Giro d'Italia 2011: E infine Scarponi la spuntò su Nibali - Bravissimi Gatto, Ferrari & C.
Dovevano essere i 26 chilometri della cronometro conclusiva di Milano a decidere a chi spettasse quella piazza d'onore che al cospetto di un fuoriclasse come Contador vale veramente tanto. Qualcuno magari già pregustava quella suspence tipica delle ultime prove contro il tempo che più di una volta erano state in grado di ribaltare la situazione. Questa volta no: Michele Scarponi secondo era e secondo e rimasto al termine dell'ultima giornata, Nibali invece, proprio come un anno fa, si accomoda (questa volta da capitano unico) sul terzo gradino del podio.
Data ormai per chiusa già da un pò la lotta per il successo finale (e già sull'Etna si era capito che per spodestare Contador sarebbe servito l'imponderabile), il duello senza dubbio più equilibrato era quello per la seconda posizione. I favori del pronostico erano naturalmente tutti per Nibali, che in un solo caso (nella crono conclusiva della Tirreno-Adriatico) negli ultimi mesi era stato superato dal rivale diretto (per l'inezia di appena 3") in una prova contro il tempo. Ben più difficile, ma non impossibile, appariva però in questa situazione la rimonta nei confronti del corridore marchigiano, forte di 56" di vantaggio sul messinese che costituivano una buona garanzia alla vigilia dell'ultima prova. Un margine questo certamente imparagonabile al misero secondo di vantaggio che Scarponi potè vantare su Nibali 12 mesi fa nella più mossa, altimetricamente parlando (ma più breve nel chilometraggio), cronometro finale di Verona, in cui i 12" patiti al traguardo gli costarono il terzo posto e quindi il podio. Un posto tra i primi tre che questa volta non poteva sfuggire all'aquila di Filottrano, bravo tra l'altro a rispondere subito allo squalo dello Stretto che a Macugnaga aveva ridotto il gap a 34" (13" quelli conquistati grazie all'abbuono sul traguardo in quota piemontese), rifilandone 22" a sua volta all'alfiere della Liquigas in una giornata in cui la condotta tattica del messinese (l'aver messo a tirare in salita di Szmyd e Salerno sul Finestre nonostante la condizione meno brillante del rivale, che puntualmente l'ha staccato su quella e nella successiva salita) si è rivelata determinante per far sì che il discorso secondo posto si chiudesse già con una giornata d'anticipo. Nelle giornate precedenti qualcuno già storceva il naso di fronte al nuovo taglio di percorso (l'accorciamento di 5 chilometri della cronometro per motivi di ordine pubblico), cosa che in teoria sarebbe andata tutta a vantaggio di Scarponi ma obiettivamente sarebbe stato difficile rimontare quasi un minuto di gap, considerando anche che il confronto tra Scarponi e Nibali su distanze non elevate si è sempre misurato nell'ordine della decina di secondi. Così è stato anche in questa occasione: 10" di vantaggio per Nibali al primo intermedio, 14" nel secondo, infine di nuovo 10" sul traguardo. Sarebbe servito onestamente un miracolo e così Scarponi può comunque festeggiare una seconda piazza che se da un lato può amareggiare per esser divenuta molto presto il reale obiettivo da raggiungere nel corso del Giro (il fuorigiri sull'Etna qualche contraccolpo a livello psicologico l'ha lasciato), dall'altro può comunque ripagare il marchigiano non solo col fatto di esser finalmente riuscito a salire finalmente sul podio di un grande giro, dove era atteso da un pò ma è stata anche una dimostrazione di tenacia nell'esser riuscito a conservare una condizione di forma tale per raggiungere l'obiettivo nonostante sia "a tutta" già da un pezzo: i piazzamenti e le vittorie ottenute già in febbraio a cominciare dalla Classica Sarda per poi passare a Tirreno-Adriatico,Milano-Sanremo e Giro del Trentino ne sono un'eloquente dimostrazione ed ora per Scarponi può finalmente giungere un periodo di meritato riposo in attesa del finale di stagione.
