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La lettera: «Caro McQuaid, ora tocca a lei» - L'olandese Marijn De Vries scrive all'UCI per il bene del ciclismo femminile

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La ciclista dell'AA Drink, Marijn De Vries © sleen.nu

Caro sig. Pat McQuaid,

lei è abbastanza triste al momento a causa di tutti i casi di doping nel ciclismo maschile. Lo capisco. Anche se spero che nonostante tutti i problemi vorrà trovare il tempo per leggere questo mio sfogo sincero.

Il fatto che lei non possa disporre uno stipendio minimo garantito per le cicliste e che si arrabbi se qualcuno glielo urla in faccia, non mi sembra insensato. Non è la persona incaricata a distribuire i soldi tra le squadre. Non può obbligare i nostri datori di lavoro a pagarci di più. D'altra parte i nostri manager vorrebbero pagarci di più, di questo ne sono convinta, ma non hanno abbastanza denaro per farlo.

Allora facciamo un passo indietro. Da dove arrivano i soldi del ciclismo? Attraverso gli sponsor e dando loro l'opportunità di ottenere pubblicità per i loro prodotti. E questo è il punto. Le ragazze che comprano una bici da corsa e pedalano nel weekend sono sempre di più, ma non vi è quasi nessuna copertura delle gare femminili da parte dei media. Questo non invoglia gli sponsor ad investire nel ciclismo.

È frustrante che i media dedichino così poca attenzione al ciclismo femminile ma dare a loro tutta la colpa è un po' troppo facile. Perché uno sport dovrebbe mostrare immagini di corridori sconosciuti in corse sconosciute? Gli spettatori vogliono essere coinvolti, ma ciò è impossibile se non c'è la minima idea di cosa si stia guardando.

Però vedo che un piccolo cambiamento sta arrivando. Corse che sono nel calendario maschile, come l'Omloop Het Nieuwsblad, la Freccia Vallone e soprattutto il Giro delle Fiandre, mettono anche le donne in evidenza. Seppure l'attenzione sia minima, noi abbiamo un po' di spazio nella televisione nazionale e questo aumenta ogni anno. Questo ha senso perché ogni appassionato conosce quelle gare. E può essere divertente ed emozionante vedere un gruppo di ragazze scalare il Muro di Huy o attraversare il pavé di Paddestraat. È facile anche per i media perché loro sono già sul posto con tutto l'equipaggiamento; così dovrebbe essere abbastanza semplice riprendere e trasmettere le immagini delle donne.

Ed è qui che lei può aiutarci. Lei è la persona che può dire agli organizzatori di proporre anche una gara femminile. E se non lo fanno può semplicemente togliergli la licenza UCI. Certo, ci sarebbe bisogno di più tempo e di più denaro ma sarebbero solo briciole se paragonate a quanto bisogna investire per organizzare una corsa solo per uomini. Tutto sommato, una versione femminile delle gare più importanti dovrebbe essere abbastanza facile da creare.

Per di più, c'è stato un tempo in cui Leontien van Moorsel e Jeannie Longo battagliavano una contro l'altra sulle pendici dell'Alpe d'Huez durante il Tour de France femminile. C'è stato un tempo in cui Debby Mansveld vinceva l'Amstel Gold Race e in cui Mirjam Melchers trionfava alla Milano-Sanremo. È possibile! Meglio ancora, le grandi corse storiche erano già là per noi donne. Dove sono finite? Perché sono state cancellate? Come è possibile che adesso noi pedaliamo sullo stesso percorso, più o meno, dell'Amstel Gold Race ma in un giorno e in periodo completamente diverso dai professionisti?

Se si considera che il ciclismo femminile è migliorato e più professionale rispetto all'epoca di Van Moorsel, Longo, Mansveld e Melchers, questo è ancora più degno di nota. Questo sport è maturo, il livello è più elevato. Tuttavia solo le atlete di vertice guadagnano abbastanza per vivere con le corse, anche se non si può dire che sia tanto. Noi, le gregarie sconosciute delle grandi squadre, dobbiamo lavorare duro per rimanere a galla. Dobbiamo lavorare vicino alle gare o chiedere l'aiuto dei nostri genitori, dei nostri mariti. Per fare un paragone, per arrivare a guadagnare lo stipendio che Bauke Mollema riceve in un mese noi dobbiamo gareggiare per cinque anni.

Questo non ci porterà molto lontano. Possiamo essere professionali, come siamo, lavorare sodo per raggiungere i nostri obiettivi ma alla fine per portare il nostro sport più avanti tutto dipende dai soldi. Il ciclismo femminile non ha l'immagine o la grande storia di quello maschile. Ma noi possiamo iniziare a costruire quell'immagine e creare quella storia, se cominciassimo a disputare le corse, famose o meno, che sono nel calendario maschile. Le telecamere delle tv e i giornalisti sono già là e sarebbe molto facile sia per i media che per il pubblico.

Nelle Fiandre lo hanno capito e hanno introdotto anche la Gand-Wevelgem nel nostro calendario. Ma non tutti gli organizzatori sono così ben disposti come nelle Fiandre. Se lo fossero, la Primavera Rosa o l'Amstel Gold Race non sarebbero state cancellate. E i tempi sono cambiati, ora tutte noi siamo su Twitter, Facebook e su Internet. La gente ci segue ma fa fatica a vederci gareggiare.

Noi non ci dobbiamo aspettare nulla dai ben noti organizzatori delle gare, nonostante ci siano alcune eccezioni. Quindi è arrivato il momento in cui l'UCI deve prendere dei provvedimenti che sono in suo potere e deve chiedere che ogni corsa abbia anche la sua versione femminile. Non c'è bisogno di dire che ne saremmo felici ed estremamente entusiaste. Tocca a lei, sig. McQuaid.

Grazie per il suo tempo.

Marijn de Vries

Traduzione inglese-italiano: Sebastiano Cipriani / Cicloweb.it

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