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Giro d'Italia 2012: Lo spettacolo lo fa De Gendt - Vince e insidia il podio di Scarponi. JRO +31" su Hesjedal, male Basso

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Thomas De Gendt, autore di una straordinaria impresa sullo Stelvio © Bettiniphoto

Aspettavamo un'impresa che riscattasse il Giro dalla noia che l'ha attanagliato per lunghi tratti, dall'attendismo che l'ha caratterizzato nelle tappe principali, dalla scarsità di coraggio che è stata esibita dai protagonisti più attesi. E l'abbiamo avuta, l'impresa, anche se da un corridore che non avremmo pronosticato; però, proprio a sottolineare il senso di incompiutezza che ci lascerà questa non memorabile edizione della corsa rosa, anche questa impresa non ha ottenuto il risultato massimo: Thomas De Gendt, ne è lui il protagonista e autore, è arrivato a sfiorare l'en plein, tappa dello Stelvio più fortissime possibilità di vincere la classifica generale, e a 8 km dalla conclusione della frazione di oggi questa sembrava un'eventualità molto prossima alla realizzazione.

Invece nel finale i Rodríguez e gli Hesjedal e gli Scarponi hanno recuperato, contenendo il ritardo dal belga in termini più accettabili, e soprattutto ricacciandolo indietro in classifica, dopo che virtualmente il ragazzo era giunto a un passo dalla maglia rosa (partiva con 5'40" di ritardo da Rodríguez, per un attimo ha avuto 5'36" di vantaggio). Nel giorno in cui Ivan Basso può dire di abdicare al ruolo di protagonista dei grandi giri, e in cui anche Michele Scarponi e Domenico Pozzovivo non lasciano ricordi indelebili nella mente degli appassionati (anche se il marchigiano qualcosina l'ha fatta), si profila un podio tutto straniero per la corsa rosa, se domani nella crono di Milano il bravo De Gendt scavalcherà l'Aquila di Filottrano. Non accade dal 1995, e non accadrebbe per caso. Ne parleremo in ogni caso a risultati acquisiti, domani; per ora, possiamo concentrarci sulla Caldes-Passo dello Stelvio, ventesima e penultima frazione del Giro d'Italia 2012.

La fuga da lontano, le prime salite di giornata
La tappa è lunga, ricca di salite, e invita indubbiamente all'azione. Parte la fuga al km 24 e dentro non può non esserci Matteo Rabottini, già fasciato d'azzurro e coerentemente interessato a far la corsa solo fino all'Intergiro. Oddio, no, gli interessano i Gpm, ma ce ne sono tre abbordabili (Tonale, Aprica e Teglio) nella prima metà della frazione, e quindi il senso non cambia: l'abruzzese fa un'altra bella raccolta di punti, e si aggiudica matematicamente il simbolo di migliore scalatore in un Giro in cui ha pure vinto a Cervinia.

A far compagnia al corridore della Farnese ci sono altri 13 uomini (li elenchiamo con squadra e capitano tra parentesi): Kreuziger (Astana-battitore libero, da qui b.l.), Serpa (Androni-b.l.), Caruso (Liquigas-Basso) , Bono (Lampre-Scarponi), Slagter e Clement (Rabobank-b.l.), Vande Velde (Garmin-Hesjedal), Carrara (Vacansoleil-De Gendt), Zaugg (RadioShack-b.l.), Samoilau e Amador (Movistar-b.l.), Losada (Katusha-Rodríguez) e Frank (BMC-b.l.), in rappresentanza anche di squadre importanti, come si vede. Mancano solo la Colnago di Pozzovivo e la Sky di Urán, tra le formazioni più rappresentative.

In questi casi in genere ci si fanno dei grandi film mentali, "quel tale è lì in avanscoperta per fungere da punto d'appoggio di quell'altro tale più avanti", ma purtroppo il ciclismo contemporaneo ha spessissimo frustrato queste convinzioni, lasciando quasi sempre tattiche del genere a metà, in sospeso, non concretizzate. Per una volta, invece, scopriremo che a volte il giochino funziona.

Mentre i saliscendi si susseguono, giunge la notizia che Guardini è stato espulso, con un provvedimento un po' originale, insieme a Velasco, Rollin e Hunter per scie prolungate dalle ammiraglie, sulla discesa del Tonale: il regolamento internazionale non prevederebbe una simile sanzione per un'infrazione del genere, ma anche i giudici vanno capiti, a fine Giro le energie sono quelle che sono, per i corridori come per gli altri esponenti della carovana, e un'amnesia può sempre capitare, in fondo non è che sia così importante conoscere bene i regolamenti quando si fa parte della giuria di un concorso.

