Il Portale del Ciclismo professionistico

.

Amstel Gold Race 2013: Kreuziger up, Stand up! - Capolavoro tecnico-tattico del ceco. Gilbert spreca, Sagan scompare

Versione stampabile

Roman Kreuziger felice a Valkenburg per il successo nell'Amstel Gold Race © Bettiniphoto

Quando si fa l'elenco degli incompiuti del ciclismo contemporaneo, una citazione Roman Kreuziger se la guadagna sempre. Sembrava, all'inizio della sua carriera, che dovesse non diciamo spaccare il mondo, ma quantomeno essere lì per lì, avere il suo posticino quasi fisso sui podi dei grandi giri, essere protagonista delle gare a tappe più importanti, riuscire a farsi vedere anche in qualche classica monumento. Finora al ceco tutto ciò è riuscito solo parzialmente, o proprio per nulla (se dobbiamo giudicare il suo andamento tra Giro, Tour e Vuelta, si evidenzia semmai una regressione più che una crescita nel tempo); ma oggi anche per lui esplode la primavera, in una giornata di sole e temperature miti, dopo il tanto freddo delle corse che hanno preceduto l'Amstel Gold Race.

Kreuziger ha vinto la gara olandese non con un colpo da maestro, ma con una serie di successive stilettate una più efficace e intelligente dell'altra, nel giorno in cui tutti i favoriti della vigilia hanno brillato per sfortuna (JRO), o per debolezza (Sagan) o per ignavia (Valverde) o per riflessi lenti (Gilbert) o per altre vicende personali o contingenti. Il successo del corridore della Saxo-Tinkoff è tanto più prezioso quanto più è difficile, per un atleta del genere (outsider non fortissimo sul passo, né fortissimo in salita, né veloce in volata): significa che veramente Roman ha indovinato ogni mossa, significa che ha dato tutto quello che aveva e che - soprattutto - l'ha fatto con criterio, senza sprecare nulla, ma costruendosi con le proprie mani la vittoria forse più bella della carriera. Onore a lui, un po' di delusione per tutti gli altri, come vedremo.

La fuga del mattino ripropone un gran Vansummeren
Johan Vansummeren, che non vuol essere ricordato solo come quello che una volta vinse una Roubaix (e che altre volte vi si piazzò, riconosciamolo), ha dato il via a una bella fuga di comprimari, muovendosi dopo 19 km con Astarloza, Pliuschin e due ragazzotti belgi che rispondono ai nomi di De Troyer e Van Overberghe. Poco dopo sui cinque si son portati anche Sys e Vogondy, a formare un drappello che è passato da un vantaggio massimo di 11' e che, tirato principalmente dal fiammingo della Garmin, ha resistito al comando praticamente indisturbato fino ai -50.

Indisturbato nel senso che l'accordo tra i sette era tutto sommato buono, e che il gruppo, seppur in rimonta, era comunque ancora a distanza di sicurezza (3'). Insomma, alla ruota del ragazzo dall'incarnato preraffaellita (accreditato dal team manager Vaughters di un ideale titolo mondiale delle cronometro over 200 km...), si nutrivano sogni di gloria. Risparmia una pedalata oggi e una domani, e chissà che sul Gulperberg non si possa piazzare uno scatto letale: questo avrà pensato Mikel Astarloza, che proprio sul muretto ai 46 km dal traguardo è partito da solo, salutando la compagnia, letteralmente frantumata dalla sua azione.

Alle spalle del basco dell'Euskaltel restavano solo Pliuschin e l'indomito Vansummeren, ma a quel punto la corsa del gruppo era nel vivo già da un po'. Dai 90 km al traguardo, per essere precisi, ovvero da una caduta che aveva dato il primo scossone alla gara dei protagonisti.

Dalla caduta di Gilbert e Voeckler al ritiro di Purito
Proprio a 90 km dalla fine una caduta generale ha spezzato il gruppo in due tronconi. Per terra Rui Costa, Stortoni, Ten Dam, Gilbert, Voeckler, Schleck, più indietro Sagan che era alle prese con noie meccaniche, e davanti appena 20-25 uomini, con la Blanco in netta superiorità numerica e altri uomini (Kwiatkowski, Burghardt, Moser...) di contorno; gli olandesi, capeggiati da Boom, non ci hanno pensato due volte e si sono messi pancia a terra a tirare quel plotoncino. L'azione non è durata nemmeno 10 km (dopodiché i Blanco hanno rallentato), ma tanto è bastato per causare qualche problema in più a chi già aveva il gravoso compito di recuperare.

