Tour de France 2012: Lo strano fair play che attua la Sky - Chiodi sull'asfalto? Wiggins neutralizza la corsa
Spesso nel ciclismo si parla di una bici appesa al chiodo, di doppie punte in una squadra, esperimento quest'ultimo poche volte foriero di successi ma che comunque ha il suo perché, visto che dà ad un direttore sportivo la possibilità di scegliere chi utilizzare, come e dove farlo. Molto meno si fa cenno, quando si parla di corse, alle puntine sparse sull'asfalto, figuriamoci poi ai chiodi.
La tappa di oggi è stata caratterizzata da un paio di situazioni degne di nota: la fuga che ha premiato Luis León Sánchez e queste puntine, o chiodi, o chiodini da materasso, o puntine da disegno sparse sull'asfalto. Insomma, un agente esterno che ha creato non poco scompiglio (e per il povero Kiserlovski, caduto in discesa dopo una foratura, una clavicola malridotta, probabilmente fratturata).
Naturalmente il gesto sconsiderato, vile ed ignorante di chi ha disseminato l'asfalto di chiodi è totalmente da condannare, auspicando che ASO, oltre a far di tutto per impedire che situazioni simili in futuro si ripetano, trovi insieme alla Gendarmerie i responsabili di quanto accaduto. Questa situazione straordinaria ha però generato, oltre ad una serie pressoché infinita di forature, come detto, una mutazione tattica della corsa. Non fossero già stati troppo tranquilli sul Mur de Péguère ed in precedenza, i big hanno visto dopo lo scollinamento una neutralizzazione della corsa.
Neutralizzazione chiesta ed ottenuta da ASO? Macché! È stata un'iniziativa degli uomini Sky a fermare tutti. Lo spiega bene la stessa maglia gialla, Bradley Wiggins: «Nessuno vuole guadagnare per le sfortune altrui e penso che dobbiamo decidere il Tour sulle salite, gareggiando, e non grazie a degli incidenti. Non so bene cosa sia successo, chi era alla tv forse lo sa meglio di me. Ho sentito delle voci che parlano di chiodi sulla strada; è abbastanza triste che una cosa del genere abbia ripercussioni sulla corsa. Fermarsi sembrava la cosa più onorevole da fare. La fuga era andata, la salita era finita, non c'era più niente da giocarsi».
Insomma, per il basettone in giallo una volta superato l'ultimo Gpm di giornata non c'era più nulla da giocarsi, ma chissà come la pensa Vincenzo Nibali, che anche nelle picchiate fa la differenza. La situazione particolare, con chiodi sul percorso, è ancora poco chiara ad ora. Si è saputo che c'erano dei chiodi ma perché le forature erano talmente tante e particolari che i ds non hanno potuto evitare di dare un'occhiatina all'asfalto, trovare la stranezza e riferire tutto alla tv francese (come ha fatto Stéphane Augé della Cofidis).
Il rallentamento degli Sky avviene però nelle prime fasi della discesa, una volta saputo che Evans era ancora in cima al Mur de Péguère con una ruota in mano, una in meno e nessun compagno (l'operazione costa 2' al vincitore del Tour 2011). In quei due minuti gli Sky avrebbero: accertato le decine di forature che stavano avvenendo, controllato l'asfalto, rinvenuto qualcosa di strano sul manto stradale (già qui siamo al teatro dell'assurdo), preso insieme ai capitani delle altre squadre la decisione di fermarsi. Troppo pericolosi, quei chiodi, troppo disonorevole far fuori dalla classifica Evans (avrebbe perso come minimo 2') con questi mezzucci.
Ebbene, questa volta gli applausi agli Sky, le twittate-leccate a Sir Wiggins per il fair play, proprio non ci sono piaciute. Non dev'essere piaciuto nemmeno a Pierre Rolland, quest'atteggiamento, questa neutralizzazione abbastanza forzata, tant'è che il francese dell'Europcar ha attaccato. Perché è un buon discesista? Perché è in lotta per la maglia gialla. Nossignore, non essendo vere le due condizioni. Probabile che Rolland abbia voluto dare un segnale, disobbedire ad una regola non scritta che impone, in condizioni eccezionali, di aspettare chi è rimasto indietro. Di più: ha fatto bene (salvo poi scusarsi a fine tappa, dicendo che non conosceva la situazione). Ha corso come tutti avrebbero dovuto correre, con il coltello tra i denti.
Qui non si tratta, per citare Wiggins, di «guadagnare per le sfortune altrui» ma di correre un Tour de France, impiegando il minor tempo possibile. Del resto chi ha aspettato Rolland (ma non solo lui) quando nella prima settimana di gara rimase coinvolto in quella miride di cadute, perdendo un paio di minuti? A noi risulta nessuno, giustamente. Ecco, l'azione di Wiggins pare volta, più che a non «guadagnare per le sfortune altrui», ad evitare di perdere terreno, sfruttando appunto un episodio sfortunato.
