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Giro di Svizzera 2011: Delusione all'ultimo metro! - Cunego sconfitto da Leipheimer per 4". Crono a Cancellara

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Levi Leipheimer e Damiano Cunego si abbracciano sul podio dopo lo splendido duello al Tour de Suisse © Bettiniphoto

«Sorry». Così Leipheimer si giustifica con Cunego dopo la crono finale che ha deciso il Tour de Suisse. Ci credeva, Levi, se l'aspettava, Damiano. Quasi due minuti sul trentottenne della RadioShack non erano sufficienti al veronese della Lampre-ISD per considerare il Tour de Suisse una pratica archiviata con successo. Mancava la cronometro, 32 km attorno a Schaffhouse, tutti a favore dello statunitense, almeno sulla carta. Nella pratica, pure.

La sconfitta arriva per bocca del cronometro, come sempre; soli 4" separano Cunego da Leipheimer. Uno scatto in più qua, un abbuono mancato là, inutile pensarci adesso. Sconfitta dal sapore duplice. È amara, perché senza la cronometro Cunego sarebbe stato il primo italiano a vincere il Tour de Suisse dopo dodici anni, dopo il 1999 di Francesco Casagrande. Non porta a casa la maglia gialla per quei maledetti quattro secondi, non ne fa un dramma, si complimenta con l'avversario.

L'altro lato della medaglia ci riporta un Damiano Cunego in grado di lottare sui grandi traguardi, contro i grandi corridori. Non più il ragazzo smarrito, il corridore da zero tituli del 2010. Andrà al Tour, in cerca di una maglia gialla ben più famosa ed ambita di quella indossata oggi, con la consapevolezza di poter lottare con i più forti.

«È un peccato essere arrivati così vicini alla vittoria, lascia l'amaro bocca - dichiarerà a fine gara Roberto Damiani, ds della Lampre-ISD. Però ho rivisto un Cunego fortissimo in salita. C'è da lavorare ancora a cronometro. Questa sconfitta è dura da digerire ma ci permette di avvicinarci ai prossimi appuntamenti con grande serenità».

La gioia di Grindelwald, dove avevamo ritrovato un Cunego in gran forma, si contrappone alla tristezza di questa sconfitta. Leipheimer era lì, quatto quatto, proprio come quando pedala sulla sua bici da crono, le mani unite, quasi in preghiera, la testa ad appoggiarsi sugli avanbracci, a formare un tutt'uno, a sfidare l'aria nemica. Per tutto il Tour de Suisse ha aspettato questa prova contro il tempo; mai ha portato fuori il naso dal gruppo, mai uno scatto né un azzardo. Cunego ed il suo staff sapevano quanto i RadioShack - e Leipheimer in particolare - sarebbero stati forti a crono. Ciò che ha potuto fare per distanziarlo il più possibile Cunego l'ha fatto. Al bravo Levi il Tour de Suisse, a Cunego il sincero «Sorry» dello statunitense.

La frazione va a Cancellara, risultato forse quasi scontato quando si tratta di cronometro. È dietro al campione elvetico che si studia come potrà filare la gara, sia per Levi che per Damiano. Quando Nelson Oliveira, che porta i colori della RadioShack, si piazza secondo a 27" da Cancellara l'Italia storce il naso. Con Klöden - altro RadioShack - che impiega meno di tutti per giungere ai due intertempi, dissolvendosi soltanto nel finale (concluderà pur sempre secondo a 9" dal diretto di Berna), la serenità in casa Lampre viene offuscata da nuvole rossonere. RadioShack, non Milan, comunque fior di campioni.

Parte Leipheimer, quindi uno svogliato Frank Schleck che perde tempo e podio, dunque il secondo in classifica, Steven Kruijswijk. Van Garderen fa segnare il secondo miglior tempo al primo intermedio ma è costretto a cambiar bici; l'ammiraglia gli consegna una specialissima da strada, non da crono. Addio sogni di gloria, Tejay.

Si lancia Cunego, la gialla che lui vuol difendere con i denti è insidiata dal buon tempo di Leipheimer al primo rilevamento: 11'22" contro l'11'50" che farà segnare il veronese. Sono passati solo 8,3 km. Non è una crono piatta, una crono che non darebbe speranze a Damiano, no. È vallonata, con una salita di 4 km nel mezzo.

