Freccia Vallone 2012: Rodríguez spiana il muro più ambito - Staccati Albasini, Gilbert e Vanendert. Nibali 8°, Ulissi 9°
- La Flèche Wallonne 2012
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- Euskaltel - Euskadi 2012
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- Lampre - ISD 2012
- Liquigas - Cannondale 2012
- Lotto Belisol Team 2012
- Movistar Team 2012
- Alejandro Valverde Belmonte
- Andy Schleck
- Anthony Roux
- Bauke Mollema
- Brice Feillu
- Christopher Horner
- Daniel Martin
- Daniel Moreno Fernández
- Diego Ulissi
- Dirk Bellemakers
- Dmitriy Fofonov
- Enrico Gasparotto
- Federico Canuti
- Fränk Schleck
- Giovanni Visconti
- Jelle Vanendert
- Joaquim Rodríguez Oliver
- José Joaquín Rojas Gil
- Jurgen Van den Broeck
- Lars Petter Nordhaug
- Laurens Ten Dam
- Laurent Didier
- Maciej Paterski
- Maxim Iglinskiy
- Michael Albasini
- Philippe Gilbert
- Rinaldo Nocentini
- Robert Kiserlovski
- Rui Alberto Faria da Costa
- Ryder Hesjedal
- Sander Armée
- Sjef De Wilde
- Tom Jelte Slagter
- Vasili Kiryienka
- Vincenzo Nibali
- Wouter Poels
- Yury Trofimov
- Ángel Vicioso Arcos
- Óscar Freire Gómez
- Uomini
Si può arrivare a quasi 33 anni prima di vincere la corsa per cui da una vita ci si sente predestinati? Evidentemente sì, chiedere per informazioni a Joaquim Rodríguez Oliver, professionista dal 2001, vincitore nel tempo di una moltitudine di gare su strappetti, ma arrivato a far sua la corsa simbolo di questo genere, la Freccia Vallone, solo al dodicesimo anno da pro'. Ciò rende meno bello il successo del catalano? Ovviamente no, semmai è il contrario, l'aver inseguito a lungo un traguardo fa sì che, una volta che lo si conquista, tutto sia più dolce di come sarebbe stato avendo tutto e subito.
Rodríguez è un corridore che negli anni ha lavorato tanto (a lungo è stato luogotenente di Valverde) prima di ritagliarsi uno status da vero capitano. È riuscito a entrare nella nuova dimensione da quando è approdato in Katusha, e non è un caso se già nel 2010 e nel 2011 sia arrivato molto vicino a imporsi a Huy. Ma prima Evans, poi Gilbert l'hanno preceduto, nelle citate edizioni. Stavolta invece tutto convergeva a che Purito finalmente s'imponesse nella seconda classica del trittico ardennese (domenica a Liegi la conclusione).
Evans e Sánchez nemmeno al via, Gilbert in netta crescita ma ancora lontano dai livelli di un anno fa, altri possibili avversari ancora acerbi in questo tipo di gare (Vanendert, Mollema, Daniel Martin, Kiserlovski, per citarne alcuni arrivatigli vicini oggi), o giù di corda (Valverde, Schleck, lo stesso Nibali). E lui, Rodríguez, che ha sì deluso domenica all'Amstel, ma forse tenendo inconsciamente da parte tutte le energie possibili per sprigionarle oggi, nella tanto desiderata Flèche, per centrare il primo successo in una classica in carriera.
Dalla fuga Roux-Bellemakers all'azzardo di Andy
Dopo uno scoppiettante avvio in cui la fuga da lontano ha faticato parecchio a mettersi in moto, solo al km 55 sono riusciti a prendere il largo due uomini: Anthony Roux della FDJ e Dirk Bellemakers della Landbouwkrediet. Il tiratardi Sjef De Wilde ha provato più avanti ad accodarsi, ma senza riuscirci; l'ancor più tiratardi Sander Armée è uscito in caccia addirittura 40 km dopo, e anche lui, più che rimanere a bagnomaria per 55 km, non ha ottenuto.
Intanto i due battistrada macinavano ma senza avere chissà quale via libera: vantaggio massimo di 4'45" per loro, e Lotto e Katusha impegnate dietro a un controllo spietato. Una situazione di gara di facilissima lettura, vista la sua sovrapponibilità a quello che accade spesso nelle tappe da volata, con il gruppo che (quasi sempre) calcola in maniera precisa il momento in cui, a pochi chilometri dal traguardo, rinvenire sui fuggitivi. E in effetti, come già visto all'Amstel, abbiamo un'ennesima riconferma del fatto che un traguardo posto su un durissimo muro di fatto congela la corsa, e succede poco di rilevante prima della fatidica rampa d'arrivo.