I vari Sagan e Gilbert sono riusciti, con molti altri, a rientrare sui 25 (ai -79 il ricongiungimento era cosa fatta); non lo stesso ha fatto Schleck, che si è ritirato. Peggio ancora è andata a Thomas Voeckler, che nell'occasione si è fratturato una clavicola (come riscontrato dalle radiografie fatte dopo l'immediato ricovero in ospedale). Brutta botta per la Europcar, che aveva in T-Blanc una buona carta soprattutto in vista della Liegi.

Sia come sia, la Cannondale, una volta rientrato Sagan, ha ripreso a tirare come aveva fatto quasi ininterrottamente per i primi 160 km. Fatale che quando hai la vedette in cartellone, tutto il lavoro di ricucitura spetti a te. Fatale per i verdi di Amadio, però anche per gli altri, come poi vedremo.

Ritorniamo sul Gulperberg a -46 km dal traguardo. Subito dopo la vetta, una nuova caduta ha coinvolto altri corridori (Ruijgh, Matthews...). Joaquim Rodríguez, che si trovava in zona (più indietro di quanto avrebbe dovuto), è stato tamponato e si è fatto male (si attendono aggiornamenti sul suo stato in vista della Freccia di mercoledì). Ha perso del tempo, ha provato a risalire in sella per ipotizzare almeno un finto inseguimento, quindi ha abbandonato mestamente la corsa.

Con un favorito in meno (JRO) e un paio di star (Sagan e Gilbert) che avevano già dovuto spendere qualcosa - quantomeno a livello nervoso - l'Amstel ha approcciato i 40 km conclusivi e quindi le fasi decisive.

Cunego scatta da solo, Astarloza resiste in testa
È stato Pieter Weening, sull'Eyserbosweg (a 38 dalla conclusione), a rompere gli indugi e a partire dal gruppo dei migliori, provando tutto solo a ridurre il gap da Astarloza (che in quel momento aveva ancora un paio di minuti di vantaggio) e dai suoi immediati inseguitori.

Sul Keutenberg (-32) Pliuschin ha staccato Vansummeren, ma è stato a sua volta raggiunto e superato dal rimontante Weening. L'olandese della Orica ha insistito per un po' nella sua azione personale, dopodiché il vento laterale (un vero bastone tra le ruote) l'ha ridotto a più miti consigli, inducendolo a rialzarsi, recuperare, e attendere il rientro di un gruppetto di contrattaccanti che nel frattempo (in realtà già sul Keutenberg) si erano avvantaggiati sul gruppo.

Tali contrattaccanti erano la coppia Tanner-Nordhaug della Blanco insieme a Grivko; e a Pliuschin, raccattato strada facendo. I quattro hanno raggiunto Weening ai -28 (Astarloza gestiva ancora 1'30" su di loro), mentre dal gruppo Simon Spilak provava un doppio attacco, senza fortuna. Meglio è andata a Cunego, scattato ai 25 km e rimasto fino al penultimo passaggio sul Cauberg (per 5 km, quindi) a bagnomaria tra i primi e quel che rimaneva del plotone: probabilmente consapevole di non poter lottare per il successo, il veronese ha pensato di fare un tentativo dalla distanza; apprezzabile senz'altro, magari sbagliato nei tempi.

Con la Blanco in condizione di superiorità, ci si sarebbe aspettati una maggiore efficacia nell'azione dei contrattaccanti, e invece il Cauberg (ai -21) ha fiaccato le forze di questo drappello, creando al contempo i presupposti per qualche colpo di mano in gruppo. Puntualmente, una volta ripreso Cunego, ci sono stati degli scatti sulla salita simbolo dell'Amstel Gold Race: mentre Gilbert, Gerrans, Valverde, Gasparotto, Leukemans controllavano saldamente le prime posizioni, Marco Marcato si è fiondato in uno scatto che ha chiamato la risposta, proprio in cima, di Kreuziger e Giampaolo Caruso, rientrati rapidamente sul veneto della Vacansoleil (mentre Igor Antón s'è mosso in ritardo e non è riuscito a raggiungere questi nuovi contrattaccanti).

Al passaggio dal traguardo (-18) Astarloza aveva meno di mezzo minuto su Weening e soci, e poco di più sul terzetto Marcato-Kreuziger-Caruso. Il gruppo, tirato da un infaticabile De Marchi, era a oltre 50", ma nessuna tra le squadre che non schieravano Sagan ha pensato di dare seriamente una mano alla Cannondale per annullare questo tentativo che - seppur ancora tutto da decifrare - non poteva essere sottovalutato più di tanto, vista la qualità dei corridori usciti in caccia.

