Giro d'Italia 2012: E ora chi lo ferma Rodríguez? - Basso attacca, Kreuziger salta, JRO vince, Hesjedal convince
Non è più tempo di fughe di comprimari, non è più tempo di aspettare, non è più tempo di rimandare. Le Dolomiti, maestose, si sono messe lì davanti ai corridori del gruppo a ricordare loro che gli ostacoli più ardui vanno guardati in faccia e affrontati, e se questi ostacoli hanno nomi e volti, ovvero quelli degli avversari, sono loro che devono essere guardati in faccia e affrontati. Da qui in poi ci sono avversari, e non più compagni di brigata in giro per l'Italia.
«Fuori i secondi!», diremmo se fossimo a bordo di un ring, al suono del gong. Fuori i secondi e dentro i capitani, solo loro e nemmeno tutti tra loro, perché qualcuno inevitabilmente salta, in maniera fragorosa scoppia e dice addio ai sogni di gloria. È sempre così, anno dopo anno, nella storia del grande ciclismo che prima di narrarci di grandi vittorie ci racconta di grandi sconfitte, nel cammino che dalla nascita di una gara porta alla sua conclusione, nel tripudio di uno solo e nella delusione di tutti gli altri.
Nessuno voleva rischiare nulla più dello stretto necessario fino a ieri, e a ben pensarci anche stamattina, quando in partenza ci hanno provato in cento a centrare la fuga del giorno, ma nessuno ha avuto spazio, ora il gruppetto era troppo folto, ora comprendeva uno che sta in 24esima posizione (si fa per dire) della generale, ora la pettinatura del terzo gregario di quella tal squadra non era in linea coi dettami della moda dell'anno, insomma c'era sempre un motivo per andare a riprendere chi si muoveva.
E così, corri dietro a questo e corri dietro a quelli, il ritmo è stato vertiginoso in avvio, 52 orari la prima mezz'ora, 43 la prima ora quando già si era approcciato il Passo di Valparola, prima asperità di giornata (in realtà seconda, ma la salitella di Terento in avvio non era segnata come Gpm). Dopo più di 60 km è andata la fuga, cinque martiri designati, perché ovviamente ognuno di loro sapeva che non ci sarebbe stato terreno per portare a casa un risultato. Montaguti, Samoilau, Serpa, tutti in qualche modo (e per motivi vari) al di sotto delle attese in questa corsa rosa, e poi lo splendido Rabottini in maglia azzurra e alla ricerca di altri punti per la sua classifica Gpm, e poi Seeldraeyers, forse mosso dalla squadra, l'Astana, in modo da poter risultare utile a Kreuziger o Tiralongo più avanti (e chi immaginava, in partenza, il disastro a cui sarebbe andata incontro la formazione kazaka?).
Un vantaggio massimo mai troppo oltre i 5', un treno impostato dalla Euskaltel fino alla prima parte di Passo Duran, quindi il subentro degli uomini Liquigas in testa al gruppo, a imporre un ritmo che ha indirizzato la tappa in una maniera molto precisa. Nel frattempo la foratura di Niemiec (fuori dai giochi, brutto colpo per Scarponi) e la crisi di Rujano (alle prese con problemi respiratori), primi segnali di una giornata che sarebbe presto diventata difficile per tanti.
Nieve sul Duran, Caruso sulla Forcella
A 63 km dalla linea d'arrivo, in mezzo al Duran, Mikel Nieve, uno dei corridori di classifica di seconda schiera (diciamo così) ha messo a frutto il lavoro dei suoi arancioni proponendo un attacco (ben lanciato da Txurruka) che l'ha in breve avvicinato ai fuggitivi (dai quali si era già staccato Montaguti); Rabottini ha fatto in tempo a transitare in testa anche sul secondo Gpm della frazione (dopo aver fatto suo il primo), quindi Seeldraeyers ha guadagnato poco meno di un minuto in discesa, ma sulla successiva Forcella Staulanza il belga è stato raggiunto dagli altri, che avevano un minuto sul gruppo, e che avevano nel frattempo perso per strada un Rabottini stremato.