...e poi c'è il Mortirolo
La fuga dei 14 tocca anche i 6' di margine sul plotone, alla Garmin tutto sommato non dispiace lasciare spazio, né tantomeno alla Katusha di Rodríguez. Il pallino è quindi in mano a chi lì davanti non è rappresentato. La Colnago capisce l'antifona, probabilmente percepisce anche che intorno a Pozzovivo ci sono ancora delle attese (malgrado le non esaltanti prove alpine), e mette i suoi in fila indiana a trainare il gruppo. Risultato, prima del Mortirolo il gap è sceso a 2'40", e ora si può ragionare in termini di grandi sistemi: la corsa è tutta da fare, la montagna più dura e quella più maestosa del Giro sono lì pronte per essere aggredite, hic et nunc, cerchiamo per l'appunto eventuali aggressori.

È una ricerca destinata ad essere abbastanza frustrante, se si è tifosi italiani nonché nazionalisti. Mentre in testa Zaugg si isola con Carrara (poi lo stacca, poi viene ripreso da Caruso, Vande Velde, Serpa e Amador), intorno alla maglia rosa (e alle spalle dei Liquigas che fanno l'andatura) si pedala sulle uova attenti a non fare una mossa di troppo per non rompere qualche guscio. E allora è proprio Rodríguez che prende coraggio e, anche alla luce della convinzione che gli occorra staccare almeno un po' Hesjedal prima di esserne scavalcato nella crono di Milano, scatta.

Mancano circa 5 km alla vetta del Mortirolo, e Hesjedal (prima ancora di Scarponi) è il più pronto a chiudere sul catalano. JRO non si dà per vinto e ci riprova, e ancora il CanadAir plana su di lui, e poi dietro gli altri alla spicciolata, con menzione di minor reattività per Pozzovivo, mentre per il momento Basso patisce i cambi di ritmo ma è ben lesto a rientrare poco dopo la botta iniziale.

Le due sfuriatine di Rodríguez sono seguite da una nuova fase di peace&love, al che sono alcuni uomini di seconda fascia a pensare di poter approfittare per avere un po' d'agio, o meglio, un uomo in particolare: Thomas De Gendt.

Nei giorni scorsi l'abbiamo sempre citato in elenchi comprendenti i migliori, o i quasi migliori, o quelli che erano comunque presenti in questo o quel momento rilevante, pur senza mai risultare protagonisti assoluti di una data fase della corsa. Si sapeva comunque che il belga della Vacansoleil (una squadra che - Westra a parte - fin qui non ha raccolto nulla nel 2012) aveva una buona condizione, si sapeva che ama tentare l'azzardo (e a volte gli riesce), si sapeva che ha un buon recupero che gli permette di emergere alla distanza. Oltre a tutto ciò, in classifica TDG vantava un ottavo posto (a 5'40" da Rodríguez) che giustificava anche determinate velleità di scalata.

Il grande sonno del gruppo prima dello Stelvio
L'attacco di De Gendt a 3 km dalla vetta del Mortirolo (3 km che dall'inedito versante di Tovo prevedevano un tremendo fondo stradale in cemento) non sortisce grosse reazioni da parte dei big, sicché il belga può indisturbato raggiungere il compagno Carrara, che gli fa una trenatina nel finale di salita, indi gli dà una teatrale spintarella in vista del Gpm, prima di restare in asfissia (da sforzo) per qualche minuto. In quel momento, giova ricordarlo, abbiamo sempre Zaugg (l'uomo che vinse un Lombardia) in testa, seguito da alcuni degli altri fuggitivi del mattino, ma la situazione è in chiara evoluzione.

Un vano quanto breve forcing di Pozzovivo sul finale di Mortirolo non cambia le forze in campo tra gli uomini di classifica, e si resta sostanzialmente convinti che quel De Gendt lì non darà più di tanto fastidio.