Kreuziger si prende la scena
Ai 17 km si è compiuto l'aggancio di Weening, Grivko, Tanner, Nordhaug, Pliuschin da parte di Marcato, Caruso e Kreuziger. Proprio quest'ultimo si è incaricato di svolgere la massima parte del lavoro nel gruppetto, visto che il lavoro non era ancora completato, essendoci ancora Astarloza da raggiungere. Lo spagnolo non ha resistito troppo oltre, e sul Geulhemmerberg (sempre ai -17) è stato ripreso, mettendosi in coda e sperando che la nottata passasse in fretta.

In gruppo, nell'occasione, gli unici a rompere l'immobilismo sono stati Leukemans e Fuglsang, partiti sul muro testè citato e raggiunti poco dopo anche da Peter Velits, Jelle Vanendert e Gerrans, e portatisi su Pliuschin e Tanner, i quali si erano staccati dal drappello di testa. Ma ancora De Marchi ha compiuto l'impresa di chiudere su Leukemans e soci, prima di alzare bandiera bianca sul Bemelerberg, ai 9 km, ormai esausto.

Su questo penultimo muro di giornata, grandi novità al comando della corsa: Nordhaug, celebre per essere caduto con Cunego al traguardo di questa corsa un anno fa, è scattato, e il suo allungo ha fatto male a Grivko (staccato ma poi a fatica rientrato) e malissimo a Marcato e Astarloza (respinti irrimediabilmente e poi riassorbiti dagli inseguitori). Indipendentemente dalla fortuna o meno dell'azione di Nordhaug (peraltro presto spentasi), rimanevano quei 20-25" che il gruppo di Sagan e Gilbert non riusciva proprio a recuperare sui battistrada.

Hesjedal, forse stufo del troppo traccheggio, è partito in progressione agli 8 km, sul piano. Ancor meglio ha fatto Kreuziger, che ai 7 km ha salutato la compagnia di Caruso, Weening, Grivko e Nordhaug (gli ultimi a resistere al suo fianco) e si è involato tutto solo, ben intenzionato a portare a termine la missione impossibile che si era autoassegnato: far saltare il banco di una delle classiche più importanti del calendario.

Ai 4 km Hesjedal si è portato su Caruso, Weening e Nordhaug (Grivko ormai boccheggiava), quindi anche Hermans, per un attimo, prima del Cauberg, ha tentato la sortita personale dal gruppo. Ma a quel punto, col margine che era salito a mezzo minuto in favore di Kreuziger su Sagan e Gilbert, era chiaro che si demandava, da parte dei favoriti della vigilia, tutto alla salita che caratterizza ciclisticamente Valkenburg. Forse un po' troppo tardi, forse un po' troppo azzardato, no, bando alle mezze misure: troppo tardi, troppo azzardato. Sperare di limare 30" a un corridore come Kreuziger su una salitella di poche centinaia di metri e nei 2 km successivi è come sperare di fare cinquina al lotto giocando solo 4 numeri.

Gilbert tardivo, Sagan svanito, Kreuziger perfetto
Ad ogni buon conto, sul Cauberg, sin dall'inizio della salita, Philippe Gilbert ha dato fondo a tutte le energie per provare a far tornare i buoi nella stalla. Kreuziger resisteva in testa a buon ritmo, tra i primi inseguitori il più appariscente era Caruso, che ha staccato gli altri provando a proseguire da solo fino (almeno) al secondo posto; ma il siciliano della Katusha, a metà salita, ha perso l'aggancio di un pedale (e di conseguenza il ritmo), nel momento in cui comunque da dietro arrivava come un treno Gilbert, scattato a poco più di 2 km dal traguardo.

Alle spalle del belga, Gerrans e Kwiatkowski, e poi Gerrans e Valverde (col polacco rimasto comunque non lontano): l'iridato, dopo essere stato per un bel pezzo in scia ad una moto della tv (vecchi vizietti sempre di moda nel ciclismo belga-olandese), ma dopo aver comunque fatto un bel numero sulla salita (consolazione di una magrezza desolante) è stato raggiunto dopo lo scollinamento dall'australiano e dallo spagnolo; quest'ultimo si è peraltro ben guardato dal collaborare coi rivali. Forse gli andava bene sprintare in un gruppetto più numeroso, chissà, fatto sta che è stato accontentato, visto che dopo la discesa ci sono stati parecchi rientri sul terzetto.

