Tour of California 2011: California Dream Shack - Una corsa dominata dagli uomini di Bruyneel
In queste ultime settimane tutte le nostre attenzioni sono concentrate sul Giro d'Italia ma questo giorno di riposo ci permette di fare il punto sul Tour of California che s'è concluso proprio ieri sera: una corsa che, onestamente, non ha detto molto dal punto di vista tecnico (cinque statunitensi nelle prime cinque posizioni) ma che tuttavia ha avuto diversi aspetti interessanti.
Nel nostro resoconto, ovviamente, non possiamo non partire dal Team RadioShack visto che la formazione americana s'è dimostrata di gran lunga la più forte in gara frutto, forse, anche di una preparazione mirata: il rendimento in salita di tutti biancorossi, infatti, è stato assolutamente superlativo. Il protagonista principale è stato il quasi 40enne Chris Horner a cui è bastata una sola salita per ipotecare il successo finale: sull'arrivo di Sierra Road, infatti, s'è messo in testa a scandire il ritmo per Levi Leipheimer a 5 km dall'arrivo e l'abbiamo ritrovato poi solo al traguardo con addirittura 1'15" di vantaggio sul secondo classificato, un certo Andy Schleck che s'è visto molto più attivo di quanto non ci aspettassimo in una corsa che non era né il Tour de France, né le classiche delle Ardenne.
Dopo quest'incredibile vittoria Horner ha anche avuto modo di togliersi qualche sassolino dalle scarpe lanciando una frecciatina agli organizzatori che non lo avevano invitato alla conferenza stampa di presentazione della corsa: «Eccetto Contador nessuno può staccarmi adesso» ha dichiarato dopo la tappa confermando di aver raggiunto lo stato di forma "migliore della vita". Dopo l'ultima tappa poi, Chris ha rilanciato ancora parlando dei suoi prossimi obiettivi e dicendo che punterà ad arrivare al 100% della condizione al Tour de France per puntare ad una posizioni nei primi cinque della generale, se non addirittura sul podio finale: a 39 anni e 9 mesi sarebbe un risultato clamoroso per un corridore che finora ha un decimo posto (proprio al Tour dell'anno scorso) come miglio piazzamento in un grande giro. In passato di maturazioni tardive dei corridori ne abbiamo viste tante anche perché, per fortuna, il fisico e la testa non sono uguali per tutti e ci sono anche stati molti corridori andare fortissimo in età avanzata (Poulidor a 40 anni compiuti è arrivato sul podio del Tour ma lui ci era già salito altre sette volte in precedenza) ma niente di paragonabile alla storia di Horner.
In casa RadioShack, però, non c'è solo Horner perché secondo nella classifica generale è arrivato Leipheimer staccato di 38": vivendo in California, Levi sente molto questa corsa e in sei edizioni ha conquistato tre vittorie (consecutive dal 2007 al 2009), un secondo posto, un terzo e un sesto; i suoi successi, però, sono arrivati tutti quando la gara si disputava ancora nel mese di febbraio. Lungo la salita di Sierra Road Leipheimer era rimasto solo in testa assieme a Horner prima di cedere al ritmo indiavolato del compagno, ma ha trovato il modo di rifarsi vincendo il secondo arrivo in salita, quello di Mount Baldy con un arrivo in parata proprio assieme a Chris. Proprio la tappa di Mount Baldy, per parlare sempre della RadioShack, ci ha messo in mostra anche le qualità di Matthew Busche: il ragazzo ha 26 anni e ha iniziato con il ciclismo solo nel 2008 (al college era fortissimo nella corsa campestre) ma quando s'è messo a tirare su quella salita alla sua ruota sono rimasti solamente i due compagni di squadra; un ragazzo da seguire perché può avere notevoli margini di miglioramento ma già ora va bene su tutti i terreni come dimostra il terzo posto al Giro di Danimarca del 2010.
Per quanto riguarda le volate, invece, non devono sorprendere le vittorie di Gregory Henderson e Matthew Goss mentre sono splendide conferme quelle di Peter Sagan e Ben Swift: il primo ha fulminato tutti in uno sprint al termine di una tappa lunga e tirata, il secondo invece è giunto al suo quinto successo stagionale, più di quanti ne avesse ottenuti nei primi due anni da professionista segno che sta facendo un bel salto di qualità e che nelle prossime stagione potrebbe diventare un interprete importante degli sprint. Nella tradizionale cronometro di Solvang invece c'è stata la vittoria di David Zabriskie, la seconda dopo quella ottenuta in Romandia: il forte passista della Garmin (che piazza anche Danielson sul podio finale), forse, ha smesso di inseguire improbabili miglioramenti in salita per concentrarsi su ciò che sa fare meglio e che gli ha dato più soddisfazioni in carriera. Un nome che invece merita spazio pur non essendo riuscito a vincere alcuna tappa è l'australiano Leigh Howard, classe '89 e anche lui con grandi potenzialità negli arrivi a ranghi compatti: ha svolto perfettamente la funzione di ultimo uomo per Matthew Goss ma quando è stato chiamato in causa in prima persona s'è reso protagonista di una volata splendida, di ben 300 metri e con il solo Peter Sagan che è riuscito ad uscire dalla sua scia; se dopo Greipel la HTC Highroad perderà anche uno tra Cavendish e Goss l'alternativa è già bella pronta e non dovranno andare lontani per trovarla.
L'ultimo commento lo facciamo sul percorso della corsa che sta migliorando di anno in anno: quest'anno con il doppio arrivo in salita e la cronometro si è forse raggiunto un equilibrio perfetto e peccato solo che non si sia disputata la prima tappa. Dietro alla decisione dell'organizzazione di spostare la data da febbraio a maggio c'era proprio la possibilità di inserire nel tracciato località in quota e per questo 2011 avevano deciso di far esordire proprio il Lake Tahoe a 1900 metri sul livello del mare con un paesaggio quasi unico: una fitta nevicata ha fatto saltare la prima tappa e costretto ad accorciare la seconda. Bella anche la novità del Mount Baldy, salita inedita per il Tour of California: anche la risposta del pubblico locale ha promosso gli organizzatori anche se, con un atteggiamento tipico stanutitense, si sono visti accanto ai corridori i personaggi più strani possibili travestiti come se fosse Carnevale, dal papa a improbabili atleti di sumo passando per i classici giocatori di football con corna e bandierone; nessuno dei corridori pare si sia lamentato del comportamento dei tifosi e questo è sicuramente un ottimo segno.