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Giro d'Italia 2012: La giovane Italia studia tra i grandi - Felline, Nizzolo e Damiano Caruso ad un soffio dal colpaccio

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Da sinistra, Fabio Felline, Damiano Caruso, Ventoso e Giacomo Nizzolo © Bettiniphoto

Sapevamo che il finale di Frosinone poteva nascondere qualche insidia, anche se sinceramente al mattino lo sprint a ranghi compatti appariva ancora la soluzione più gettonata. Invece, avvicinandosi sempre più a velocità vertiginosa nel cuore della Ciociaria, di sorprese se ne sono viste eccome tra strappetti, rapide discese, curve insidiose che hanno reso il tutto nient'affatto banale. Così, mentre quel cagnaccio di Ventoso si candidava seriamente a divenire cittadino onorario della terra ciociara per aver replicato il successo ottenuto a Fiuggi un anno fa, mentre Pozzato, Goss e Cavendish finivano malamente a terra, ecco spuntare improvvisamente (oltre a Ventoso, of course) una bella ventata d'aria nuova, sapor di giovane Italia proprio nel giorno in cui la tappa, partita da San Giorgio del Sannio lambiva luoghi cruciali nel percorso dell'Unità (a circa metà tappa infatti il gruppo non è transitato molto lontano da Teano ad esempio).

Di Fabio Felline come possibile luminosissimo talento del ciclismo italiano si parla ormai da almeno di due stagioni, ovvero da quando, dopo un solo anno trascorso tra i dilettanti, Mauro Gianetti ne seppe fiutare le doti prendendolo con sè nella Footon-Servetto (suscitando anche più di una perplessità in ambito federale circa il tesseramento, che per un po' gli ha precluso la possibilità di vestire l'azzurro). Atleta completo, con un mix di fibre bianche e rosse che potremmo definire tra i più spettacolari, visto che il piemontese sa dire la sua in salita ed è dotato di uno spunto veloce rapidissimo. Dopo il fallimento del progetto Geox, la palla è passata a Gianni Savio, che ha deciso di prenderlo con sè nell'Androni per tentare l'ennesima scommessa che si preannuncia vincente. E che al momento è davvero sulla buona strada per esserlo: riscattando un 2011 non troppo brillante anche a causa di problemi fisici, quello sprint imperioso sul traguardo di Genova per vincere una corsa sempre in grado di fornire ottime indicazioni come il Giro dell'Appennino è stato il primo vero segnale di una ritrovata verve, nonchè il miglior modo di presentarsi al via del primo Giro d'Italia in carriera.

I più attenti però sapranno che non è la corsa rosa a tenere a battesimo il giovane talento torinese, bensì il suo esordio avvenne già a 19 anni al Tour de France 2010, facendo storcere il naso a molti che reputavano eccessivo il suo esordio in un grande giro così precoce (esperienza che si concluse, tra l'altro, dopo neppure dieci tappe anche per i postumi di una caduta). Ora i tempi sono un pochino più maturi e nella tradizionale Androni da battaglia per il Giro d'Italia un posto è stato tenuto ben caldo anche per lui. La bella prestazione in una tappa resa durissima dal caldo come quella di Porto Sant'Elpidio (terminata in top-15) è stata un primo segnale, Rocca di Cambio e Lago Laceno ci hanno invece poi detto che per far classifica un giorno ci sarà tutto il tempo di questo mondo.

