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Liegi-Bastogne-Liegi 2012: Sogno Nibali, sveglia Iglinskiy - Vincenzo ripreso e superato ai 1200 metri. Gasparotto terzo

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Maxim Iglinskiy si gode l'arrivo vittorioso nella Liegi-Bastogne-Liegi © Bettiniphoto

Questa fa male, ragazzi. Lo diciamo dal punto di vista suo, di Nibali Vincenzo da Messina, che stavolta il capolavoro lo stava per ultimara, ma gli è mancata solo una pennellata, quella finale, che avrebbe dato senso al tutto. E invece ancora sbuffare e rosicare, perché una vittoria a Liegi (ad Ans, d'accordo) l'avrebbe introdotto in una dimensione diversa (quelli del club GT+Monumento, che al momento ospita solo un Vinokourov e un Di Luca vicini all'addio, un Valverde tutto da re-identificare dopo lo stop, e un Cunego che è però qualche gradino più in giù del Cunego che completava la doppietta già nel 2004, a 23 anni), mentre la sconfitta, così come è maturata, inizia a configurare quasi un trend, per quanto riguarda il siciliano. Con saggia cautela, ci limitiamo, qui, a dire che i tempi non sono evidentemente ancora maturi.

Vincenzo ci è andato vicinissimo, a questa Liegi, a un certo punto sembrava che nulla e nessuno potesse impedirgli di alzare le braccia al traguardo. Ma dietro l'angolo c'era un epilogo drammatico, con Maxim Iglinskiy, corridore medio mai compiutamente (fin qui) cresciuto, che ha fatto il miracolo di una carriera, andando a recuperare tutto solo una trentina di secondi di svantaggio dal battistrada, raggiungendolo ai 1200 metri, e vincendo in maniera talmente netta, alla fine, da non ammettere repliche.

Una vittoria inattesa, quella del fresco 31enne kazako (compleanno festeggiato appena mercoledì scorso), e accompagnata dal podio di Gasparotto, a perfezionare una settimana davvero fantastica per l'Astana, prima già all'Amstel con l'italiano. Una Liegi abbastanza brutta fino a 20 km dal traguardo, resa bellissima dall'azione quasi-kamikaze di Nibali dalla Roche-aux-Faucons in poi, e sublimata dall'inseguimento di Iglinskiy, tenace e a sua volta meritevole di essere coronato dal successo.

A fronte di ciò, non si contano gli sconfitti di giornata, al termine della gara che ha chiuso la stagione delle grandi classiche e che ci lascia con un pieno di gente abbastanza delusa da questi primi mesi dell'anno. Valuteremo, analizzeremo, approfondiremo.

Cataldo e Bazzana, che bella fuga
Se l'inizio possiamo definirlo battagliato, il pre era stato addirittura pulp, con Igor Antón caduto e fratturato (alla clavicola) nel tratto di trasferimento prima della partenza. Per quasi 40 km nessuno è riuscito a fuggire dal gruppo, dopodiché è toccato a Dario Cataldo, con Simon Geschke e Kevin Ista, prendere il largo. Sui tre sono rientrati in un secondo momento (circa 15 km più avanti) Habeaux, Honig e Bazzana, a completare un sestetto che è arrivato ad avere oltre 12' di vantaggio sul plotone.

Il primo degli attaccanti a cedere è stato Geschke, ma per il semplice motivo che è caduto, all'imbocco della Côte de Stockeu, a 90 km dal traguardo. Sulla stessa salita, Samuel Sánchez ha rotto il cambio, confermando che la giornata della Euskaltel non si profilava come la migliore dell'anno.

Sulla Haute-Levée il gruppo ha iniziato a fermentare, e a tentare un contropiede si sono mossi Mori, Vicioso, Gautier e Jeandesboz, presto ripresi. Più fortuna hanno avuto Rolland, Kiryienka e Le Lay, partiti a 80 km dal traguardo e rientrati rapidamente sui battistrada. Vano invece un tentativo d'evasione di Bouet sulla Côte du Rosier.

L'accoppiata Maquisard&Mont-Theux ha stornato il drappello di testa da Habeaux, Honig e Ista, stanchi e staccati. Sicché gli unici fuggitivi originari a resistere col terzetto di Rolland sono stati proprio i due italiani, Cataldo e Bazzana.

Un tentativo abbastanza sprecato (tra i -45 e i -40) di Mads Christensen di portarsi dal gruppo alla fuga (sempre tenuta a tiro, a un minuto e mezzo, da Lotto e BMC), e ci si è potuti tuffare sull'attesissima Redoute.

