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GiroDonne 2011: Acclamiamo la Regina - Marianne Vos vince un fantastico Giro. Crono finale a Teutenberg | Cicloweb

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GiroDonne 2011: Acclamiamo la Regina - Marianne Vos vince un fantastico Giro. Crono finale a Teutenberg

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Sarah Düster, passista di mestiere, corre nella Nederland Bloeit della maglia rosa Marianne Vos e si aggira per il villaggio di partenza con una corona che fa molto donna hawaiana. Uno dei tanti regali che le compagne le hanno fatto, in quanto la forte tedesca nasceva il 10 luglio di ventinove anni fa, alla vigilia della finale di Coppa del Mondo di calcio, Italia - Germania, in cui gli azzurri ebbero la meglio. Oggi in Italia, precisamente a San Francesco al Campo, Torino, è anche Sarah a trionfare. Lei insieme alle sue compagne, loro grazie a Marianne Vos.

La fuoriclasse olandese non fa sua anche la cronometro conclusiva come poteva essere lecito aspettarsi ma si piazza terza. Il distacco dalla vincitrice di giornata, Ina-Yoko Teutenberg, tedesca come la Duster, matura sui sedici chilometri ed a causa di una foratura. Senza quest'inconveniente avrebbe probabilmente vinto la sua sesta tappa al GiroDonne 2011 ed avremmo contato più di metà frazioni portate a casa dalla Vos.

Marianne è una cannibale gentile e lascia alle altre le briciole, pur vantando il cinquanta per cento dei successi di tappa nel Giro e vestendo maglia rosa, verde e ciclamino. Per la bianca è troppo anziana, la ventiquattrenne olandese, mentre per l'azzurra dovrebbe acquisire la cittadinanza italiana. Questo è quanto ed è tanto.

Un trionfo costruito nella stagione invernale, con un drastico cambio di preparazione rispeyto agli altri anni in vista delle grandi corse a tappe, delle salite più lunghe, e del GiroDonne, soprattutto. Pur senza tralasciare le gare in linea perché «io ero, sono e resterò un corridore da gare di un giorno. Al Giro c'erano dieci tappe, l'ho affrontate come dieci singole gare. In squadra abbiamo corso tutte bene, gli errori esistono, l'importante è non commetterne».

E Marianne, di errori, non ne ha commessi. Ha studiato il Giro, per lei un campo di battaglia e un parco divertimenti, solo sulla carta, «informandomi sul percorso grazie ad Internet, alle altimetrie e via dicendo. Ma le tappe non le ho visionate di persona». Distrugge psiche e fisico delle avversarie, sa quando attaccare e quando tenere a bada i cavalli del suo prezioso motore. Ha imparato a correre meglio, un po' meno istinto quand'è ininfluente, molta più intelligenza, che in una corsa a tappe di dieci giorni serve in ogni momento.

La tappa decisiva è quella del Mortirolo, dove una Marianne Vos che non ti aspetti (o che non credi di poter ancora osservare) attacca: tutti si aspettavano una sua corsa in difesa sulle montagne, a pararsi dalle rasoiate di Emma Pooley e Mara Abbott. Ha ferito di fioretto, affondato di spada e deciso il Giro proprio sulle Alpi, Marianne.

Della tappa odierna c'è ben poco da dire. La crono di sedici chilometri attorno a San Francesco al Campo, paesino a fianco dell'Aeroporto di Caselle, rappresenta poco più che una passerella per le atlete spossate dopo giorni di salite tremende e lancia in volo, in orbita, la maglia rosa. Marianne Vos saltella, ride, scherza prima della partenza. Poi si riscalda e la concentrazione sale a livelli esponenziali.

Si presenta alla partenza tutta vestita di rosa e con addosso massima tensione. Martella l'esile gamba («ma guarda che muscoli ben definiti», dice osservandola Paolo Savoldelli) per terra come martella sui pedali. Di fronte ha Emma Pooley, rispettatissima atleta ma pur sempre rivale. La guarda con occhi di sfida, di timore, anche, come se le due fossero separate da secondi, non da minuti. Quando Marianne parte pesta sui pedali come se il gap lo dovesse recuperare lei, non la Pooley. Vuole vincere anche oggi, niente da aggiungere.

In testa s'è portata intanto Ina-Yoko Teutenberg, che ha corso quasta cronometro vallonata ed in alcuni tratti tecnica come fosse una lunga volata. Well done, Ina. Emma Johansson vuol suffragare i buoni piazzamenti dei giorni scorsi con la ciliegina sulla torta; all'intertempo è la più veloce, al traguardo sarà seconda per 12". Pooley non fa male e paga ancora 28" alla Vos, piazzandosi sesta. Judith Arndt, come nelle previsioni, si issa al quarto posto e respinge di forza il ritorno della nostra Tatiana Guderzo, decima di giornata e quarta nella generale.

Tra le italiane ottima Elena Berlato, miglior giovane ma un pizzico dispiaciuta per essere uscita dalla top ten. Ha tempo e modo per migliorarsi, la giovane sclevense («Devo credere di più in me stessa, i margini di miglioramento ci sono sempre», dice sotto gli occhi felici di Lucio Rigato).

Emma Johansson, in virtù della bella prestazione odierna, balza dal nono al settimo posto mentre il diesel Tatiana Antoshina passa dal sesto al quinto sfruttando le doti di fondo e l'abilità nelle prove contro il tempo. Quando Marianne Vos, che chiude in terza posizione a 15" dalla Teutenberg (vogliamo pensare di cosa saremmo parlando senza la foratura di Marianne?), giunge sul traguardo, salta uno dei molti dissuasori di velocità presenti sul percorso e così scarica la tensione.

Una vittoria finale non scontata. Molti pensavano che Marianne non avrebbe retto il ritmo delle scalatrici sulle Alpi, invece è stata lei ad imporre l'andatura, dai muri attorno a Fermo al Mortirolo sino a Ceresole Reale, attaccandosi alla ruota della Pooley e scattandole nei denti, quando e se necessario. Umilia con il sorriso di chi è la più forte al Mondo.

Non solo nel ciclismo femminile né nel ciclismo in genere; un'atleta che corre ininterrottamente da Gennaio ed ottiene il peggior risultato di stagione a Pescocostanzo (decima, perdoniamola) è difficile, se non impossibile, da trovare. Marianne fa apparire semplice ciò che per le altre è stancante, sfibrante, snervante. Lei lo fa con naturalezza, con istinto, a volte, spesso con la testa. Esalta le folle ed un movimento femminile che grazie a lei potrà nuovamente decollare, o almeno questi sono gli auspici.

Il ciclismo ha trovato la sua Regina. Viene dall'Olanda ed ha un cognome breve come il respiro che ti lascia ammirandola, una classe che a soli ventiquattro anni è già ben definita ed un rispetto che tutte, compagne di squadra e non, le portano. Si chiamano "esempi", Marianne lo è come persona e come sportiva. Come sintetizza il cartello direzionale, una freccia nera su campo rosa, che Sarah Düster ruba dal percorso di gara: «Marianne Vos, you are the best». Come si potrebbe argomentare il contrario?

Francesco Sulas

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