L'uomo solo al comando, il ceco della Saxo, il corridore respinto ormai irrimediabilmente (o no?) dai grandi giri, quel Roman Kreuziger votato - sulla carta - a fungere da gregario numero uno di Contador nella Saxo-Tinkoff, o a fare da battitore libero quando ne avesse l'occasione, ha interpretato in maniera sublime proprio questo ruolo. Ha detto tra sé e sé: sto bene, ma me la gioco con Sagan e Gilbert in uno sprint ristretto? Riesco a prendere il largo scattando sull'ultimo Cauberg? Dispongo della sparata che mi lancerebbe all'ultimo chilometro? No, no e no.

E allora, perfettamente conscio delle proprie caratteristiche e delle possibilità che gli erano concesse, Kreuziger ha interpretato la gara in maniera perfetta. Attaccando dalla media distanza, portando via un buon gruppetto, dando il colpo di grazia all'interno dei 10 km, resistendo nel finale. Se l'avesse messo su carta alla vigilia, questo progetto, difficilmente avrebbe immaginato di poterlo attuare in maniera così precisa e puntuale.

Kreuziger ha tenuto al meglio in quel finale, ma già in vetta al Cauberg aveva capito che doveva succedere un cataclisma perché venisse ripreso. Ha tenuto e ha vinto, meritando in pieno un'affermazione che dà lustro ad un palmarès in cui fino a ieri brillava un Giro di Svizzera e poco altro (la tappa dell'Alpe di Pampeago al Giro d'Italia 2012 era l'ultimo successo, ma un successo che sapeva di magra consolazione, all'indomani della crisi che l'aveva buttato fuori dalla buona classifica della corsa rosa); ma in cui da qui in poi potrebbe trovare spazio altra robetta niente male, visto che a Roman, teoricamente parlando, nulla manca per riciclarsi da solido e pungente corridore da classiche vallonate (non è che in passato sfigurasse su questi percorsi), in ottimo e vincente. Da Valkenburg a Liegi il passo è breve, molto più in linea ideale che geografica. Se, smarrite (forse, non è detto) le velleità di puntare ai GT, Kreuziger trovasse una vena da "liegista", avremmo trovato un nuovo protagonista per queste corse.

A 22" dal vincitore, il primo gruppetto inseguitore ha visto Valverde consolarsi con la volata per il secondo posto davanti a Gerrans, Kwiatkowski (bravissimo il polacchino), Gilbert, Henao, Leukemans e Weening. Gasparotto, nono, è risultato il primo degli italiani, e ha tutto sommato onorato la vittoria dell'anno scorso, dando continuità alle proprie prestazioni in questa corsa. Mollema, davanti a Caruso 11esimo, ha chiuso la top ten.

In tutto ciò, il lettore più attento se ne sarà avveduto, non abbiamo più citato colui che era lo spauracchio della vigilia. Già, Peter Sagan, che fine ha fatto il crack slovacco? Gli è successo quello che capita a volte ai ragazzi, quelli che non hanno ancora accumulato anni di fondo; o quello che capita a chi ha speso molto in maniera poco organica (ad esempio per chiudere dopo un buco - vedi vicenda dei frazionamenti ai -90); o ancora, quello che capita a chi consuma tante energie mentali per tener testa a una situazione delicata e incandescente. I crampi, questi conosciuti: un problema che magari in una corsa di 180 km puoi in qualche modo prevenire, mascherare, evitare; ma che in una di 250 finisce col presentarti il conto.

Lo scavezzacollo della Cannondale si è impiantato sull'ultimo Cauberg, letteralmente stroncato dall'affondo di Gilbert, e ha chiuso appena in 36esima posizione, dopo aver penato non poco per coprire quei due chilometri finali. Nessuno si scandalizza per la mancata vittoria di Peter, che quest'anno mette insieme tante sconfitte pesanti (Sanremo, Harelbeke, Fiandre, Amstel) per quante sono le vittorie importanti (Camaiore, Gand, Brabante, tappe alla Tirreno); nessuno si scandalizza, anche perché questa è tutta esperienza che tornerà buona in futuro. Certo, chi pensava che Sagan sarebbe uscito dal 2013 con almeno una vittoria in una Monumento, ha ricavato una certa disillusione, e - lasciate alle spalle Sanremo e Fiandre, elusa la Roubaix - non è ipotizzabile al momento che il ragazzo decida di partecipare alla Liegi domenica prossima (per la Freccia deciderà invece nelle prossime ore).