Insomma, seppure a quasi 30 km da Foix e con molta pianura davanti, un Nibali o un Van den Broeck avrebbero potuto attaccare ed andare a nozze su una discesa dall'asfalto ruvido e bagnato. Questo finto fair play invece non solo salva Evans, che nelle prossime tappe potrebbe sentirsi addirittura in debito (ma perché poi?) verso gli Sky, ma evita alla scuderia britannica fastidi nel finale di tappa. Questo non è fair play, è annullare anzitempo la corsa approfittando «delle sfortune altrui».
Non è molta, in fondo, la differenza tra la foratura di Evans sul Mur de Péguère ed il salto di catena di Andy Schleck sul Port de Balès, fatto che nel 2010 lancia Contador alla conquista del Tour, infischiandosene di aspettare un avversario in quel momento forse in quel momento un pelo più in forma di lui. Ricordiamo ancora la Waterloo-Wasquehal, Tour 2004, in cui un Iban Mayo reduce dalla vittoria del Delfinato e pericoloso per Lance Armstrong cadde in un tratto di pavé (insieme a Zubeldia, Moreau, Botero, Menchov, per restare tra i migliori), perdendo 3'48". Ricordate neutralizzazione in quella tappa o forse T-Mobile, US Postal e Phonak a tirare per Ullrich, Armstrong ed Hamilton? A noi sovviene la seconda e fu giusto così, perché una caduta fa parte di una gara, così come un incidente meccanico, uno scivolone.
Mancebo restò dalla parte di Mayo, sibilando che «se cade qualcuno lo si aspetta, se cade qualcun altro no...», dove il qualcun altro è Mayo, il qualcuno è Armstrong. Lo stesso Armstrong che un anno prima stava salendo verso Luz Ardiden e fu travolto e gettato a terra da uno spettatore, insieme allo stesso Mayo. Fu allora Tyler Hamilton a fermare tutti, compreso un Ullrich che avrebbe forse battuto l'americano (che invece, rialzatosi, attaccò ed inflisse poi 40" a coloro che avevano atteso).
Eppure nel '99, quando il Tour affrontò lo scivoloso Passage de Gois, fu anche Alex Zülle a cadere. Situazione più eccezionale di una strada resa scivolosa dalle acque marine non si trova! Non la pensarono così i capitani, a partire da Armstrong, che mise la sua US Postal a tirare, ventre a terra e ciao ciao Alex. La corsa è corsa, lo si è visto ancora di recente. Parigi-Nizza 2012, Levi Leipheimer è ancora in lotta per il successo finale ma alla penultima tappa cade nella discesa del Col de Vence. Lì non solo non si aspetta l'americano (cadde tre volte) ma addirittura la Movistar di Valverde si mise a tirare, mandando in confusione lo stesso Leipheimer, che saluterà il podio. Finita qui? Per nulla, visto che alla prima occasione utile è l'Omega Pharma QuickStep a rendere pan per focaccia a Valverde. Seconda tappa della Vuelta a Catalunya, il murciano cade ad un rifornimento e gli uomini di Leipheimer tirano il collo al gruppo, mettendo nei guai Valverde.
Insomma, gli esempi potrebbero essere infiniti, pro e contro il cosiddetto fair play della Sky, ma quel che ci sembra è che i britannici, già fortissimi da par loro, oggi abbiano voluto evitare ogni rischio di attacco neutralizzando una corsa che non aveva bisogno di essere rallentata, calmata. Controllata, in una parola. Ecco, questo non è fair play, questa carità pelosa fatta a Evans, alla BMC, mostrata a tutto il Mondo, è un esempio mascherato nemmeno troppo bene di come guadagnare, non venendo attaccati, utilizzando le sfortune altrui.
Allora bisogna decidere: o si corre sempre, senza aspettare questo o quel caduto (salvo episodi gravi, chiaro) o ad ogni caduta, di big o meno, entra una safety bike, una neutralizzazione, che impone al gruppo di alzarsi. Vietatissimi, nel secondo caso, anche i ventagli, le trenate quando l'avversario fora o gli scatti vincenti effettuati quando il diretto rivale sta mangiando un panino, come ha fatto oggi Luis León Sánchez con Peter Sagan. Ecco perché stiamo dalla parte di Pierre Rolland - e forse andremo contro corrente - scriteriato fin che si vuole nel suo attacco (e per il quale verrà odiato, ne siamo certi), ma con un messaggio ben preciso: io non ci corro in questo gruppo anestetizzato.