Sulla Redoute inizia un'altra corsa
Voeckler l'ha presa proprio male, la Redoute: un problema meccanico l'ha bloccato proprio all'inizio della côte, mentre la GreenEDGE alzava il ritmo nel plotone, appena prima che, ai -36, Vicioso partisse all'attacco (in funzione di Joaquim Rodríguez), marcato a uomo da Alex Howes. Intanto in testa Bazzana finiva le energie per primo, e ai -35 anche Le Lay e Cataldo mollavano la presa, lasciando al comando i soli Rolland e Kiryienka.

I guai meccanici, tra i veri protagonisti della corsa, mietevano un'altra vittima: Valverde forava, trovando in Madrazo un amico dotato di preziosissima ruota da passare al capitano. Intanto Van Garderen, in testa al plotone già assottigliato, ha tenuto alto il ritmo preparando il terreno a un possibile attacco di Gilbert.

Dopo la Redoute, Cataldo è riuscito bravamente a rientrare sulla coppia di testa, e con Rolland e Kiryienka è rimasto al comando fino alla Roche-aux-Faucons. Nella quindicina di chilometri dopo la Redoute, sempre la BMC aveva tirato, tanto bene che addirittura Fränk Schleck si è staccato in pianura dal gruppo formato da meno di 40 unità.

A 20 km dalla fine, sulla penultima côte di giornata, è stato Nibali a guidare l'avanguardia del gruppo a chiudere sull'ultimo superstite del terzetto (Rolland). Al siciliano hanno risposto bene Vanendert, Gilbert e Kiserlovski, e in seconda battuta anche Cunego e Rodríguez, e Scarponi e Voeckler, con Sánchez un po' più indietro.

Nibali fantastico, ma...
Sul secondo tratto duro della Roche, Nibali ha lanciato un secondo forcing, e poi un terzo nella discesina successiva: Gilbert è stato il più convinto a inseguire sul capitano della Liquigas, ma quando - a 18 km dalla fine - il ricongiungimento sembrava lì a un passo, un momento di incertezza di troppo tra quelli dietro ha lasciato via libera a Vincenzo. Il momento è stato realmente inebriante: così come avvenuto al Lombardia 2011, tanto per fare un esempio particolarmente calzante, il vantaggio del siciliano è salito a dismisura in un tempo relativamente breve, mentre, alle spalle dello Squalo, Voeckler e Kiserlovski, Mollema e Iglinskiy, e poi ancora Moreno, Vanendert, JRO, Gasparotto, Gilbert facevano gruppetto per inseguire.

Più di tutti, dietro, ne aveva l'Astana, con ben tre uomini nelle posizioni di immediato rincalzo: prova tu che poi provo io, ai 16 km è partito Gasparotto, ma Moreno ha fatto un ottimo sforzo per chiudere, un chilometro dopo, favorendo così il suo capitano Rodríguez. La Katusha, come vedremo, era in effetti la seconda squadra, come forze in campo, del lotto. Con Gaspa e Moreno son rimasti per un po' Voeckler, Rodríguez appunto, Vanendert e uno Scarponi tornato brillante dopo il passaggio a vuoto trentino.

Su questo drappello, dopo la Roche sono riusciti a rientrare anche Gilbert, Sánchez, Nocentini, Hesjedal, Rolland, Daniel Martin e Mollema; non Cunego, alle prese con un problema alla catena nel ben mezzo della côte; non Valverde, disperso nelle retrovie (e poi squalificato, tra l'altro, coi compagni Madrazo, Lastras e Rojas, per un taglio di percorso). A 11 km dal traguardo, ecco che l'Astana, in spregio alle più elementari norme di buon ciclismo (ovvero, hai tre uomini, mettine due a tirare per il capitano designato), ha lanciato la sua punta Iglinskiy all'inseguimento quasi solitario (il solo JRO è uscito in caccia insieme al kazako).

In quel momento il vantaggio di Nibali era di una quarantina di secondi. Mancavano poco più di 10 km alla fine, dalle parti dello Stretto si iniziava a pregustare qualcosa di grosso, grossissimo. Se Nibali deve temere sul passo Rodríguez (figurarsi!) e l'incompiuto kazako, si può dormire tra 10 guanciali: troppo facile pensarlo, non così difficile venire smentiti di lì a poco.

Perché, quel che non doveva succedere (parliamo sempre del punto di vista di Vincenzo) è malauguratamente successo. L'azione del battistrada si è fatta via via più pesante, ha perso brillantezza ed efficacia, e la Côte de Saint-Nicolas, che doveva fungere da trampolino definitivo, si è trasformata in uno scialo tremendo: del mezzo minuto che Nibali conservava sulla coppia alle sue spalle prima della salita "degli italiani" (mai come in questo caso, l'appellativo risultò beffardo!), il margine rimasto in cima era diventato la miseria di 10". E non su una coppia, ma sul solo Maxim, visto che Joaquim era stato staccato dal collega lungo la salita (a 6 km dalla fine) e poi raggiunto e superato anche da Rolland (davvero ottimo!) e Dan Martin, che nel frattempo erano a loro volta emersi dal gruppetto, prima di venire nuovamente riassorbiti dopo la côte.