Oggi però Fabio ha saputo entusiasmare ed entusiasmarsi, provando a lanciarsi come un ossesso già nel tratto in discesa a circa 5 km dal traguardo, dopo che si era improvvisamente accesa la miccia tra i big per merito di Joaquim Rodríguez. Troppo temerario un tentativo del genere con tutta la buona volontà, meglio attendere lo sprint finale, hai visto mai? E difatti, nella baraonda generale, Felline ha saputo rimanere in piedi (del resto il quarto posto nella corsa a punti mondiale ottenuto da juniores testimonia che il ragazzo anche su pista non è di certo passato inosservato), anche se costretto a partire da una posizione troppo arretrata. Con Ventoso andato via e vincente con una bici di vantaggio resta il dubbio su ciò che poteva essere e non è stato, anche se coi se ed i ma solitamente non è opportuno ragionare. Restano una piazza d'onore, i pugni sul manubrio di chi sa cos'è la determinazione nel volere fortemente un obiettivo ed il buon auspicio che il talento si forgia anche in queste giornate e chissà che prima di fine Giro il graffio non possa arrivar davvero, del resto le occasioni e i percorsi non mancano.

 

Da Herning sembrava invece essere partito con tutt'altre ambizioni Giacomo Nizzolo, milanese che insieme a Guardini aveva saputo fare fuoco e fiamme negli sprint a ranghi compatti disputati tra i dilettanti. Per lui, già capace di lasciare il segno in maglia Leopard TREK in Baviera lo scorso anno, una convocazione meritata sul campo al recente Giro di Romandia, con un sorprendente secondo posto nel prologo di Losanna ed una buonissima prestazione a Moutier in un finale per nulla banale, che mostravano un ragazzo in crescita di condizione e che forse, col tempo, non vuole per nulla rassegnarsi ad essere un semplice sprinter puro. La prima esperienza in un grande giro e la contemporanea presenza di Daniele Bennati in casa RadioShack invitavano però alla prudenza, al vivere ogni giornata faticando innanzitutto per la ragion di squadra più che per l'ambizione personale, poi, improvvisamente, il forfait dell'aretino nella frazione di ieri ha finito per cambiare le carte in tavola e promuoverlo così primo velocista.

Cosa c'era quindi di meglio di un finale complicato come quello di Frosinone per provare realmente a cercare quel valido confronto con le ruote veloci di grido di questa corsa rosa? Un'immagine bastava su tutte: vedere Nizzolo tra i 2 chilometri ed il triangolo rosso dell'ultimo chilometro messo benissimo alla ruota di Matthew Goss ci rende l'idea del sangue freddo nel gestire un momento topico e della determinazione nel cercare subito il piazzamento alla prima occasione utile. Il cascatone generatosi nell'ultima insidiosissima curva ha poi rappresentato l'occasione insperata, visto che il milanese è stato bravissimo a non farsi gabbare anche dalla traiettoria di Impey e di impostare la curva al meglio. In situazioni simili si sa che la smania, il vedere il traguardo avvicinarsi, il poter coronare incredibilmente il sogno di un primo successo rosa difficilmente sanno tener fermi e così, lanciando uno sprint molto lungo a 350 metri dal traguardo, Nizzolo ha inseguito il suo sogno, cercando di sprigionare quella potenza che tante volte aveva fatto la fortuna del team dilettantistico di Mirko Rossato. Uno sforzo notevole, di quelli che l'acido lattico a momenti ti schizza fuori dal cervello e che, se riuscito, può far gridare al capolavoro. C'è stato un Ventoso di troppo, un Felline che, come abbiamo già detto, rinveniva in forte rimonta ma almeno la soddisfazione del primo podio di tappa in un grande giro, ottenuto col proverbiale colpo di reni, è rimasta intatta e ci rimanda già al finale di dopodomani di Montecatini, dove qualcos'altro potrebbe succedere.

 

Colpo di reni che è stato fatale, per salire sul podio di giornata, invece a Damiano Caruso ma non si può di certo biasimare la condotta di gara fin qui tenuta dal siciliano, uno dei più brillanti uomini al servizio di Ivan Basso fin qui ammirati e deciso a parlare coi fatti dopo un difficilissimo inverno a livello di morale per via della paradossale vicenda che lo ha coinvolto e che gli è costata una squalifica di un anno che si era praticamente già consumata. Il rientro in gara alla Settimana Coppi&Bartali, dove già aveva saputo farsi vedere nelle posizioni d'avanguardia ed un paio di top-10 nelle settimane successive ci avevano restituito un atleta assolutamente valido ed impaziente di affrontare quelle tre settimane da disputare innanzitutto con la certezza di dover sputare l'anima per la causa di Basso.

