discesa di Chieti (replicato da un'altra scivolata subito dopo il GPM di San Silvestro); alla caduta in rettilineo di Jeannesson a cui solo un prodigio d'equilibrio ha impedito che Kelderman ne fosse, a sua volta, coinvolto.
Nulla in confronto a quel che si è visto nell'ultima discesa di giornata, quella che da San Silvestro conduceva agli ultimi 5 km della tappa: Nibali che, avendo intuito la non eccezionale giornata di Bradley Wiggins, decide di piazzare il suo attacco nell'ultima discesa ma le sue ambizioni sono state bruscamente rallentate da una scivolata in curva in compagnia di Trofimov. Ben più clamoroso quanto si è visto successivamente, con lo stesso Wiggins coinvolto in uno scivolone e bloccato a tal punto da azzerare qualsiasi naturalezza, con gli avversari via via più lontani e l'aiuto di Henao ed Urán (sulla bontà della mossa si discute a parte) trovato solo negli ultimi 3 chilometri, quando ormai i buoi erano scappati.
La tappa odierna è stata forse per il britannico la più pesante lezione che potesse avere da questo punto di vista, l'ulteriore conferma che il Giro è assolutamente diverso dal Tour per conformazione geografica e rischi connessi, dal momento che basta una frazione affrontata non con la dovuta concentrazione o con la condizione nient'affatto straripante per rischiare di pagare un dazio assai imprevisto. L'Abruzzo poi di frazioni incerte e ricche di colpi di scena ne ha sapute regalare nel tempo e quella di oggi forse ci rimanda più di tutte a quella del 20 maggio 2001, quando una frazione (tutta in territorio regionale come quella odierna) partita da Giulianova e conclusasi a Francavilla al Mare più che per le schermaglie finali (l'attacco di Pantani nella salita verso Chieti) fu monopolizzata da una serie impressionante di cadute nel capoluogo teatino, con l'asfalto ridotto ad una saponetta e in decine a finire per terra (peggio di tutti andò a Francesco Casagrande, che si fratturò il polso andando giù ad una rotonda) e col gruppo spezzato in più tronconi all'arrivo sul lungomare (per la cronaca vinse Ellis Rastelli). A ben pensarci però anche la frazione con arrivo a L'Aquila nel 2010 con la megafuga sottovalutata da una parte del gruppo prese quota in una giornata di tregenda, con ripercussioni decisive per la classifica finale della corsa rosa (del resto se in un'azione simile ti entrano 56 corridori non si può pensare che tutti perdano terreno).
Se però la colpevole sottovalutazione di alcune situazioni può avere esiti impensabili, il trovarsi gambe all'aria in momenti particolarmente topici è un qualcosa che non sempre può essere messo in preventivo ma che appunto può costare molto caro. Occorre quindi tenere conto del fatto che anche alcune frazioni apparantemente non significative devono essere prese in seria considerazione ed essere degne di ricognizione per trovarsi il meno impreparati possibile. Perché un Wiggins non alle prese con una passeggiata ce lo si poteva attendere ma vederlo lì, incassare un minuto e mezzo alla vigilia della frazione in cui poteva assestare la prima pesantissima botta alle ambizioni altrui era tutto fuorché previsto. È anche uno di questi il motivo per cui a volte ci battiamo per una maggiore volontà di osare di più, visto che anche una frazione come quella di Porto Sant'Elpidio dell'ultima Tirreno-Adriatico può mettere pesantemente a nudo anche uno squadrone sulla carta inattaccabile come la Sky.