Gli ultimi 5 km, un palpitante testa a testa, un inseguimento individuale crudele da un lato ed esaltante dall'altro, perché di fronte alla delusione dell'amara sconfitta c'è sempre un contraltare di adrenalina buona, di conquista meritata, di valore da riconoscere. Riconosciamolo, sì, che il Saint-Nicolas di Igli è definibile solo in un modo, ovvero "perfetto". Il giusto preambolo alla finalizzazione inesorabile, a quel metro dopo metro rosicchiato ancora a Nibalino, sempre più indifeso nel suo indefesso pedalare e disperato, disperato perché lo sentiva, che da dietro arrivava quell'inatteso locomotore, e poi ha iniziato anche a vederlo, in quel voltarsi via via più insistito e desolato, quasi un'impotente ammissione: "più di così, non posso fare".

L'aggancio, ai 1200 metri, si è consumato troppo presto, se vogliamo pensare che Vincenzo avrebbe dovuto vincere, questa volta, e non scoppiare come già accaduto al Lombardia appena pochi mesi fa. Oppure troppo tardi, se prediligiamo l'approccio "tattico", e quindi tendiamo a pensare che il messinese avrebbe dovuto capire da un bel po' di che morte stava per morire, e allora rallentare, gestirsi, non finirsi nel tentativo di resistere, ma giocare d'astuzia, farsi riprendere dopo la côte, respirare, salvare la gamba, risparmiare qualche pedalata, per poi tentare un altro scatto in vista di Ans.

Invece in quell'aggancio, ma soprattutto nel rapido, conseguente, andarsene di Maxim tutto solo, sotto al triangolo rosso dell'ultimo chilometro, la misura dell'inevitabilità, quasi, di quell'epilogo. Come dire che Nibali è forte, è bravissimo, è coraggioso, ma non è ancora il grande che sarà. Lo sarà, sì, perché dài e dài alla fine ce la fai, e oggi è mancato davvero pochissimo, ma la prossima volta sarà buona, e se non la prossima quella dopo ancora.

Ciò che ci consola è il sapere che Vincenzo non chiude qui, l'ha detto lui stesso, ci riproverà, non si fermerà qui, è ancora sin troppo giovane da avere anni e anni di chance davanti a sé. Non una sconfitta, quindi, quella di oggi, ma una prova generale: sì, vogliamo vederla così.

Poi, francamente, «sarebbe stato meglio essere superato da un Gilbert», e in quest'atto di disarmante onestà è difficile non riconoscersi, perché poi a quanto pare il capitano della Liquigas ha quest'abilità tutta particolare di andare a pescare, per i suoi assalti, le giornate degli outsider (da Goss a Zaugg, da Gerrans a Iglinskiy... ne parliamo più diffusamente a margine). Iglinskiy, già: ricordato per essere stato una buona promessa, per aver vinto - giovane - un Camaiore, per essere tra gli stranieri che hanno avuto fin qui l'esclusiva della Strade Bianche, e per poco altro. Da oggi, per lui sì, inizia una nuova carriera, una carriera in cui è stato uno che ha vinto una Liegi. Basta per un'intera vita in sella. Ce n'è d'avanzo.

Il terzo di giornata, Gasparotto, ciliegina tutta Astana sulla corsa, a sua volta riscopertosi vincente o "podista" di peso (basta la sua ultima settimana per gettare tutta una luce nuova anche sulla sua, di carriera); poi Voeckler, quarto e giù dal podio (come al Tour, guardacaso), e vissuto all'ombra della strepitosa prestazione del giovane compagno Rolland (come al Tour, guardacaso); Daniel Martin e Mollema, nomi nuovi al quinto e al sesto posto; Samuel Sánchez, deludente ancorché sfortunello, al settimo; Scarponi ottavo, Hesjedal nono, Vanendert decimo, e poi Nocentini appena fuori dalla top ten ma sempre lì (davanti al citato Rolland).

Joaquim al 15esimo posto, Gilbert, tutto solo, al 16esimo, a quasi un minuto e mezzo da Iglinskiy. Cunego che, dal canto suo, non ha voluto sprintare per un 17esimo posto, e ha chiuso al 35esimo. Tante altre impressioni che, a guardare l'ordine d'arrivo, andrebbero messe per iscritto. Ma per ora possiamo chiuderla qui. Attendiamo ancora il ritorno di un sorriso tricolore in una Monumento (siamo a 19 consecutive senza vittoria). Verrà quel momento. Gasparotto domenica scorsa ha rotto il ghiaccio con le classiche tout-court; Nibali oggi ha sfiorato l'impresa. Il vento, forse, sta nuovamente cambiando, sta nuovamente diventando favorevole.

Marco Grassi

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