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L'intervista: A Barbie Girl in a Cobble World - Barbara Guarischi e la stagione del rilancio

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Barbara Guarischi in un momento di relax - Foto da FacebookCapelli biondi, taglio molto corto, sbarazzino. Barbara Guarischi è una ribelle solo nell'estetica perché poi, quando parla, esibisce una maturità che va ben oltre i suoi 22 anni. Non solo velocista, nelle ultime due stagioni, per un motivo o per l'altro, non ha espresso tutte le sue potenzialità. Alla Michela Fanini, nel 2010, era troppo acerba mentre nel 2011 si è messa al servizio dell'iridata Giorgia Bronzini tra le fila della Forno d'Asolo-Colavita. Quest'anno riparte dalla Top Girls, con una squadra giovane e la tranquillità che il team di Lucio Rigato sa conferire ad un'atleta. Perché Barbara è sì giovane, ma ha fretta di capire se potrà diventare più forte, «altrimenti fuori dal ciclismo c'è un altro mondo, con ben altri stipendi», dice. Come darle torto. Saprà trovare la giusta dimensione, la ciclista lecchese?

Per la prima volta da quando sei élite sarai il punto di riferimento di una squadra.
«Quest'anno la Top Girls ha molte giovani, io e poche altre, come Elena Berlato e Jennifer Fiori, avremo il compito di far loro da chiocce. La scelta di venire alla Top Girls, forse economicamente non all'altezza di altre che mi erano state proposte, mi dà la sicurezza di poter capire quanto valgo veramente».

Nelle due stagioni scorse sei maturata. In cosa?
«Innanzitutto fisicamente. Me ne rendo conto adesso, raccolgo i frutti del lavoro svolto negli anni passati ma dal punto di vista fisico sono cresciuta parecchio. E poi correndo con Giorgia Bronzini lo scorso anno ho imparato molto».

Ad esempio?
«A buttarmi in una volata, a lanciare Giorgia (Bronzini, n.d.r.) a dovere. Lei mi diceva "portami là davanti", ed io sprintavo finché non l'avevo portata nella posizione più avanzata possibile. Un lavoro duro, anche perché dopo succedeva che dovessi disputare il mio sprint. Indubbiamente ciò mi ha fatto crescere sia tatticamente che fisicamente».

Com'è stata l'esperienza nella squadra di Franco Chirio?
«Sono andata via dalla Forno d'Asolo molto felice, molto soddisfatta della stagione corsa lì. È vero, non ho avuto grossi acuti ma spesso si doveva lavorare per Giorgia. Inoltre la Forno d'Asolo era una grande squadra. Tutti dicevano che avendo anche il nucleo statunitense, con le atlete Colavita, eravamo due squadre distinte. Nei fatti siamo sempre state unite ed abbiamo lottato per una sola causa».

Dal 2012 in Top Girls sarai la prima punta per le volate, una situazione nuova per te.
«Sì e no. Avrò la responsabilità di far risultato, è vero, ma in fondo anche l'anno scorso provavo a dire la mia dopo aver svolto il lavoro per Giorgia. Qui ci saranno tante giovani da far crescere e se tutto va come deve andare sarà una bella sfida. Altrimenti mi sono data un limite, perché al di fuori del ciclismo femminile c'è un altro mondo con ben altri stipendi».

Qual è il limite che ti sei data?
«Diciamo che se entro due anni sarò ancora a questo livello, o comunque non noterò alcuna crescita in me, penserò a qualche altra soluzione»

Nel malaugurato caso, hai già delle idee?
«Mi piacerebbe molto aprire una palestra. Adoro l'esercizio fisico, infatti quando bisogna svolgere la preparazione invernale sono sempre la più felice tra le mie compagne. Altrimenti, come soluzione molto alla buona, non sarebbe male aprire un agriturismo con i miei genitori. Naturalmente spero di continuare ancora un po' con il ciclismo».

Corri anche su pista ma quest'inverno non sei stata convocata per la Coppa del Mondo.
«È vero, quest'inverno non ho corso nessuna gara di Coppa del Mondo. Nelle convocazioni si è preferito seguire un criterio che teneva conto più dei punteggi e di questo prendo atto. Per il futuro mi piacerebbe continuare, ma è complicato. Mi spiego: se la pista dev'essere un allenamento supplementare per le gare su strada va benissimo. Viceversa, non è così semplice allenarsi per le gare in pista, poi correre nel weekend su strada, quindi disputare una Coppa del Mondo. Si rischia di preparare troppe attività e non nella maniera corretta. Allora è meglio una ma fatta bene».

