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Giro d'Italia 2012: Wild Horsens (Rolling Riders) - Ferrari butta giù Cavendish, vince Goss | Cicloweb

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Giro d'Italia 2012: Wild Horsens (Rolling Riders) - Ferrari butta giù Cavendish, vince Goss

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Matthew Goss si aggiudica la terza tappa del Giro © Bettiniphotodal nostro inviato

Si sa che nelle prime tappe di un grande giro uno degli obiettivi primari è di portare a casa la pellaccia, e si sa che tale obiettivo può essere dannatamente difficile, se si combinano alcuni particolari. Per la precisione, ne bastano due, di particolari: una volata affollata, e una mossa kamikaze di qualcuno. Entrambi i fattori si sono verificati a Horsens, a 200 metri dal traguardo di una tappa che si concludeva con un rettilineo infinito (lo scriviamo perché ieri, a Herning, qualcuno aveva detto che c'era una curva di troppo nel finale, e anche lì è stata caduta).

La volata affollata era un epilogo praticamente scontato, per una frazione, la terza del Giro, completamente piatta (trascuriamo dislivelli di qualche metro per evitare di causare troppe risate tra le batterie di pollame); la manovra azzardata l'ha proposta Roberto Ferrari, che pure è un ragazzo mite e che in un lampo - lo spazio di una "sterzata" - si ritrova messo all'indice come uno dei peggiori criminali della storia, dai tempi di Bonnie & Clyde.

La questione - la affrontiamo prima di descrivere il tutto nel dettaglio - è in ogni caso abbastanza basilare. In uno sport in cui si squalificano corridori con la stessa facilità con cui a Parigi cadevano le teste al tempo del Terrore, e li si squalifica per tutte le più strane e arcane motivazioni che regolamento umano possa immaginare, adducendo a ciò anche ragioni di sicurezza per la salute degli atleti stessi, è strano che certe manovre siano sanzionate in maniera così blanda.

Ferrari è un simpaticone e non abbiamo certo intenzione di metterlo all'indice, però casi come quello di oggi devono farci riflettere su quanto sia enorme la distanza tra l'essere declassati in una volata per aver buttato giù un avversario (e aver causato, a catena, la caduta di un'altra decina di colleghi), e l'essere squalificati un anno (o due) per aver adempiuto male alle regole sulla reperibilità (e non parliamo di positività all'antidoping!). Forse è il caso di ripensare un certo corpus sanzionatorio, che a noi pare tutto il contrario di quello che dovrebbe essere (secondo basilari considerazioni di buon senso).

E veniamo alla tappa: poco da dire, come da copione per questo tipo di giornate. 190 km percorsi con il primo pensiero, in mente, di far presto perché poi bisogna ripartire per l'Italia. Una fuga che ha preso le mosse al primo chilometro, con Balloni ancora sugli scudi (due fughe in due giorni, complimenti per la tenacia, oltre che per il secondo traguardo Gpm conquistato e per la maglia sempre più azzurra di migliore scalatore), stavolta all'attacco con Keizer, Hollenstein, Christensen, Mínguez e Navardauskas (già ottimo nella crono di Herning). I sei, proprio per il discorso di cui sopra (arriviamo presto e senza scherzi), non hanno mai avuto più di 3'30" di vantaggio su un gruppo che ha controllato a distanza, guidato come al solito dalla Sky.

Quando, nel penultimo giro del circuito di Horsens (ripetuto 3 volte), il gruppo era ormai a un tiro di schioppo dagli attaccanti, Christensen (che di nome fa Mads e che difende la maglia della Saxo Bank di Riis) ha allungato da solo, meritandosi sonori applausi e incitamenti dal pubblico di casa. Ripreso lui, è stato un altro danese, Bak (già al contrattacco ieri) a tentare la mossa a sorpresa, ma anche oggi non ha avuto fortuna, e si è dovuto arrendere al ritorno prepotente del plotone.