Il ritmo della Liquigas è diventato a quel punto infernale: dopo che aveva tirato Agnoli in precedenza, è stato Damiano Caruso a imporre se stesso e il suo passo, e il risultato non è stato solo di veder ripresi i battistrada (chi sfiancato dalla fuga, chi - Nieve - rialzatosi una volta appurata la vacuità della sua azione), ma anche di mandare in tilt il motore di diversi giovanotti del gruppo dei big. Su tutti, Roman Kreuziger: per un po' ha provato a celare la sua crisi, il ceco, ma poi non c'è stato più niente da celare, né da sperare, perché quei 3 km che mancavano alla vetta erano ancora maledettamente troppi per poter pensare di tenere duro fino in cima e poi recuperare in qualche modo sulla successiva discesa.
Ciao Roman, a 40 km dal traguardo di Cortina si sono spenti i riflettori su uno che ambiva al podio e che avrebbe potuto anche raggiungerlo, se solo non avesse commesso l'errore più sciocco di tutti, quello di non alimentarsi a dovere e di andare quindi in crisi di fame. 11' e rotti alla fine, e stagione (incentrata sul Giro) praticamente buttata via. Incredibile.
Nulla da segnalare sulla picchiata verso Selva di Cadore, da cui si sarebbe approcciato il Giau, se non che il gruppo della maglia rosa, già ridotto a una trentina di unità, si apprestava a vivere momenti decisivi sull'ultima salita.
Il Giau di Basso, la discesa di Scarponi
Caruso, impagabile, ha dato quello che gli rimaneva nei primi due chilometri del Giau, poi si è sfilato lasciando a Capecchi il compito di proseguire. Una Liquigas quasi a orologeria, ma alla quale è mancato poi l'ingranaggio importantissimo rappresentato da Szmyd, inceppatosi prima di poter tirare un metro. I due chilometri a tutta di Capecchi hanno comunque fatto danni, facendo staccare Ulissi e Moreno, Bruseghin e Nieve, Dupont e De Gendt, e poi ancora Tiralongo e Cataldo fino a Cunego, staccatosi insieme a Capecchi quando Eros ha finito il suo turno in testa e ha passato il testimone a Basso.
La mazzata finale l'ha data proprio Ivan, staccando Henao, Gadret, Tschopp e Brambilla oltre ai Movistar Pardilla e Intxausti. A 25 km dal traguardo (e 7 dalla vetta del Giau), alle spalle dello scatenato varesino non restavano che Scarponi, Pozzovivo, Urán, un sorprendente Hesjedal e un fortissimo Rodríguez, sempre più attaccato alla sua maglia rosa. L'unico che ha provato a spezzare l'andazzo è stato ai 24 km Hesjedal, proprio colui il quale in teoria avrebbe dovuto soffrire maggiormente le dure pendenze. E invece il canadese è scattato, rintuzzato subito da Basso, ma il segnale è passato, certo forte e chiaro: «Occhio che non mi fate fuori tanto facilmente» (e detto da uno che in classifica è secondo a 30" dal primo, e che ragionevolmente mazzolerà i rivali a cronometro a Milano, non si può negare che l'effetto sia particolarmente rilevante).
Dopo aver annullato lo scatto di Hesjedal, Basso si è un po' fatto da parte, lasciando proprio al capitano della Garmin l'incarico di tenere l'andatura. È stato in quel frangente che Nieve, non troppo lontano dai battistrada, si è riavvicinato fin quasi a ricongiungersi col sestetto. Ma a quel punto Ivan, capita l'antifona, si è rimesso in testa a forzare, fino all'ultimo chilometro di scalata, laddove ha lasciato spazio a Pozzovivo.
E sulla trenata del lucano, quel che non ci si aspettava: anche Michele Scarponi in sofferenza, il marchigiano ha perso un metro, poi un altro, in evidente e crescente difficoltà. L'avremmo capito sulla discesa il motivo: crampi, che impedivano al capitano della Lampre di pedalare. Roba da perdere la testa, in un momento decisivo del Giro, e invece Scarponi, transitato al Gpm a 15" dai primi, riavvicinatosi a 10 e poi - a causa del problema alle gambe - ripiombato a oltre 30, ha mantenuto una freddezza invidiabile. Si è massaggiato - per quello che ha potuto - ha fatto di necessità virtù, non ha pedalato per diverse centinaia di metri, attendendo che i suoi muscoli si sbloccassero.