Bisogna saper cambiare il ritmo nel modo giusto, rilanciare molto spesso, averne, soprattutto. Leipheimer ne ha e fa tutto alla perfezione, la pedalata agile, non agilissima. Tanto basterà. Cunego dà di spalle, china il capo, mantiene una cadenza di pedalata lenta. Non importa, qui conta il tempo. Il secondo intermedio è ancor più spietato del primo: Leipheimer stacca un 31'08", Cunego un 32'34". Ora Damiano deve difendere soli 33" in classifica e l'ultima parte del percorso è favorevole al rivale.

Leipheimer sembra non spingere a fondo, ma è solo un'apparenza; sul traguardo non va lontano da Cancellara e si piazza terzo a 13" dal Campione del mondo contro il tempo. Arriva Kruijswijk, che salva il terzo gradino del podio dall'assalto di un ottimo Jakob Fuglsang grazie a 8". Manca solo Damiano e gli ultimi chilometri del veronese non fanno presagire il meglio. Fatica, china ancora il capo, non trova la posizione corretta in sella né il giusto ritmo.

Il finale è uno sprint, Cunego ricorda quando, in tempi non troppo lontani, le volate ristrette le vinceva. Si alza sui pedali, sbanda un po' in princìpio, quindi lancia il suo sprint. A fianco, idealmente, c'è Levi. Cunego sa che deve superarlo ma i secondi passano inesorabili. Con un 43'13" salverebbe la leadership e la maglia ma il cronometro mostra un amaro 43'17" (39esimo di tappa a 2'16" da Cancellara). Quattro secondi di troppo, quattro secondi che scuciscono una maglia gialla proprio all'ultima tappa. Una beffa in piena regola, degna delle scuse di Leipheimer.

La scena è simile a quella del Tour de Suisse 2004 quando Ullrich, anche allora nella crono finale, scalzò Fabian Jeker dal primo posto per un solo un secondo. Si correva a Lugano, laddove la corsa ha preso il via quest'anno. Strane coincidenze spazio-temporali. Le lacrime dello svizzero Jeker, consapevole che un'occasione simile mai gli sarebbe più capitata in carriera, ci sono passate davanti agli occhi nel pomeriggio di oggi.

Cunego ha tempo e modo di rifarsi, non è a fine carriera come Fabian Jeker, anzi. Voleva vincere per dimostrare che era tornato un uomo da corse a tappe, forse financo da GT, che non era più il Cunego a metà tra le Grandi Classiche ed i GT. Vincere il Tour de Suisse sarebbe stata un'iniezione di fiducia in vista di nuovi orizzonti, a partire dal Tour, da cui Damiano si aspetta molto. Non avrebbe però spostato l'opinione che Cunego è da tempo un corridore da brevi corse a tappe e soprattutto da corse in linea. Non sarebbe stato un Tour de Suisse in più a farci cambiare idea.

Ci si aspettava una crono corsa per difendere la maglia con i denti, si è assistito ad una crono corsa al massimo delle possibilità del Cunego odierno. Chi vince le corse a tappe ed i GT solitamente - a meno di casi particolari - è forte in salita, in discesa e sul passo. Damiano se la cava egregiamente nei primi due esercizi, a crono proprio non è competitivo e forse mai lo è stato.

Un peccato per l'Italia, che ha un corridore dal potenziale più che buono ma che pecca in un esercizio importante come la cronometro. Un peccato per Cunego, che alla soglia dei trent'anni difficilmente potrà limare molto a cronometro e, di riflesso, giocarsi tante corse cui prenderà parte. Dalle sconfitte, specie se brucianti, spesso si traggono gli insegnamenti migliori per l'avvenire.

L'avvenire immediato di Cunego fa di nome "Tour de France"; ci si attende una più che buona prestazione dal veronese che, vincendo questo Tour de Suisse, avrebbe corso più sereno, più consapevole dei propri mezzi. Poteva arrivare alla Grande Boucle con la maglia gialla in bacheca, partirà dalla Vandea con tanta voglia di rivincita ed un «Sorry» nella testa. Firmato Levi Leipheimer.

Francesco Sulas

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