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Giro d'Italia 2012: Anche a Cervinia regge l'armistizio - Vince Amador in fuga, Hesjedal torna in rosa. Poco altro da segnalare

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Altra giornata di attendismo tra i big © Bettiniphoto

dal nostro inviato

Ma no, non c'è nemmeno delusione, dopo la tappa di Cervinia, prima frazione alpina della corsa rosa. Si rimane delusi quando ci si aspetta qualcosa, ma quando non ci si aspetta niente che delusione si vuol provare? Al limite rassegnazione, ecco. Rassegnazione. Del resto se ieri scrivevamo "già ce li vediamo, domani, i nostri eroi, andare su di conserva sul Col de Joux, non rischiare l'osso del collo sulla successiva discesa, e rinviare tutte le questioni a una volata di tre chilometri verso Cervinia", un motivo ci sarà stato.

Il motivo è l'esperienza dei grandi giri di questi ultimi anni. Quella che ci spinge quasi a dire: meglio così che peggio, meglio che ad essere state sostanzialmente neutralizzate siano state due salite belle, lunghe, importanti, ma non determinanti. Il domani del ciclismo è sempre un altro giorno, è sempre buono il tempo del "si vedrà", tanto sperare o sognare o illudersi non costa niente. Però lo dichiariamo sin da ora: se anche a Piani dei Resinelli vedremo niente più che qualche schermaglia, con la prospettiva di avere poi davanti un giorno di riposo e un'altra tappa interlocutoria, inizieremo a prendere in esame l'ipotesi mare in luogo del Giro, in vista di martedì. Non per rabbia o per ripicca, ma per pura e semplice autodifesa.

Dopo 14 tappe e con una classifica parecchio corta, non frutto di equipollenti ribaltamenti di fronte, ma di un prolungato no contest, attendiamo spasmodicamente un po' di battaglia vera. Lecco ultima frontiera (della pazienza), insomma.

La frazione di oggi, nata velocissima (prima ora a 50 di media), ha visto partire la fuga al km 58, con 8 atleti ad animarla: Amador, Barta, De Marchi, De Negri, Kaisen, Maes, Montaguti e Oliveira. Che i primi tre dell'ordine alfabetico siano stati anche quelli che hanno portato a termine con successo l'azione d'attacco, non è altro che un caso fortuito. Che invece il corridore della NetApp già vincitore della Coppi&Bartali, Barta appunto, sia stato il più attivo sin dal Col de Joux, è tutt'altro che un caso, semmai il sintomo (o simbolo, fate vobis) di una squadra che continua a metterci tutto l'impegno per legittimare l'invito ricevuto da Acquarone alla corsa rosa. Dopo due settimane di gara, possiamo dire che sì, la NetApp non sta rubando nulla a nessuno, con la sua presenza al Giro.

Gli 8 sono passati da un vantaggio massimo di 13', dopodiché a 65 km dal traguardo, sul Col de Joux, Barta s'è involato, inseguito da Montaguti, De Marchi, De Negri e poi pure Amador, che a sua volta s'è portato sul ceco ai -60. Intanto sussulti dal gruppo: per un Fränk Schleck segnalato nelle retrovie, un Rujano che, con l'intento di anticipare una discesa insidiosa (oltre che bagnata) su cui si sarebbe senz'altro fatto staccare, è partito secco a poco meno di 50 km dalla fine (e non lontano dalla vetta del Col de Joux). Il bello è che, nell'occasione, alle calcagna del venezuelano s'è messo Damiano Cunego.

Parevano essere i prodromi di chissà quale tattica studiata a tavolino dai Lampre, e invece il veronese in salita ha faticato a tenere Rujano, per poi superarlo in discesa e rimanere lì a bagnomaria con un minutino sui migliori, fino ad essere a sua volta ripreso, prima da Txurruka e Bruseghin in avanscoperta, poi da tutti gli altri a 16 km dall'arrivo di Cervinia (comunque, dopo 12 km di scalata d'attacco verso la vetta finale: se ci si accontenta, è comunque qualcosa).

Per quanto riguarda il drappello al comando, Amador, che s'era avvantaggiato in discesa, è stato ripreso a 11 km dalla vetta da un pimpante De Marchi, e agli 8 anche dal tenace Barta; tutti gli altri, compresi De Negri e Montaguti che pure avevano provato a resistere, hanno alzato bandiera bianca, risucchiati via via dal drappello dei migliori guidato dalla Liquigas (come al solito, verrebbe da dire). Se l'Astana aveva tirato in discesa nella speranza di mettere in difficoltà Basso, gli uomini di Ivan hanno sfrondato il plotone da tutti i gregari rimasti, e infine anche da se stessi, se è vero che, ai 5 km, anche Szmyd e Caruso, ultimi baluardi biancoverdi, hanno perso le ruote, lasciando al loro capitano l'incarico di fare il ritmo.