I primi arrivi in quota di questo Giro però, ce l'hanno mostrato assai pimpante nelle prime posizione, al punto che dopo il sesto posto ottenuto a Lago Laceno, gli è arrivata in dote quella maglia bianca che ha fin qui cambiato spesso proprietario e che, inevitabilmente, senza perdere d'occhio le principali mansioni, diventa un praticabilissimo obiettivo almeno fino al termine della seconda settimana di questo Giro. E' altresì noto poi che Caruso, oltre ad essere buon scalatore, è dotato anche di un più che discreto spunto veloce e l'essersi trovato anche lui lì davanti, uscendo indenne ai 450 metri, rappresentava un'occasione molto ghiotta non solo per cercare un prestigioso piazzamento, quanto per cercare, raggranellando qualche secondo di abbuono, per incrementare il divario nella classifica della maglia bianca. Intento sfumato per pochissimo ma che sicuramente offre ulteriore morale al ragusano, alla vigilia di una tappa in cui, se dovesse avere via libera, potrebbe vederlo tra gli outsider più interessanti.

 

Last but not least gli ultimi chilometri alle porte di Frosinone ci hanno mostrato anche un pimpante Sonny Colbrelli, abile ad inserirsi alla ruota del belga della Lotto Gaetan Bille su uno dei dentelli che preannunciavano i fuochi d'artificio che di lì a poco si sarebbero visti. Un'azione per certi versi sorprendente ma dettata anche dal fatto che lo stesso Reverberi, dall'ammiraglia, aveva fatto intendere che vedere il bresciano di Casto all'opera nei chilometri conclusivi non sarebbe stato così strano ed anzi, in caso di defaillance di Modolo, lo sprint conclusivo lo avrebbe visto protagonista in prima persona. A vederla così l'azione può essere apparsa più come un tentativo di stoppare l'avversario più che un reale tentativo di avanscoperta ma quando ai due si è unito Joaquim Rodríguez (a cui stava aprendo la strada l'esperto Vicioso), ecco che improvvisamente il canovaccio ha rischiato di mutare in maniera netta.

Certo, nessuno probabilmente si sarebbe aspettato di vedere Purito in azione lì ma osservare la tenacia con cui Colbrelli ha cercato, seppur invano, di tenere la ruota dello scatenato spagnolo, è stata la dimostrazione di come il bresciano sia in crescita di condizione negli ultimi giorni, dopo che l'asfalto delle strade danesi gli aveva lasciato qualche segno non troppo piacevole ed avevano rappresentato forse il battesimo più severo per chi, debuttando al Giro d'Italia, vede indubbiamente indurire la propria scorza col passare dei giorni. L'impronta italiana dei Reverberi's boys  rappresentava fin da principio uno degli spunti più interessanti della corsa rosa ed il vedere aggiungersi altri nomi oltre all'atteso Modolo e a quel Pozzovivo che in salita non aspetta altro che saggiare ulteriormente i propri limiti, non può che rappresentare un bel motivo d'interesse per le prossime giornate.

 

Dopo un avvio di corsa marcatamente anglosassone, l'uno-due di Tiralongo e Pozzovivo ci hanno presto ricordato che il tricolore sventola eccome in questo Giro ed il vedere anche un bel po' di nuovo che avanza è la miglior ricetta per confinare al più possibile in un angolo quel pessimismo che l'internazionalità della corsa a volte sembra far sorgere. Ma quello, detto francamente, più che un qualcosa di scoraggiante, non può che essere il maggior stimolo ed il termometro ideale per fare un punto della situazione.

Vivian Ghianni

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