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L'intervista: «La maglia bianca un punto di partenza» - Elisa Longo Borghini, il Giro ed il futuro

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Elisa Longo Borghini conquista la maglia bianca di miglior giovane del Giro Donne 2012 © Andrea OttolinaTimida ed estroversa, riservata ed aperta al mondo, determinata e così modesta, spesso terribilmente umile. Elisa Longo Borghini è così, prendere o lasciare. In lei c'è il bianco ed il nero, la battuta scherzosa ed il momento serio. Eppure dopo il Giro d'Italia c'è davvero molto più bianco che nero in casa Longo Borghini: una maglia conquistata dopo tre tappe e portata sino alla fine, lottando con le migliori (ma lei non l'ammetterà mai), restando con le più forti, correndo da leader, o da battitore libero, che dir si voglia, era lì davanti. Alla fine arriva anche un 9° posto nella generale per colei che insieme a Rossella Ratto rappresenta il futuro dell'Italia, o almeno una grandissima e molto concreta speranza, nelle gare a tappe. Rielaborato il fatto di essere stata la miglior giovane della corsa rosa, Elisa ci racconta il suo Giro. E non solo quello.

Domanda semplice semplice: come si vince una maglia bianca al Giro?
«All'inizio volevo semplicemente testarmi, tutto qui. Emma Johansson avrebbe preparato le Olimpiadi e quindi non era intenzionata a fare classifica. Tutte noi perciò avremmo avuto carta bianca ed io ho provato a stare con le prime».

Hai conquistato quasi subito la bianca, a Castiglione dei Pepoli, e non l'hai più mollata.
«È vero, ma anche perché la mia diretta avversaria, Alena Amialiusik, è incappata in una caduta a Montecatini ed ha perso molto tempo».

Già a Castiglione dei Pepoli però l'avevi staccata e non di poco.
«Di due minuti e mezzo, sì. È stata una brava avversaria ma è uscita troppo presto dalla lotta per la maglia. Nonostante ciò io non ero sicura di portare a casa questo primato. Soltanto quando ho tagliato il traguardo di Bergamo ne sono stata certa».

Insomma, parti per testarti e torni come miglior giovane.
«Sì, essendo libera da troppi compiti di gregariato nei confronti di Emma volevo provare davvero a capire dove sarei potuta arrivare. A Castiglione dei Pepoli ho avuto la consapevolezza di poter stare con le prime. Magari non con le prime tre della classifica ma con le immediate inseguitrici. Il giorno dopo, a Montecatini, mi son sentita ancora meglio. E una volta che ho conquistato la maglia bianca mi sono detta: 'Beh, siamo in ballo. Balliamo'. E così l'ho difesa fino alla fine».

Cosa rappresenta per te la maglia bianca?
«Un punto di partenza... Un punto di partenza per lavorare e migliorare ancora negli anni a venire, anche se so che non sarà facile. E mi dà tanta voglia di fare, ecco».

Chi ti segue assiduamente nota che quest'anno sei davvero più forte dell'anno scorso.
«È vero, mi sento cresciuta e non di poco. Nel 2011 ho corso più che altro per imparare e devo ringraziare la Top Girls di Lucio Rigato che mi ha permesso di prender parte alle gare del calendario internazionale. Quest'anno con l'Hitec ho acquisito una visione tattica migliore, ad esempio, e dovendo aiutare Emma Johansson, portarla davanti nelle fasi cruciali della gara, sono obbligata a stare in prima fila su quasi ogni terreno. A volte sembra che mi riesca in modo facile ma di certo in gara non si è mai tranquilli».

Miglioramenti anche a cronometro. Hai fatto seconda agli italiani, ad esempio.
«Già, mentre l'anno scorso gli italiani a crono non li avevo nemmeno disputati. Invece anche l'Hitec, che sulle crono lavora molto, mi ha spinto a testarmi, come del resto ha fatto con ogni singola ragazza. Con il mio preparatore Paolo Slongo, che mi segue sempre ed in modo davvero ineccepibile, abbiamo discusso molto del fattore cronometro».

E cosa avete concluso?
«Che valeva la pena applicarsi di più in questa disciplina che come ho sempre detto non mi piace e forse non mi piacerà mai. Però può risultare davvero utile e nelle corse a tappe è talvolta determinante. Quindi nei giorni in cui dovevo fare il medio uscivo con la bici da cronometro ed anche a Livigno, nel ritiro con la Nazionale, me la son portata, svolgendo i miei lavori».

Appena conclusa una corsa a tappe di nove giorni quali sono le tue sensazioni?
«Rispetto all'anno scorso sono molto migliori. Logico, nei giorni immediatamente successivi alla corsa non ho fatto asssolutamente nulla ma già ora sento di esserne uscita meglio e di essermi stancata dopo. Ovviamente ciò va rapportato anche ad un Giro meno complicato rispetto a quello del 2011».

Senza cime mitiche ma non certo facilissimo.
«Sì, mancavano le vette dai nomi altisonanti ma le salite le abbiamo trovate ed il ritmo, sin dalla partenza, è stato elevato in ogni tappa. Insomma, era un Giro light ma non semplice, eppure ne esco meglio. Mi sono stancata dopo. Prendiamo un'altra corsa come paragone, l'Emakumeen Bira 2011: dopo due o tre tappe ero veramente affaticata, quest'anno non ho corso nei Paesi Baschi ma al Giro mi sono gestita bene e la stanchezza s'è fatta sentire più tardi. E mi sento migliorata anche nel recupero».

Ossia?
«Niente di particolare; dormivo meglio la notte, mi svegliavo più rilassata. Sono tutte piccole cose che hanno una grande importanza nei dieci giorni di gara».