Non ha potuto assistere, in quei frangenti, al nuovo tentativo di Hesjedal, stavolta in discesa, ancora una volta chiuso da un Basso che qualche ormeggio l'ha mollato, nelle picchiate, e che poi, una volta ripreso il canadese, si è messo lui davanti per tenere il ritmo che più gli piaceva. Forse anche per questo, per un'andatura non forsennata nella picchiata, Scarponi, tenacissimo, ha potuto curva dopo curva limare il gap, fino ad annullarlo a soli 2 km dal traguardo (dopo che Urán, a sua volta staccato a inizio discesa, era già rientrato ai -5).
Il doppio tentativo di Basso, la volata e la dedica di Joaquim
Con il sestetto ricompostosi proprio alla periferia di Cortina, non restava altro che vedere chi sarebbe andato a vincere la tappa, prima di voltare gli sguardi ai cronometri per misurare i distacchi di tutti gli altri. Al chilometro e mezzo Basso ha tentato un allungo in progressione, provando a sorprendere gli avversari, ma la sua azione è stata annullata nel giro di 300 metri. La volata l'ha invece lanciata Scarponi a più di 300 metri dall'arrivo, scelta obbligata per Michele che non è velocissimo e che quindi ha bisogno di anticipare.
Ma il marchigiano non ha trovato spazio, contrastato proprio da un Basso che questa tappa la voleva a tutti i costi. Più di Ivan, però, la voleva forse Rodríguez, che aveva una dedica speciale da fare, e che l'ha fatta immediatamente dopo aver affiancato il varesino sull'ultima curva e averlo superato nettamente sul breve rettilineo conclusivo: il bacio sul nastrino nero, a un anno esatto dall'assurda scomparsa del povero Xavi Tondo, suo amico d'infanzia, è uno di quei momenti intensi che resteranno nelle gallerie fotografiche del Giro 2012.
Contento, amaramente contento, per aver potuto così commemorare Tondo, Rodríguez può però essere anche soddisfatto più che mai per aver conservato in maniera così brillante (vincendo dopo aver resistito al forcing degli avversari) il simbolo del primato. Certo, ha quell'Hesjedal a 30", e non ha certo passeggiato per tenere le ruote di Basso sul Giau, ma JRO sente crescere la fiducia nelle proprie possibilità di giorno in giorno, visto che ogni tappa difficile finisce col rafforzarlo, più che indebolirlo.
Basso a 1'22" e Scarponi a 1'36" sono le speranze italiane per la generale, con Pozzovivo che sta bene ma è a 3'19" e, se non s'inventa un numero migliore di quello di Lago Laceno, potrà al massimo ambire a un posto sul podio (che pure sarebbe importantissimo nella sua carriera), ma non certo alla vittoria.
Gli altri: alle spalle del sestetto di testa (al traguardo nell'ordine: JRO, Basso, Hesjedal, Urán, Scarponi e Pozzovivo) il primo gruppo inseguitore, comprendente Intxausti, Moreno, De Gendt, Tschopp, Gadret, Nieve, Cunego e Pardilla, con Brambilla staccato di una ventina di secondi, ha chiuso la frazione a 1'22" di ritardo. A 2'13" è passato Bruseghin, a 2'47" Tiralongo con Henao e Cataldo. Kreuziger, mestamente, ha perso 11'26", e pare che possiamo risparmiare di dare altri distacchi.
Rodríguez vede ridursi così in maniera drastica gli uomini che dovrà controllare nei prossimi giorni: Hesjedal a 30", Basso a 1'22", Scarponi a 1'36". Già Urán a 2'56" sembra lontanuccio, visto dal primo posto provvisorio; di Pozzovivo settimo a 3'19" (e preceduto anche da Intxausti, che è a 3'04") abbiamo scritto poco sopra. Tiralongo a 4'13", De Gendt a 4'38", Henao a 4'42", e poi Tschopp e Gadret a 4'46", Moreno a 4'55", Cataldo a 4'59", Cunego a 5'07": sono 8 in meno di un minuto, e animeranno una bella lotta per un posto in top ten. Gli altri, ovvero Nieve, Brambilla, Pardilla, Casar, Kreuziger, Bruseghin e Dupont sono i nomi che incontriamo scorrendo la classifica fino al 22esimo posto, ed entro il quarto d'ora di distacco dalla maglia rosa.