A novembre hai preso parte all'incontro con l'A.C.C.P.I. Come vedi la situazione del ciclismo femminile?
«La questione è semplice. Se il femminile in Italia vuole continuare ad andare avanti si devono creare due, massimo tre squadre, non di più. Un paio di team di livello sarebbero la soluzione migliore, invece si tendono ad allestire molte squadre dal valore tecnico discutibile. Basterebbe che Diadora e MCipollini, ad esempio, inglobassero altre realtà minori e di certo ne gioverebbero tutti».

È anche vero che la Top Girls di Lucio Rigato non è poi un colosso.
«È verissimo. Lucio dovrebbe unirsi ad una di quelle squadre citate prima. Logicamente lui, come molti altri, non potrebbe tenere tutte le ragazze in organico, ma questo succede in ogni fusione. La Top Girls ad oggi ha il pregio di essere come una grande famiglia: ti fa crescere, ti lascia tranquilla, devi solo pensare a pedalare e ad allenarti nella maniera giusta. Il budget attuale di Lucio, come di tante altre piccole realtà, non permette però di allestire ogni anno una squadra davvero competitiva e questo è l'altro lato della medaglia. Ripeto, o il ciclismo femminile avrà solo due squadre italiane davvero competitive e serie o non si faranno molti progressi. Non c'è molta scelta».

A proposito di scelte, come hai iniziato a correre in bicicletta?
«Da piccola ho praticato un po' tutti gli sport. Basket, nuoto, calcio. Soprattutto calcio. Una sera ero con mio padre, allenatore di una squadra, ed attorno al campetto dove si giocava c'erano dei bimbi che giravano in bicicletta. Gli dissi che volevo correre come loro. E nonostante le sue preoccupazioni per uno sport che è pericoloso, specie per una 12enne, iniziai con il ciclismo».

La prima vittoria, la ricordi?
«Sinceramente no. Quand'ero piccola correvo con gli amici ma era più un divertimento che una competizione. In séguito, invece, non ho vinto moltissimo perché c'era Federica Primavera - ora nella squadra di Franco Chirio - che mi precedeva ogni domenica. Era un po' la mia bestia nera ed io finivo sempre seconda».

Tornando al presente, i tuoi obiettivi stagionali? Potrai finalmente testarti al Nord.
«Le gare del Nord sono quelle che amo. Il vento, il pavé, la tecnica necessaria per stare davanti le rendono affascinanti. Ne ho già corse tre in Belgio, di rodaggio. Le altre tre in Olanda invece le conoscevo già. Lì la gamba girava molto bene, sono entrata sempre nei ventagli principali. Sfortuna ha voluto che ci abbiano ripreso a dieci chilometri dal traguardo ad ogni corsa. Alla Novilon Eurocup sono anche caduta agli 800 metri, mi hanno messo dei punti nel gomito. Adesso pedalo bene ed a Cittiglio ho avuto la riprova della bontà del lavoro svolto in inverno. Al Fiandre sarà difficile: il gruppo è sempre agguerrito ed il percorso davvero duro. Proverò a far bene al GP de Dottignies, dove nel 2010 mi piazzai decima».

Altre corse su cui hai puntato?
«Chiaramente ambisco a migliorarmi al Giro d'Italia. Non dico ottenere una vittoria, ci sono velociste come Teutenberg e Wild che sono quasi inavvicinabili, però dei bei piazzamenti credo siano alla mia portata. Vedremo che tipo di Giro d'Italia verrà disegnato».

Per chiudere, una curiosità: come passi il tempo libero? 
«Mi piace stare molto in casa, sul divano a non far niente ed a rilassarmi, specie dopo un duro allenamento. Un'altra mia passione, chiamiamola così, è lo shopping. Mia mamma è disperata, ogni volta che torno a casa porto qualche abito nuovo, oppure un paio di scarpe. Finirà che un giorno o l'altro butterà me fuori di casa per far posto a tutto quello che ho nell'armadio...»

Francesco Sulas

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