Hai mai avuto una giornata no o una estremamente positiva in questo Giro?
«Partiamo dalla giornata no: all'ultima tappa, nei primissimi chilometri, non mi sentivo bene, avevo mal di stomaco. Poi ho digerito, le gambe hanno iniziato a girare bene ed ho anche chiuso settima. La giornata migliore invece è stata senza dubbio quella in cui ho capito che potevo restare con le migliori, quindi la terza tappa, a Castiglione dei Pepoli».

Secondo te cosa dovresti migliorare per primeggiare nelle corse a tappe?
«Penso che l'età giochi molto in una corsa a tappe. Prendiamo Rossella Ratto: a soli 18 anni ha corso il suo primo Giro, chiudendo al 14° posto, eppure è una prova molto buona, migliorabile con il tempo. Innegabile, in una corsa a tappe ci vuole costanza, me ne sto rendendo conto quest'anno. Per i miei progressi credo che la maturità fisica sarà la chiave di volta per fare davvero bene nelle gare a tappe. E poi devo migliorare negli sprint...»

Sulle volate torneremo. Per quanto riguarda la maturità fisica invece a che livello ti senti?
«Direi ad un 75%. C'è ancora molto da fare. Per esempio, in questo 25% che mi manca c'è da perdere qualche chilo di troppo. Non sarò mai una scalatrice, questo lo so, però è una cosa che potrebbe facilitarmi in salita».

Tu sei una che sale di potenza.
«Di disperazione, più che altro...»

Incomincian le dolenti note: gli sprint. Qualche miglioramento in un anno s'è visto.
«Qualcosa sì. Anzitutto li affronto con maggior grinta, che non guasta mai. Inoltre in inverno ho svolto alcuni lavori specifici: partenze da ferma, volate, giusto per migliorare il mio spunto. Sta funzionando ma so che devo ancora lavorarci».

Da lunedì il Thüringen Rundfahrt ed un percorso che ti si addice.
«Ci sono due crono, per il resto sono quasi tutte tappe con salite brevi, talvolta ripetute. Sulla carta è un percorso adatto a me ma in un grande giro a tappe ci sono mille variabili che possono condizionare la tua prestazione».

Seguiranno gli Europei ed i Mondiali.
«Piano, piano. Dei Mondiali non s'è ancora parlato con il CT Salvoldi, anche se il percorso mi piace molto e l'abbiamo in parte affrontato nello scorso Holland Ladies Tour. Gli Europei invece li correrò».

Dovrebbe essere un piattone ventoso. Le condizioni dell'Olanda sembrano esserti favorevoli.
«Non so, io ho corso di più in Belgio dove il clima è diverso. In nessuna gara ho mai trovato troppo vento e percorsi pianeggianti. Però ho corso in Olanda l'anno scorso, all'Holland Ladies Tour, e sono riuscita a rimanere nel secondo gruppo. Bisognerà vedere come si svolgerà la corsa, perché non sempre un tracciato semplice è sinonimo di corsa semplice. Il vento olandese poi è particolare, spesso molto forte, è facile rimanere nei ventagli».

Hai visionato anche il tracciato olimpico. Sarai riserva ma cosa ci puoi dire?
«Sarò riserva, già, ma all'Olimpiade andranno quattro atlete meritevoli, esperte, all'altezza, insomma. Il tracciato è molto ondulato e correre su un percorso così in 75 non è la stessa cosa che gareggiarvi in 120, anche questo giocherà molto. La Box Hill non è troppo impegnativa, chi vorrà provare ad attaccare lì non guadagnerà più di 20". Vedendo però come va la Vos in discesa o la Arndt in pianura non escludo che il gruppo si possa spaccare proprio là. Per me, che dire. Correre sulle strade che assegneranno delle medaglie olimpiche è stato un onore ed ho imparato il percorso metro per metro. Casomai ci fossi dovuta tornare a fine luglio...»

Chi ci sarà è invece la tua capitana Emma Johansson. Sembrate molto unite.
«È vero. Stimavo Emma già prima di venire all'Hitec ma qui ho scoperto una persona che, oltre a dare il 110% in ogni gara, sa sempre consigliarti bene. Ad inizio anno le chiesi come andare sul pavé e lei rispose: 'Che problema c'è? Spingi, spingi e quando fai fatica spingi ancora di più'. È stato un consiglio saggio ed abbastanza divertente. Per le corse a tappe mi ha suggerito tante cose che già mio fratello Paolo mi aveva detto. Piccole cose, come bere molto durante e dopo la tappa, riposare il più possibile. Quei dieci minuti di sonno durante il trasferimento, ad esempio, possono fare la differenza. Insomma, oltre ad andare davvero forte Emma è sempre pronta a darti un consiglio».

Ultimamente hai parlato di arrivare al livello delle primissime. Ma questa Vos si può battere?
«La Vos si batte. Come? Con il tempo e con i pedali, andando più forte di lei e tagliando per prima il traguardo. Sembra non avere punti deboli ma quest'anno ha dimostrato di faticare un po' di più in salita. Veniva da un infortunio recente, d'accordo, però sono convinta che tra un po' di tempo sarà battibile. Lo spero per noi ragazze, almeno».

Per te il suo dominio ammazza il movimento femminile oppure è uno stimolo a migliorarsi?
«Non l'ammazza, il movimento. Anzi, è un modello per tutte noi; di organizzazione, di allenamento, di costanza. Atlete come lei non si possono che ammirare».

Per concludere, nel tuo percorso di crescita hai mai dubitato di poter arrivare al livello delle prime?
«No, mai! Ho ben chiaro in testa il mio obiettivo, la mia meta. Di conseguenza ci ho sempre creduto e ci credo tuttora».

Francesco Sulas

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