Tour de France 2011: Cunego, è rinato un corridore - La cura Damiani dietro agli ultimi risultati
È inutile nascondersi dietro a un dito, oltre a Voeckler che resiste più (sui Pirenei) o meno (oggi) brillantemente in maglia gialla, il personaggio sorprendente di questo Tour de France è Damiano Cunego. Dopo le ultime stagioni del veronese, l'ultima cosa che ci aspettavamo era di rivederlo al livello dei più forti di una Grande Boucle, in maniera costante per l'intera durata della corsa.
Il Cunego pre 2008 era un corridore che - al di là del Giro vinto nel 2004, perla mai più eguagliata della sua carriera - in qualche modo resisteva nei quartieri alti delle classifiche, anche se evidenziando un rendimento sempre inferiore alle attese (fattore, questo, influenzato anche del suo precoce successo nella corsa rosa, ciò va riconosciuto). 11esimo (e maglia bianca) al Tour, quarto e quinto al Giro, insomma una presenza comunque evidente tra i primi o addirittura i primissimi.
Poi l'involuzione, dopo il Giro del 2007 abbiamo dovuto aspettare quello del 2009 per vedere il veronese portare a termine un GT; ma, senza entrare nel dettaglio, possiamo dire che fino a oggi, fino a questo Tour de France, Cunego non era più considerabile corridore che potesse far classifica in un grande giro. Una visione che lui stesso non ha fatto nulla per smentire, nemmeno quando - alla Vuelta del 2009, per dire - ha vinto due tappe ma ha abbandonato la corsa proprio perché non interessato, evidentemente, a curare la generale.
Ora che davamo per assodato che Damiano si fosse orientato alle grandi classiche (la Liegi, più che altro, visto che il Lombardia l'ha già vinto 3 volte), ecco la sorpresona di questo Tour, anticipata da un bel Giro di Svizzera chiuso dal veronese al secondo posto dietro a Leipheimer. Cunego non rimbalza su ogni salita come avveniva negli anni scorsi, in alcuni momenti è anche più fresco e reattivo di altri avversari, e anche se gli manca la stoccata vincente, il suo ritorno a questi livelli va salutato comunque con moderata soddisfazione.
Il punto nodale di cui si discute di questi tempi è se Damiano faccia bene ad accontentarsi di un settimo-ottavo posto in classifica, o se non sia piuttosto il caso di mollare la generale per aver spazio nelle fughe e cercare i successi di tappa. La questione è che Cunego viene proprio da un approccio di quel tipo, approccio che però, al di là delle due citate vittorie in terra di Spagna, non gli ha portato grossa fortuna.
Quest'anno la stagione del veronese è stata preparata col supporto di Roberto Damiani, nuovo tecnico della Lampre che deve per forza aver avuto un ruolo nella nuova metamorfosi del corridore di Cerro. Immaginiamo che, trovandosi per le mani un atleta ormai maturo fisicamente, ma che ancora non sa bene che tipo di ciclista è (o vuol essere), il direttore sportivo abbia puntato su ciò che più poteva dare i maggiori risultati, al fine di ricostruire la fiducia in se stesso del ragazzo.
Poteva dirgli: «Fai così e vincerai la Liegi», o «fai cosà e porti a casa tre tappe al Tour»? Avendo a che fare con un atleta che ha evidentemente perso lo spunto veloce o lo scatto secco, doti che, seppur esibite a sprazzi, ne hanno fatto un vincente in passato, può essere che Damiani si sia indirizzato piuttosto sul curare la regolarità e il recupero (altra buona dote di Damiano), affinché Cunego potesse dimostrare a se stesso di valere ancora i quartieri alti delle classifiche dei grandi giri. Giusta quindi anche la decisione di aver iniziato proprio dal Tour, dalla corsa più difficile (con maggiore competizione, diciamo), nonché lontana dalle pressioni che potevano gravare sul capo del veronese al Giro.
Quindi, già oggi a 4 giorni dalla fine della Grande Boucle, possiamo dire che, nel momento in cui Cunego ha scavalcato Basso in classifica (ovvero il rivale più sentito come tale, e quello che aveva incentrato la stagione sul Tour per centrare almeno un podio, oltre ovviamente a quello dei due che più era adatto alla corsa francese), la scommessa della nuova Lampre di Damiani è stata vinta. Cunego ricava dalla trasferta d'oltralpe un carico di autostima che non gli sarebbe giunto se anche avesse vinto due o tre tappe (perché lasciato andare in quanto non in classifica, in quanto quindi corridore non importante per la lotta ai massimi livelli).
Cunego è un atleta che ha ancora diversi anni davanti a sé, e non è impensabile che, se tutto va come deve, possa vivere ancora, in mezzo a un tot di buone stagioni, almeno un'annata da grande protagonista (che significa vincere un altro GT, per esempio; o almeno l'agognata Liegi, o un Mondiale, insieme a qualche altra classica e semiclassica), il che significherebbe che il suo palmarès diventerebbe tra quelli di maggior nota tra i corridori attualmente in attività. Per perseguire questa prospettiva, si deve ripartire da un atleta fisicamente integro (e Cunego lo è) e psicologicamente sicuro dei propri mezzi (e, al di là delle dichiarazioni di facciata, Damiano fino a pochi mesi fa non lo era).
Seguiremo con interesse le prossime fasi della carriera del veronese, con la convinzione che la strada (ancora lunga: resta da lavorare anche sul fatto che Cunego stecchi puntualmente quando è molto atteso) intrapresa con Damiani sia quella giusta, quella che possa riportare il corridore - dopo questa che resta comunque una stagione di transizione - fuori dall'ignavia che ne ha caratterizzato le stagioni scorse. Con buona pace (e somma gioia) dei suoi tanti tifosi.