Dicevamo delle energie mentali spese dai Cannondale quest'oggi: se gestire quasi del tutto in proprio una corsa di 250 km vi sembra poco... Le concediamo sì, delle attenuanti ai verdi (compreso un opaco Moser), perché c'erano altre forze in campo che avrebbero avuto l'obbligo di intervenire, a un certo punto. La BMC aveva sia lo stoccatore (Gilbert) che gli uomini a supporto (soprattutto Burghardt); idem la Movistar di Valverde. Ma né l'una né l'altra hanno seriamente aiutato la Cannondale (se non in maniera episodica per quanto riguarda i rossoneri, visti di tanto in tanto in testa al gruppo). La Orica di Gerrans se l'era giocata diversamente (con Weening all'attacco), e non sembra possa essere destinataria di grosse reprimende.

Ancor più forti sono sembrate la Astana e la Blanco, visto il numero di uomini portati in posizioni privilegiate nelle fasi calde della corsa. Ma a entrambe mancava un finalizzatore sicuro di far risultato, fatto che le ha di certo frenate. In tutto ciò, è comunque un bene, senz'altro, che per una volta, in una corsa così importante, sia stato premiato il coraggio versus l'attendismo più esasperato, ovvero quella caratteristica che - a livello di pura fruizione del giocattolo ciclismo, qui lasciamo da parte questioni politiche e doping - ha affossato il livello di spettacolarità delle gare a cui assistiamo solitamente.

Il nuovo percorso, col Cauberg "spostato all'indietro", ha favorito senza dubbio gli sviluppi che hanno portato al successo di un outsider (di valore) e che hanno punito severamente quelli convinti di poter risolvere la questione negli ultimissimi chilometri. Speriamo che la lezione odierna serva a molti dei protagonisti attesi domenica prossima alla Doyenne per capire che si può fare la corsa anche da lontano, che si può attaccare già sulla Redoute (tantopiù che non ci sarà la Roche-aux-Faucons), che nulla è scontato nel nostro ciclismo: Sagan doveva vincere oggi con una gamba sola, ed è appassito di colpo; così come Cancellara domenica scorsa ha dovuto sudare sette casacche per aver ragione di Vanmarcke e di una gara che gli veniva ascritta quasi di default. Osiamo: giornate come quella di oggi fanno bene al ciclismo. A patto che se ne faccia tesoro.

Marco Grassi

RSS Facebook Twitter Youtube

30/Jul/2017 - 20:30
ESCLUSIVO: le immagini del folle che ha tagliato la strada al gruppo facendo cadere decine di corridori al Giro d'Italia

24/May/2016 - 21:06
All'An Post Rás giornata di gloria per James Gullen nella tappa "di montagna": Fankhauser diventa leader

24/May/2016 - 17:07
Giro, nel giorno della nuova delusione di Vincenzo Nibali vince Alejandro Valverde davanti a Kruijswijk e Zakarin

23/May/2016 - 22:12
An Post Rás, nella seconda tappa vince il padrone di casa Eoin Morton

23/May/2016 - 16:00
Giornata di rinnovi: André Greipel e Marcel Sieberg alla Lotto Soudal fino al 2018, Geraint Thomas prolunga con la Sky

23/May/2016 - 13:11
Benjamin Prades vince l'ultima tappa del Tour de Flores ma non basta, la generale va a Daniel Whitehouse

23/May/2016 - 12:39
Brutte notizie per il ciclismo elvetico: l'IAM Cycling comunica che cesserà l'attività a fine stagione

23/May/2016 - 11:22
Conclusi i Campionati Panamericani: l'ultimo oro è dell'ecuadoriano Jonathan Caicedo

22/May/2016 - 23:59
Il Tour of California si conclude con una imperiosa volata di Mark Cavendish. Classifica finale a Julian Alaphilippe

22/May/2016 - 23:39
Il Tour of Bihor si chiude nel segno dell'Androni Giocattoli-Sidermec: tappa a Marco Benfatto, generale a Egan Bernal

22/May/2016 - 23:20
Women's Tour of California: gioie finali per Kirsten Wild e Megan Guarnier. Le altre corse: ok Bertizzolo e Lepistö

22/May/2016 - 22:44
Velothon Wales, Thomas Stewart supera Rasmus Guldhammer e Ian Bibby

22/May/2016 - 22:24
Dilettanti, ulteriori vittorie per Nicola Bagioli e Riccardo Minali alla Due Giorni Marchigiana

22/May/2016 - 22:22
Scatta l'An Post Ras: la prima tappa va all'olandese Taco Van der Hoorn grazie ad un colpo di mano