Non si può dire che ci sia stata una lotta tra treni, perché troppo poco sono durate le tirate delle varie squadre, in testa, e la stessa Sky non è stata esente da momenti di disunione. Ai 1200 metri è stata la Omega, con Maes, a forzare il ritmo, e una buona Saxo ha portato Haedo nelle posizioni di vertice, mentre gli italiani (Modolo con i Colnago, Guardini con i Farnese, i Liquigas con Sabatini) non è che facessero in modo da essere menzionati per il premio "volata dell'anno".

In questo traccheggiare, è stata la Orica a emergere prepotentemente, agli 800 metri, predisposta a lanciare Goss verso quel successo che in questo 2012 era fin qui sfuggito al vincitore della Sanremo 2011. E in effetti l'australiano dal nome di moto (Matthew Harley) ha preso un bell'abbrivio, ai 200 metri. Alle sue spalle, Haedo sfruttava a sua volta il discreto lavoro dei suoi, mentre Farrar provava a non sprecare la buona scia del compagno Rasmussen, e Hushovd faceva un po' da sé nel tentativo di guadagnare un posto al sole.

Nella concitazione del finale, mancava Cavendish, un po' troppo arretrato per essere uno chiamato a dominare un'altra volata. Roberto Ferrari, in quarta posizione e dietro ad Haedo (lo precedevano anche Goss e Farrar), ha visto a un certo punto un varco, ma più che un varco una vera e propria tangenziale, sulla destra. Il ragazzo viene da un'infinita serie di piazzamenti al Giro, paga un minimo di frustrazione per il fatto di doversi misurare con squadre fortissime allo sprint, e allora magari ci sta che in quel momento uno non ci veda più dalla fame (di vittoria), non capisca più niente, si lasci trascinare dalla trance agonistica.

Ferrari si è buttato nel varco, senza pensare che dietro c'era un gruppo intero, guidato da un Cavendish in fortissima rimonta. Ha scartato netto, si è proprio spostato in maniera inattesa, inconsulta, ingiustificata (tantopiù che aveva un più comodo varco a sinistra, anche se magari meno appariscente come quello di destra).

E nello spostarsi, con la ruota posteriore ha travolto l'anteriore di Mark, che è andato giù. Démare ha evitato per un millimetro la testa del britannico, Favilli l'ha proprio saltato con un balzo da circo, con tutta la bici; ma altri gli sono finiti addosso, carambolati giù, travolgenti e travolti a loro volta da chi veniva da ancor più dietro. In totale, giù sono andati, con (o su) Cavendish, Bonnet, Delage, De Negri, Kwiatkowski, Modolo e, di nuovo, Taylor Phinney, che poi è quello che ha avuto la peggio (anche se parliamo "solo" di trauma contusivo e ferita lacero-contusa alla regione tibio-tarsica destra, stando al bollettino medico).

Per tutti la neutralizzazione dei tempi (e quindi l'americano ha conservato la maglia rosa), ma per alcuni (Cavendish in particolare) tanta tanta rabbia, mentre si tagliava il traguardo bici in spalla. Goss, intanto, la volata l'aveva pur vinta, proprio davanti ad Haedo e Farrar, con Démare (grandissimi ultimi 100 metri, ripartendo quasi da fermo) accomodato al quarto posto, Renshaw al quinto, Thorone al sesto, Kristoff al settimo e Feillu all'ottavo.

Ferrari, bontà sua, senza pedalare (nell'impatto gli si era sganciato un pedale) ha chiuso al nono posto, prima di essere declassato al 192esimo. Il nono posto lo eredita Beppu, davanti a Guardini, alla prima top ten in una volata del Giro.

In classifica non cambia praticamente niente, Phinney conserva 9" su Thomas, 13" su Rasmussen e 15" su Boaro, mentre Goss, coi 20" di abbuono, risale fino all'ottavo posto (a 23" dalla maglia rosa), conquistando al contempo anche la maglia rossa della classifica a punti.

Finita la tappa, come detto, tutti in aereo per tornare in Italia. Domani si riposa, e mercoledì si riparte da Verona con una cronosquadre: e sarà già un altro Giro.

Marco Grassi

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