E invece in discesa succede qualcosa. Ad esempio succede che Carrara, ripresosi dal coccolone, rientri sul compagno di squadra, e che su entrambi piombi Damiano Cunego, staccatosi in salita, e ringalluzzito dalla picchiata, tanto da essere spinto ad attaccare a oltre 50 dall'arrivo. E a discesa finita, con un buon tratto di fondovalle-falsopiano tendente all'insù, rieccotelo il bel Matteo, tirare come un forsennato, mentre gli uomini di classifica continuano a guardarsi e a perder tempo per non saper che fare: chi deve tirare? La Garmin? Ma Stetina è troppo dietro e Vande Velde troppo avanti, Hesjedal non ci pensa nemmeno a sfibrarsi dietro a De Gendt e Cunego. Momenti di anarchico avviluppo, il trenino Vacansoleil va, Cunego ci si trova sopra e ringrazia, fatto sta che da due a tre a quattro minuti il passo è più breve e rapido di quanto non si potesse sperare.

Zaugg viene ripreso da Carrara-De Gendt-Cunego (oltre che da Amador, superstite della primigenia fuga) a 30 km dalla fine. A loro, intanto, esasperati dall'attendismo ed emersi dal plotone nel fondovalle, si sono congiunti anche Nieve e Izagirre (ottima manovra Euskaltel) e Kangert (minor fortuna ha un tentativo di Cataldo, Pauwels, Tschopp, Frank e Dupont, a cui il rientro non riesce), e si approccia così lo Stelvio con questo assortito drappello al comando e con 4' di vantaggio sul plotone.

Hesjedal ha un sospiro di sollievo quando finalmente gli rientra Stetina, che può così tirare per un tratto. Al contempo, vengono fermati Caruso (dalla Liquigas), e poi pure Vande Velde (dalla Garmin): del primo ricordiamo un sostegno da tergo al capitano Basso mentre Ivan faceva la pipì (della serie: è per questo che l'hanno fermato?); del secondo, le trenate che caratterizzano lunghi tratti di Stelvio, come andiamo a vedere.

La Montagna Sacra e l'impresa di Thomas
Con le energie di molti al lumicino, il gruppo della maglia rosa accetta il ritmo dei Garmin senza osare modificare lo stato delle cose. A un certo punto c'è solo Vande Velde a tirare, e quando De Gendt, davanti, decide di far sul serio, i rapporti di forza tra il belga e l'americano favoriscono ampiamente il primo. Thomas forza a 18 km dalla vetta, e così facendo fa fuori Zaugg e poi Kangert (Izagirre si è già staccato un paio di chilometri prima); un'altra accelerata, ed ecco che ai 17 km anche Cunego e Amador mollano. Il veronese dà l'impressione di poter rientrare, col suo passo, appena termina la sfuriata di TDG, ma dovranno passare altri 5 km prima che Damiano riesca a riportarsi su De Gendt e Nieve.

Appena il corridore della Lampre si rifà sotto, il belga riparte, e stavolta in maniera definitiva: a 13 km dalla vetta, sotto a una galleria, inizia il volo solitario di De Gendt. Cunego stavolta soffre meno di Nieve, che ci mette un paio di chilometri per raggiungere a sua volta l'italiano.

La lotta tra De Gendt e Vande Velde, come detto, è sbilanciata in favore del belga: il vantaggio arriva a toccare, a 8 km dal traguardo, l'incredibile vantaggio di 5'36": cioè, tra lui e la maglia rosa virtuale non ci sono che 4". In altri termini, ecco il tanto favoleggiato Giro ribaltato, un sogno che rischia di diventare realtà grazie a una bella tattica di squadra (prezioso Carrara, lo ripetiamo) e a un coraggio fuori dalla norma da parte dell'uomo solo al comando, che poi alla fine è sempre quello che viene chiamato a risolvere in prima persona le questioni. De Gendt dimostra di essere decisamente all'altezza del ruolo, e tiene banco cercando di farlo saltare (il banco medesimo).

Non osiamo pensare all'adrenalina scorsa per tutto il Belgio alla notizia di un corridore fiammingo passibile di vincere un grande giro (a 34 anni da De Muynck...) o quantomeno di portare a casa un podio (a 17 anni da Bruyneel), ma di sicuro l'esaltazione da quelle parti si ammoscerà parecchio nel momento in cui Gadret, proponendo finalmente uno scatto dal gruppo, blocca l'ascesa di De Gendt fino all'empireo rosa.

Sull'affondo del francese perdono subito contatto Vande Velde, Hermans, Tschopp, Brambilla e Caruso, e, quando Henao chiude sul corridore della AG2R e si mette lui a fare il ritmo al posto di VDV, nel gruppetto sono rimasti solo Rodríguez, Hesjedal, Scarponi, Basso, Urán, Henao appunto, Gadret, Dupont e Pozzovivo.

