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Giro d'Italia 2012: Cunego-Scarponi, com'è andata? - Il bilancio in casa Lampre dopo lo Stelvio

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Damiano Cunego all'attacco verso il Passo dello Stelvio © Bettiniphoto

 

Un po' tutti ci siamo chiesti, a inizio Giro, cosa sarebbe potuto uscire dalla convivenza tra Damiano Cunego e Michele Scarponi in casa Lampre. E ora ci ritroviamo, al termine delle tappe in linea, a dover tracciare un bilancio su questa convivenza (forzata?) durata tre settimane.

Il precedente che spesso è tornato alla mente in questi giorni è quello del Giro 2005, con Cunego e Simoni partiti più o meno alla pari e che poi aveva visto Damiano, dopo la scoppola presa a Zoldo Alto e una mononucleosi che ne aveva ridotto le prestazioni, a completa disposizione del compagno che poi finì a poche decine di secondi dal vincitore Savoldelli. Quest'anno già dalla Danimarca tutto lo staff blu-fucsia si era affrettata a mettere le cose in chiaro: il marchigiano sarebbe stato capitano unico con velleità di classifica e il veronese, pur potendo giocare le sue carte in certe frazioni, avrebbe dovuto fare il gioco di Michele.

E già a Rocca di Cambio Scarponi aveva fugato diversi dubbi sulla sua condizione e la tappa di Cervinia (Lago Laceno e Assisi non avevano aggiunto niente sul piano del dualismo) ha posto definitivamente la parola fine sulla diatriba: Damiani e Saronni non bluffavano, Cunego si è mosso sul Col de Joux, seppur in maniera abbastanza scriteriata, senza pensare alla sua classifica, ma in favore di Scarponi. Identico copione, ma organizzato meglio grazie anche ad un percorso più consono, verso Pian dei Resinelli. Damiano fa il vuoto nella discesa della Valcava e, con l'aiuto di Ulissi e (un po' meno) di Malori, costringe la Liquigas ad inseguire a fondo senza però che Scarponi sia in grado di trarre grosso vantaggio dalla situazione tattica favorevole.

Oggi terzo e ultimo atto, quello che ha fatto più discutere. Damiano sfrutta ancora il terreno a lui più congeniale in questo Giro, la discesa (anche perché il Cunego visto in salita è lontano parente anche di quello, seppur non esaltante, visto all'ultimo Tour) e stacca tutti giù per i tornanti del Mortirolo, accodandosi a De Gendt e trovando poi per strada anche Nieve. Saranno proprio i gregari dei due (Carrara e Izagirre) a risultare fondamentali per dare il largo a quest'azione che assume proporzioni importanti. A questo punto Cunego, con Scarponi che sta giocandosi il Giro, può finalmente risultare decisivo per il compagno. La situazione, nel gruppo maglia rosa, è ideale per sferrare un attacco a Rodríguez e soprattutto a Hesjedal, visto che lo spagnolo corre (giustamente) come se la maglia ce l'avesse addosso il canadese. Michele deve recuperare circa 1'20" a Hesjedal (ammesso che riesca a fare una crono sugli stessi tempi di Ryder) ma aspetta gli ultimi 2500 metri per affondare il colpo e sulle prime pare anche che il miracolo possa concretizzarsi.

Ed ecco la domanda da un milione di dollari che tanto ha stuzzicato i commentatori RAI e fatto indispettire Saronni: Cunego, che, ormai staccato inesorabilmente da De Gendt, sta andando a prendersi il secondo posto di tappa, deve fermarsi per aspettare Scarponi e dargli una mano ad aumentare il vantaggio o deve tirar dritto? Cerchiamo di analizzare un po' la situazione. Al momento dello scatto di Michele, De Gendt ha 4'50" di vantaggio e si trova ai 1100 metri dall'arrivo, Cunego ne avrà 4' e sarà stato 200-250 metri dietro, quindi ai 1300 metri circa. Se immediatamente avesse ricevuto l'ordine di rallentare e avesse portato la velocità di crociera a 2 metri al secondo (circa 7 km/h, fermarsi del tutto sarebbe stato controproducente, già dimostrato in altre occasioni), con un rapido calcolo scopriamo che i due si sarebbero incontrati all'incirca ai 600 metri, poco prima che Rodríguez andasse a riprendere e staccasse Scarponi. Insomma, troppo tardi e non si sa con quali reali vantaggi per il marchigiano. Si dirà che si poteva fermare prima, allora, magari per tenere alta l'andatura nel gruppo maglia rosa e preparare l'attacco di Michele, ma la situazione tattica si stava evolvendo in un modo ancora migliore per Scarponi (Hesjedal stava rimanendo senza compagni e quindi - come effettivamente poi è successo - toccava a lui mettersi in testa al gruppetto per contenere De Gendt e contemporaneamente andava ad esporsi ad eventuali attacchi, perché agevolargli il lavoro?). E guardiamo anche l'altro piatto della bilancia: Cunego è risalito dalla decima alla sesta posizione, non ci sembra poco a confronto di miseri 10-15 secondi in più che sarebbero stati eventualmente guadagnati da Scarponi. La nostra posizione sulla diatriba l'avrete già intuita: fermare Cunego non sarebbe stato conveniente per la Lampre sullo Stelvio.

Allargando le conclusioni al bilancio di cui parlavamo in apertura possiamo certamente affermare che la presenza di Cunego, per come sono andate le cose, ha influito veramente poco (in bene, come in male) sul risultato finale di Scarponi che non ha saputo (o in certi casi non ha potuto) approfittare della presenza in corsa del compagno. D'altro canto è stata la prima volta che abbiamo visto - almeno in una corsa a tappe - un Cunego senza assilli di classifica provare soluzioni dalla media distanza e anche con una certa efficacia e, che in fin dei conti, hanno giovato più a lui (il sesto posto attuale è frutto più di questa libertà d'azione che del suo rendimento che invece è parso un po' deficitario) che a Scarponi. 

Giuseppe Cristiano

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