Nella ricerca di corridori vecchia maniera, di quelli che, come si soleva dire un tempo, vanno forte da febbraio a settembre non si può comunque non fare un plauso allo stesso Nibali: anche per lui le prestazioni convincenti sono arrivate abbastanza presto (anche se non come nell'anno passato in cui seppe vincere già al San Luis in gennaio) e i piazzamenti ottenuti a Milano-Sanremo e Liegi-Bastogne-Liegi sono stati significativi. Il terzo posto ottenuto al Giro gli regala il terzo podio consecutivo tra Giro e Vuelta e già qualcuno si fa solleticare dall'idea del messinese che tira dritto e va si sobbarca anche l'ulteriore gravoso sforzo di condurre un Tour de France ad alti livelli. Ipotesi suggestiva, lo ammettiamo, che sarebbe proprio l'ideale confutazione della tesi del corridore per tutte le stagioni ma che tuttavia non può non farci porre qualche domanda: andrebbe mai Nibali ad affrontare il Tour de France con una condizione non all'altezza di quella che un simile appuntamento presuppone? E soprattutto: andrebbe mai questo Nibali al Tour de France sapendo di dover far da gregario, per giunta con una Vuelta vinta ed un podio al Giro riconfermato, ad un Ivan Basso che sulla Grande Boucle ci ha puntato tutta la stagione? Difficile poterlo pensare, anche se del "diman non v'è certezza". Più concretamente i prossimi obiettivi di Nibali si chiamano campionato italiano, da correre tra l'altro per la prima volta sulle strade della sua Sicilia, e Vuelta di Spagna, da correre col numero 1 sulla schiena ed in cui provare a ripetere il risultato di un anno fa (dove, appunto, lo stacco arrivò dopo un Giro concluso in terza posizione e la successiva rinuncia al Tour de France)
L'ultima giornata di Giro 2011 però ci permette di fare un'ulteriore riflessione: quella sui velocisti e sulle occasioni avute a disposizione. Aveva inevitabilmente fatto parecchio discutere la scelta di molti protagonisti degli arrivi a ranghi compatti (Cavendish e Petacchi su tutti) di abbandonare anzitempo la carovana all'indomani dell'arrivo di Ravenna in quanto ultima occasione a propria disposizione. Ne è sorta quindi la giusta questione se non sia auspicabile in futuro la presenza fissa di almeno una tappa dedicata ai velocisti nella terza settimana di gara (che sia la consueta kermesse a cui si assisteva fino a pochi anni fa o una tappa che va a spezzare il monologo dei signori della montagna è solo un dettaglio). Quello, o meglio quelli su cui non si è soffermati a dovere sono però tutti quei velocisti che hanno scelto di tener duro, di non scegliere la via più comoda del ritiro anticipato (spesso fatto in funzione di una preparazione del Tour de France, dove anche la classifica a punti finisce sempre per avere un peso maggiore in quanto a prestigio) ed hanno scelto quella masochistica e meravigliosa perversione che li ha portati a sfidare il tempo massimo quasi ogni giorno. Partiamo da Oscar Gatto: definirlo un semplice velocista attualmente è riduttivo ma dopo aver ampiamente fatto svoltare in positivo il proprio Giro con la stoccata capolavoro di Tropea, ha continuato la sua corsa con la soddisfazione e la determinazione di chi non si è sentito appagato ed ha portato a termine la sua gara con relativa tranquillità. I tempi del "Gatto nero" che veleggiava all'ultimo posto sperando in un gruppo che non andasse forte abbastanza per mandarlo a casa sembrano essere ormai lontani e da quest'ultima edizione ne esce un corridore che può decisamente allargare i suoi orizzonti e pensare concretamente anche ad una prospettiva azzurra. Bravo è stato anche il suo compagno di squadra Elia Favilli, l'altra ruota veloce proposta dalla Farnese, che alla sua prima corsa rosa (essendo anche uno dei più giovani al via) è riuscito a giungere fino in fondo. E pazienza se la simpatica lotta per la maglia nera, che l'ha visto coinvolto, alla fine ha visto prevalere l'olandese Van Emden.
E' stato però anche il Giro che ha visto più di una volta protagonista negli arrivi allo sprint anche Roberto Ferrari: per il bresciano numerosi piazzamenti (terzo nell'insidioso arrivo di Fiuggi, poi tre quarti e un quinto posto) che ne hanno confermato i progressi delle ultime stagioni e che posso far guardare con ottimismo al futuro. A 28 anni compiuti per l'atleta dell'Androni sembra giunta l'ora della maturità e la buona tenuta anche su percorsi in cui i velocisti puri sono tagliati fuori (il già citato podio di giornata di Fiuggi è emblematico in questo senso) possono far sì che nella corsa rosa egli possa trovare nelle prossime stagioni un fertile terreno di caccia. L'aver poi concluso un Giro così duro ed in una squadra totalmente votata all'attacco nelle tappe più impegnative è un'ulteriore nota di merito a suo favore. Bresciano è anche Claudio Corioni, anche lui riuscito a giungere fino a Milano: per l'atleta dell'Acqua&Sapone, apripista designato di Danilo Napolitano, nessun acuto ma la soddisfazione di aver saputo tener duro fino in fondo. Così come Alberto Ongarato, che conclude ancora una volta dignitosamente la corsa a tappe nostrana.
Gli applausi non si limitano però ai soli corridori nostrani: segnaliamo con piacere che questo Giro l'hanno finito tra gli altri anche Alexander Kristoff, una delle più recenti promesse del ciclismo norvegese, velocista designato di una giovane BMC che nel suo personale bagaglio della corsa rosa ha racchiuso un convincente quarto posto a Tropea, oltre ad un paio di altri piazzamenti; Russell Downing, esperto atleta della Sky, che negli sprint ha lasciato la scena ad Appollonio ma che il vero senso del suo Giro l'ha dato nella tappa di Macugnaga quando, nonostante due cadute (nella prima era addirittura finito nel mezzo della vegetazione di un bosco), è riuscito stoicamente a concludere dentro il tempo massimo; Alex Rasmussen, uno dei maggiori talenti del ciclismo danese per quel che concerne la pista (in cui è già stato pluriiridato) e che probabilmente in un'altra formazione le volate avrebbe potuto farle in proprio. Dopo aver lavorato molto per Cavendish si è trascinato anche lui con immane fatica fino a Milano e solo una foratura galeotta nell'ultimo chilometro di questo Giro 2011 gli ha impedito di conquistare un meritato successo proprio nell'ultima occasione, premiando così la sua scelta di restare in gara.
Eroici, temerari, guerrieri. Chiamateli come volete. Perché chi sa arrivare fino in fondo ha già vinto a prescindere.