Gadret ci riprova ai 6 km, e stavolta è Ryder a chiudere; al terzo tentativo, il pelato venuto dalla Francia trova spazio: nessuno lo insegue direttamente, ma tutti i superstiti preferiscono mettersi a ruota e lasciare a Hesjedal il compito di tirare. Non in risposta allo scatto, quindi, ma in progressione, Gadret viene ripreso per la terza volta, e stavolta il passo imposto dal CanadAir in maglia Garmin è efficiente: non solo i colleghi alla sua ruota soffrono, ma anche le distanze da De Gendt iniziano ad essere sensibilmente decurtate.

Ai 4 km crolla Dupont, e si vede che a Basso si spegne la luce. Il varesino perde una pedalata, poi due, fa il buco a Urán e Gadret che gli sono a ruota, non rientra; ai 3.5 km salta Pozzovivo, proprio mentre sperava forse di avere a portata di mano la possibilità di scavalcare un paio di avversari in classifica.

E sui titoli di coda si vedono anche "quelli del podio"
Ai 2.5 km scatta infine Scarponi. Cunego è sempre davanti (a un minuto buono da De Gendt, che intanto ha 4'50" sul gruppo maglia rosa), ma non conviene fermarlo (che aiuto potrebbe ormai dare al compagno?), quindi Michele fa da sé. Hesjedal e Rodríguez non ne hanno per chiudere sul marchigiano, Henao (che pure era rimasto con loro) si stacca addirittura dai primi due della generale, per un attimo Scarponi sembra destinato a scrivere un bel finale di tappa, e a respingere l'assalto portato al suo posto sul podio da De Gendt.

Ma nella realtà l'azione dell'Aquila di Filottrano non è che faccia tremare i polsi. A un chilometro e mezzo dalla fine (nel momento in cui De Gendt, col suo bravo vantaggio, sta tagliando la linea d'arrivo), Rodríguez riesce infine a staccare Hesjedal e, con poche pedalate, si porta su Scarponi e stacca pure lui di slancio. Al traguardo De Gendt ha fatto segnare 56" di vantaggio su Cunego e 2'50" su Nieve; Rodríguez chiude al quarto posto (tanto gli basta per soffiare a Cavendish la maglia rossa: complimenti agli Sky per aver dato una mano al rivale, salita facendo, con le trenate di Henao!) a 3'22" dal vincitore di tappa.

12" più tardi passa Scarponi, giusto 2" davanti al rimontante Hesjedal. A 4'29" ecco Gadret, a 4'53" transita Urán, 2" dopo Henao e Basso chiudono la top ten. Il piazzamento di Pozzovivo poi, undicesimo a 5'39", è l'esatta misura di un Giro da "vorrei ma non posso". In classifica Rodríguez porta il suo margine su Hesjedal a 31" che forse domani a Milano non gli basteranno, ma forse sì: sarà lotta serrata fino all'ultimo metro della cronometro conclusiva.

Scarponi, a 1'51", salva per oggi il terzo posto, ma dovrà difendersi seriamente da De Gendt, che ora è quarto a 2'18" e che contro il tempo è il più forte tra i corridori che frequentano i quartieri alti della generale. Basso, scivolato in quinta posizione (3'18") dovrà addirittura guardarsi da una nuova beffa da parte di Cunego (che lo segue a 3'43" da JRO e che ha, a suo favore, il precedente del finale di Tour 2011, quando in rimonta scavalcò Ivan). Urán settimo a 4'52", Pozzovivo ottavo a 5'47", Nieve nono a 5'56" e Gadret decimo a 6'43" completano l'elenco dei primi dieci, da cui restano fuori Henao (7'20" il suo ritardo) e poi, molto più nettamente, Cataldo (dodicesimo a 12'14").

Vada come vada a finire domani, questa edizione del Giro sarà ricordata (o forse ricordata poco...) come una delle meno coinvolgenti degli ultimi anni. Un bilancio lo trarremo poi, ne avremo tempo e modo. Ma la frazione dello Stelvio era forse l'ultima possibilità di dare un'impronta diversa alla corsa rosa, quest'anno. Non è successo, o è successo solo parzialmente, come scritto in apertura. Pazienza, ma riflettiamo sulla cosa.

Marco Grassi

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