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Giro d'Italia 2012: Don Rodríguez e i suoi bravi - JRO supportato da un'ottima Katusha

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Ad Assisi Joaquim Rodríguez vince e veste la maglia rosa. Non sarà facile togliergliela © Bettiniphotodal nostro inviato

Grande sorpresa ieri, praticamente una certezza oggi. Joaquim Rodriguez, cantabro capitano della Katusha, è il 14esimo corridore in attività ad aver vinto almeno una tappa in ognuna delle tre grandi corse a tappe: Giro d'Italia, Tour de France e Vuelta a España.

Lo spagnolo è sicuro di se e in conferenza stampa non dimostra imbarazzi né tentennamenti. A chi gli fa notare che potrebbe essere troppo presto per avere la maglia rosa sulle spalle, risponde: «E che potevo fare?», come a dire che all'eventualità di non vincere quassù ad Assisi non ci aveva pensato proprio.

La prima partecipazione ad un grande giro avviene proprio al Giro d'Italia: da neopro', nel 2001, in maglia ONCE-Eroski, con Olano che finì 2° e Azevedo 5°. Lui finì 80esimo. Non male come apprendistato.

Il 26esimo posto alla Vuelta a España 2003 (sempre in maglia ONCE), con la vittoria di tappa in salita a Val d'Aran/Puerto de Beret, gli avrà dato sicuramente lo spunto per continuare a migliorarsi come corridore da corse a tappe.

L'anno dopo il passaggio alla Saunier Duval e il passaggio a vuoto nella stessa corsa spagnola gli fecero forse perdere un po' di morale, se è vero che nel 2005 tornò al Giro (ancora senza squilli) e poi alla Vuelta vinse la classifica Gpm.

«Ho sempre avuto corridori più forti in squadra per cui lavorare», ha risposto a chi gli chiedeva come mai la dimensione di "Purito" nelle grandi corse a tappe arriva solo in queste ultime stagioni, passati i 30 anni.

E difatti il 17esimo posto alla Vuelta 2006, col compagno Valverde al 2° posto, sta lì a dimostrare la veridicità delle sue dichiarazioni.

Nel 2008 al Giro cerca soprattutto successi di tappa (3° a Pampeago, 3° a Tirano), mentre alla Vuelta fa corsa parallela con "Balaverde" e finiscono 5° (il murciano) e 6° (lui).

Nel 2009, l'anno della vittoria di Valverde in Spagna, JRO si piazza al 7° posto e forse in quel momento - quando si è accorto di aver compiutamente aiutato il compagno di squadra/amico nel suo obiettivo - realizza che è ora di diventare "grande".

Nel 2010 il passaggio in Katusha lo vede protagonista praticamente ovunque: 6° alla Parigi-Nizza, 1° al Giro di Catalogna, 1° al GP Indurain, 3° al Giro dei Paesi Baschi, 2° alla Freccia Vallone, 9° al Giro di Svizzera, 7° al Tour de France (con la vittoria di tappa a Mende) e 4° alla Vuelta a España (con la vittoria di tappa a Peña Cabarga). È un leader, è un capitano, anche se forse non è nato con le stimmate nitidissime.

Il 2011 parte un po' peggio (anche perché far meglio era complicato), ma nonostante il 4° posto finale al Giro continua a sfuggirgli il successo di tappa (2° a Castelfidardo). Alla Vuelta vince addirittura due tappe in salita (Valdepeñas de Jaen e San Lorenzo de El Escorial), ma in classifica chiude soltanto 17esimo.

Poi arriva il 2012, arriva la Freccia Vallone, arriva la tappa di Assisi e arriva la maglia rosa. «Andare alla Katusha è stata la scelta migliore che ho fatto da quando sono pro'», ha chiosato JRO. Ma questa Katusha non è un po' debole per tenere la rosa fino a Milano? «Per rispetto della maglia dobbiamo lavorare, non possiamo comportarci altrimenti. Certo che non ci danneremo l'anima e se andrà via una fuga di corridori che valuteremo non pericolosi per la classifica non staremo lì a tirarci il collo in pianura».

La tenuta sulle grandi salite e nella terza settimana è un punto interrogativo anche per lo stesso Purito, che ammette candidamente di essersi allenato molto quest'anno per migliorare sulle salite lunghe e che confida in questo lavoro effettuato per dimostrare che almeno il podio di Milano è alla sua portata.

La risposta sulle grandi salite però la dà al plurale («Abbiamo lavorato...», «Siamo stati...», «Sono sicuro che saremo davanti...») e a quel punto viene naturale chiedersi chi, oltre a Dani Moreno, potrebbe restare con lui sulle grandi salite: «Gli allenamenti specifici sono stati fatti con Moreno, con Losada e con Vicioso. Non siamo al livello di Lampre, Liquigas e Astana e sicuramente non ho un gregario come Szmyd, ma io penso che potremo difenderci egregiamente anche su una salita come lo Stelvio». C'è da fidarsi, anche perché alzi la mano chi ad inizio Giro - ma anche poco prima della tappa di Verona - avrebbe pensato che la Katusha avrebbe ottenuto quel magnifico 2° posto a soli 5" dagli specialisti della Garmin-Barracuda.

Un'ultima battuta la regala sull'Italia, dalla passione per lo sport a Valerio Piva, passando per l'emozione che gli ha dato la città di Assisi: «L'Italia e la Spagna sono grandi rivali, è vero, ma sono anche le due nazioni che, per cultura, sono ormai al vertice del ciclismo e gli ultimi Mondiali lo dimostrano. Valerio Piva è un bravo direttore sportivo, mi dà grande tranquillità e oggi mi ha consigliato di stare buono fino agli ultimi 200 metri, perché partendo prima potevo rischiare di piantarmi: stavo bene per muovermi da più lontano, ma non volevo rischiare di aver torto e non mi andava di prendere un nuovo rimprovero (ride). Assisi è una citta stupenda, non l'ho potuta ammirare arrivando in bici perché sono rimasto concentrato sulla ruota di Slagter, che era indemoniato, però per fortuna ho vinto, così nel trasferimento dall'arrivo alla sala stampa ho potuto ammirare questa città meravigliosa».

Città meravigliosa che, oggi, ha ammirato un meraviglioso ciclista e una nuova meravigliosa maglia rosa.

Mario Casaldi

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