L'intervista: Colpi di fino e di Finetto - Mauro torna in gruppo dopo un anno in Mtb
Versione stampabileUn biennale per ripartire, forse qualche passo indietro rispetto al punto in cui aveva lasciato il discorso in sospeso, ma comunque ripartire. Con la voglia e la determinazione di un ragazzo che al primo anno da pro' arrivò 6° al Giro di Lombardia e che dodici mesi fa aveva probabilmente perso il divertimento di gareggiare in bicicletta, ma non di allenarsi: «La bici non l'ho mai lasciata, anzi, forse sono più tirato ora di altri inizi di stagione».
Mauro Finetto, classe '85 di Tregnano, provincia di Verona, disoccupato per un anno.
«Più che disoccupato diciamo non professionista. Perché un'occupazione l'ho trovata, ho corso in mountain bike, seppur da perfetto amatore».
Immaginiamo non sia stato facile.
«In verità neanche troppo difficile. Arrivavo da un'esperienza che mi aveva saturato dal punto di vista mentale, perciò l'anno a casa è stato uno dei migliori anni della mia vita, forse secondo soltanto al 2008, quello del mio primo anno da pro'. Mi sono goduto la nascita di un nipote, ho aiutato mia mamma. Sono tornato bimbo, anzi, Allievo».
Un anno passato sulle ruote grasse.
«Mio fratello Davide corre in mountain bike e mio fratello Alessio ha un negozio che si chiama KM Sport ed ha una squadra nel settore degli amatori, più una per il fuoristrada. Così ogni tanto ho gareggiato con loro, ma senza impegni e solo quando avevo voglia. Ho fatto delle gite con la mia ragazza quando c'erano delle gare che mi piacevano e mi sono divertito molto. Mi hanno cercato anche alcune aziende del settore fuoristrada, ma non mi sono voluto legare in nessun modo, volevo essere libero di gestire il mio tempo, anche per rientrare tra i pro' al volo, nel caso».
Così arriviamo alla fine del 2012 e al contatto con Scinto. Tutto merito di Rossato o c'è dell'altro?
«Già lo scorso anno parlai più volte con Scinto e ci sono state delle trattative anche avviate, ma poi alcuni sponsor gli sono saltati e non gli è stato più possibile ingaggiarmi. Quest'anno, prima di risentirci come promesso, Luca ha ricevuto una telefonata da Mirko Rossato e da lì è rinato tutto. Mirko è il mio angelo custode, sin da ragazzo. Il passaggio nella sua squadra al 3° anno da dilettante mi ha permesso di fare il salto di qualità e di passare con Reverberi».
A proposito di Reverberi, col senno di poi c'è qualche rimpianto per com'è maturato il divorzio?
«Sicuramente cambierei il modo, ma non la sostanza. Ho seguito indicazioni sbagliate e non sono stato chiaro con Bruno e Roberto, però il mio desiderio era quello di cambiare. Volevo correre il Giro d'Italia e nel 2009 non ci invitarono. Andavo forte e volevo più visibilità».
A proposito di visibilità, dunque, col senno di poi c'è qualche rimpianto per aver scelto la Liquigas?
«Nell'estate del 2009 dovevo fare un provino con la Quick Step, ma pochi giorni prima mi infortunai e così andai lo stesso in Belgio, ma soltanto per parlare. A fine anno, quando avevo deciso di cambiare, avevo le opportunità Katusha, Liquigas e - appunto - Quick Step. Ho semplicemente scelto di rimanere in Italia, forse anche per una questione di lingua».
Nel passaggio da un team Professional a un team World Tour hai avvertito dei cambiamenti a livello di competitività nelle corse?
«Posso dire che sulle Ardenne c'è un'altra marcia. Sarà il clima, sarà il nervosismo che si respira in partenza, saranno le strada, sarà la storia che si porta dietro una corsa come la Liegi, ma in quelle corse lì si sente davvero più fatica. Per rispondere alla domanda, direi che il livello è magari più alto perché hai più varietà d'avversari, ma si può comunque far bene. D'altronde resto convinto che se avessi ascoltato maggiormente le mie sensazioni, nel 2010 avrei vinto una tappa alla Vuelta (quella di Vilanova i la Geltru, finì 4° dopo una fuga, ndr)».
Cancelliamo il passato e ricominciamo. Cosa proverai quando riattaccherai il numero sulla schiena?
«Sicuramente vorrò togliermi tutti quei sassolini che pungono nelle scarpe».
E a livello puramente personale, emozionale?
«Io voglio tornare a correre partendo pensando di poter vincere. Sicuramente non accadrà sempre, perché nei vari ritiri con la Vini Fantini ho capito com'è Luca Scinto e si capisce che ambiente c'è. Ci alterneremo come capitani, a seconda di chi starà meglio e di chi sarà più adatto per il tipo di gara, ma sapere di avere di nuovo la considerazione del mio tecnico è già una grande molla. Voglio ripagare questa fiducia».
Dovessi scegliere un obiettivo?
«Voglio far bene in Belgio e spero in un invito al team per il Giro delle Fiandre».
E quel sogno di correre il Giro d'Italia?
«Intanto inizio dall'Argentina e dal Tour de San Luis, poi dopo il Belgio cambieremo obiettivo...».