Non sono tuttavia mancati, oggi, corridori che abbiano provato a smarcarsi da questa logica. Il primo tra i big a muoversi, a 43 km dalla fine, è stato Andy Schleck (alla prima vera esibizione di sé in questo 2012). Lanciato da una trenata del compagno Didier, il lussemburghese è rimasto al vento per 10 km, portandosi appresso i non collaborativi Trofimov (uscito dal gruppo nel ruolo di stopper a beneficio di JRO) e Fofonov (mandato da Gasparotto e soci a monitorare la situazione).
Un azzardo da parte di un corridore che si sentiva battuto sul Muro di Huy? In parte sì, in parte è facile leggere in filigrana una sgambata da "prove generali" in chiave Liegi. Vedremo. Fatto sta che, una volta ripreso ai piedi di Huy (per il secondo dei tre passaggi previsti, a 31 km dal traguardo), Andy si è accucciato in una posizione invisibile e lì è rimasto fino a fine gara.
Sul Muro, nell'occasione, è stata la Liquigas a fare l'andatura con Paterski e Canuti, mentre Horner davanti a Poels è transitato in testa al gruppo, a 39" da Bellemakers e Roux, ormai nel mirino.
Le manovre dei Movistar, il classicissimo finale
Dopo Huy, prima Ten Dam (marcato ad Freire), poi Iglinskiy (con Rojas sulla coda) hanno tentato degli allunghi non troppo convinti. È toccato quindi alla Movistar movimentare la corsa: in favore di Valverde, pensavamo prima di scoprire che il murciano avrebbe chiuso la corsa appena in 46esima posizione. In ogni caso, Rui Costa è stato il primo degli uomini di Unzué ad attaccare, a 28 km dal traguardo, con Trofimov e Brice Feillu pronti ad agganciarlo.
Quindi, ai 26 km, è stata la volta di Visconti: il campione nazionale italiano si è avvantaggiato col danese Slagter, ma senza riuscire a prendere effettivamente un buon margine (15" il massimo raggiunto mentre dietro le solite Lotto e Katusha lavoravano per annullare il gap). Di fatto il siciliano ha fatto appena in tempo a riprendere i due fuggitivi del mattino, sulla Côte d'Amay (a -15), che subito dopo si è visto raggiungere dal plotone parzialmente selezionato (e dal quale mancava anche Fränk Schleck, che aveva appena forato).
Col gruppo nuovamente compatto, si è mosso il terzo Movistar, Kiryienka, partito agli 11 km ma stoppato da Vicioso (ancora ottimo gioco di squadra dei Katusha). Sulla penultima côte di giornata, a Villers-le-Bouillet, ancora Iglinskiy ha tentato di evadere, ma più interessante è stato il contropiede condotto da Hesjedal e Nordhaug.
Il canadese e il norvegese sono rimasti al vento praticamente fino a Huy, guadagnando 12" ma appassendo vistosamente appena iniziato il Muro finale (e sì che Nordhaug ha anche abbozzato un mezzo forcing).
Nel frattempo chi spadroneggiava in gruppo era ancora e sempre la Katusha, con Moreno nel ruolo di ultimatore dell'inseguimento. La trenata di Dani ha preparato il terreno per lo scatto di Rodríguez, il quale si è mosso subito dopo la celebre S, a 500 metri dal traguardo, ed è parso immediatamente imprendibile o quasi.
Vanendert ha provato a rispondere in qualche modo, così Gilbert, ma il più efficace nella reazione è stato Albasini, che ha guidato gli immediati inseguitori fino al traguardo, dove infatti è transitato al secondo posto a 4" da un Rodríguez che era già in piedo tripudio. Terzo Gilbert, quarto Vanendert, poi Kiserlovski un po' più indietro, e ancora più staccati (a 9" dal vincitore) Daniel Martin, Mollema, Nibali (che sulle prime era rimasto con Albasini, Gilbert e Vanendert) e un Diego Ulissi che centra il primo risultato di rilievo in una grande classica.
Van den Broeck ha chiuso la top ten davanti a Gasparotto e Nocentini, che confermano l'alto livello delle loro prestazioni in questo scorcio di stagione (per il friulano vincitore domenica possiamo parlare di livello altissimo).