Rujano ci ha provato un'altra volta (in una galleria) ai 5 km, ma non ha fatto troppa strada. Ai 4 km, in un'altra galleria, ci si è messo un ottimo Brambilla a tirare, sollecitando la pronta risposta in primis di Hesjedal e Moreno, mentre Cunego e Rujano si staccavano. Tanto ha preso coraggio, il Brambo, che ha pure forzato, insieme a Nieve, che a sua volta ha rilanciato provando ad andarsene da solo ai 3.5 km. Dal gruppo, Ryder Hesjedal, fin lì tranquillo a ruota, è stato l'unico a mettersi in caccia.

Il tira e molla dei due chilometri testè descritti ha fatto sì che il margine dei tre battistrada crollasse, dai 4' che ancora vigevano ai 6 km, al minuto e mezzo misurato ai 3 km. In mezzo, da segnalare i tentativi di farsi vicendevolmente del male operati prima da Amador, poi da De Marchi, con Barta sempre attaccato ad un filo.

Ai 3 km Hesjedal ha completato la sua rincorsa a Nieve, e ha pure superato il basco, che poi si è fatto riprendere dal gruppetto della maglia rosa, tirato ancora da Moreno. Tanto lavoro di Daniel presupponeva sì un limitare i danni nei confronti del vicino (in classifica) Hesjedal, ma anche una bottarella dello stesso Joaquim in rosa. E Rodríguez non si è fatto attendere, partendo secco ai 3 km. Pozzovivo è stato il primo a mettersi in caccia, rilevato presto da Scarponi. Kreuziger col fido Tiralongo hanno risposto bene, Basso ha un po' patito il cambio di ritmo ma senza far drammi ha rapidamente ripreso la giusta pedalata, rimettendosi in scia. Gadret ha urlato "presente", per non parlare dei due colombiani terribili della Sky, Urán e Henao, entrambi lì davanti a confermare tutto il buono che ci si aspetta da loro, o di De Gendt, che ancora non conosce i propri limiti. Poco dietro, anche Schleck, di riffa o di raffa, è rimasto attaccato al trenino.

Quando Scarponi ha chiuso su JRO, è partito in contropiede Pozzovivo, e ancora Michelino ha rimesso le cose a posto. È stato a quel punto chiaro che da quel gruppetto non sarebbe evaso più nessuno (del resto la salita di fatto finiva ai 2 km), così come era chiaro che non si sarebbe recuperato nulla a Hesjedal che contava un vantaggio di una ventina di secondi. Non restava che vedere chi avrebbe vinto la tappa, e per quanti secondi il canadese avrebbe ripreso la maglia rosa a Rodríguez.

Ai 1300 metri De Marchi ha dato l'impressione di mettere giù lo scatto giusto, ma sotto il triangolo rosso dell'ultimo chilometro il ragazzo si era già fermato, ripreso da un Barta letteralmente allo spasimo; Amador, invece, pareva più fresco, e la volata a tre ha avvalorato in pieno questa sensazione. Andrey, 25 anni, ha conquistato così un record che nessuno gli toglierà più: è il primo costaricano in assoluto a vincere una tappa in un GT. Onori a lui, oltre che - ovviamente - a Barta e De Marchi, terminatigli nell'ordine alle spalle.

Hesjedal (il quarto uomo da onorare oggi) ha chiuso a 20" dal vincitore, e con 26" sui primi inseguitori, tra i quali c'era anche Rodríguez. Il che vuol dire che rientra - come anticipato - in possesso della maglia rosa, per soli 9". Con JRO il drappello comprendeva Tiralongo, Urán, De Gendt, Scarponi, Gadret, Schleck, Pozzovivo e Basso; un soffio indietro, Henao; un altro soffio ed ecco Intxausti; un altro ancora e son transitati Kreuziger, Moreno, Pardilla, appena davanti a Nieve.

Cataldo, Brambilla, Casar, Tschopp e Rujano hanno perso 30" dal gruppetto JRO, Cunego quasi un minuto. La classifica, al di là dei 9" che dividono i primi due, resta come detto abbastanza corta, se è vero che il decimo (Pozzovivo) è a 1'21" dal primo, che entro i 3' contiamo 19 uomini, e che appena fuori da questo range ci sono corridori che scalando scalando potranno scalare anche la generale (ci riferiamo a Gadret, Rujano, Nieve).

Sì, diciamo che a voler guardare il bicchiere mezzo pieno c'è questo fattore della grande incertezza che ancora vige dopo due settimane piene. Certo, se da domani si iniziasse a dipanare qualche matassa, non saremmo noi a offenderci.

Marco Grassi

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