Freccia Vallone 2011: Gilbert si avvicina al Paradiso - Vince a Huy e lancia la sfida per Liegi. Secondo JRO
- LIÈGE - BASTOGNE - LIÈGE 2011
- La Flèche Wallonne 2011
- Lampre - ISD 2011
- Leopard Trek 2011
- Omega Pharma - Lotto 2011
- Saxo Bank SunGard 2011
- Sky ProCycling 2011
- Alberto Contador Velasco
- Alexandr Kolobnev
- Alexandre Vinokourov
- Andy Schleck
- Christophe Le Mével
- Damiano Cunego
- Daniel Moreno Fernández
- Enrico Gasparotto
- Fabian Wegmann
- Fränk Schleck
- Gorka Verdugo Marcotegui
- Igor Antón Hernández
- Ivan Basso
- Jelle Vanendert
- Joaquim Rodríguez Oliver
- Jérôme Pineau
- Maciej Paterski
- Marco Marcato
- Matti Helminen
- Maxime Vantomme
- Michael Albasini
- Michal Golas
- Paul Martens
- Philippe Gilbert
- Preben Van Hecke
- Rinaldo Nocentini
- Samuel Sánchez González
- Tejay Van Garderen
- Thomas Lövkvist
- Vasili Kiryienka
- Uomini
Potremmo dire che quando vince quasi non fa più notizia, ma non sarebbe vero né giusto nei suoi confronti. Perché, malgrado il moltiplicarsi dei suoi successi importanti, Philippe Gilbert dà sempre l'impressione di essere un treno in corsa che avrà ancora tanta strada da percorrere.
Tanto per cominciare, dovrà coprire il tratto di percorso che separa la Freccia Vallone da lui vinta splendidamente oggi, dalla Liegi-Bastogne-Liegi: e non parliamo ovviamente della geografia delle Ardenne (in quel caso la distanza sarebbe breve...), ma dello spazio ideale che divide il corridore della Omega Pharma dalla definitiva consacrazione.
Intendiamoci, il salto di qualità Gilbert l'ha già compiuto, da un paio d'anni e mezzo diciamo, cioè da quando ha iniziato ad apporre il proprio nome in calce ad albi d'oro sempre più prestigiosi: due Parigi-Tours, due Giri di Lombardia, due Amstel Gold Race da fine 2008 a ieri. Oggi aggiunge anche la Freccia Vallone, che ancora gli mancava; e oltre a ciò, non si contano i piazzamenti importanti (nello stesso periodo preso in esame, un terzo posto a Sanremo, Liegi e Gand, due al Fiandre), né si contano le gare in cui, pur finendo giù dal podio, è stato protagonista (i Mondiali di Geelong e l'ultimo Fiandre, per restare agli ultimi casi lampanti).
Insomma, stiamo parlando di un corridore ormai maturo e pronto per imporsi in una gara che gli darebbe la laurea di grandissimo per le corse in linea di questo inizio secolo: sia essa la Liegi di domenica o piuttosto il Mondiale di settembre, Gilbert ha quasi l'obbligo di cogliere un successo di tale peso (sfuggitegli quest'anno Sanremo e Ronde) per non lasciare ancora per una stagione un certo senso di incompiutezza nel suo palmarès.
Non che poi non avrebbe il tempo di ovviare nei prossimi anni (in fondo è neanche 29enne, può dominare per un altro lustro), ma probabilmente è lui il primo ad avvertire la necessità della "vittoria della vita". Quale ovviamente non è stata, pur nella sua bellezza, quella di oggi a Huy.
La Freccia 2011 era partita direttamente con una fuga a quattro, protagonisti Van Hecke, Vantomme, Helminen e Paterski, molto bravi a mettere in cascina una gran quantità di fieno: per la precisione 17' di vantaggio massimo, prima che Leopard, Saxo e poi pure Sky si mettessero in testa al gruppo per abbattere quel margine che era effettivamente diventato mostruoso. Nessun problema per le squadre più forti, in ogni caso, a ridurre progressivamente il gap. Molti problemi invece per il nostro uomo-faro (visti i tempi attraversati dal pedale azzurro, diciamo meglio uomo-cerino), Damiano Cunego: caduto a poco più di 40 km dal traguardo, il veronese ha dovuto faticare per rientrare (ben supportato dalla Lampre, va detto), e poi nel finale ha patito le botte prese (secondo quanto lui stesso ha detto al traguardo ai microfoni Rai).
Sul primo passaggio dal Muro d'Huy, a 30 km dalla conclusione, ha brillato Gasparotto, che è scattato quasi in cima e ha portato via un gruppetto con Van Garderen (primo ad accodarsi), e poi Kolobnev e Verdugo, e ancora Kiryienka e Lövkvist e infine anche Golas. I 7 si sono portati sui tre fuggitivi superstiti (Helminen si era staccato proprio a Huy), e hanno provato a gestire un vantaggio di 20" sul gruppo. Ma lì dietro la Omega Pharma si era svegliata dal torpore a cui l'aveva indotta proprio il capitano Gilbert, il quale, a suo dire, fino a 50 km dal traguardo non ci credeva più di tanto, forse scottato dall'essere stato più volte respinto dal Muro d'Huy in passato. Invece proprio i compagni di Philippe l'hanno convinto a giocarsi fino in fondo le sue carte: evidentemente hanno avuto ragione loro.
Ripresi i 10 che si trovavano in testa dopo il primo passaggio sul Muro (Kiryienka ha provato ad allungare da solo agli 8 km, ma senza fortuna), è stata la volta di un contropiede lanciato da Jérôme Pineau, su cui è stato lesto a portarsi Marco Marcato. Malgrado dietro non si andasse piano (anche Andy Schleck ha dato delle belle trenate, per favorire ovviamente il fratello Fränk), la coppia franco-italiana è riuscita a presentarsi ai 3 km con ben 20" di vantaggio. Un margine che forse avrebbe permesso ai due di sognare, se fosse stato conservato fino ai piedi del Muro, e invece Pineau e Marcato sono approdati all'ultimo, terribile chilometro, con soli 14", ridottisi poi rapidamente sulle rampe di Huy, fino a svanire ai 700 metri, sotto i colpi di un Wegmann che provava - anche lui - ad aprire la strada al maggiore degli Schleck.
A quel punto, dietro al tedesco (e ad Albasini), Gilbert era già il più avanzato dei big; e dopo un breve "interregno" di Le Mével (poi nono alla fine) in testa, il vallone è partito secco a oltre 300 metri dalla linea d'arrivo: talmente potente è stato il suo scatto, che gli ha permesso di fare il vuoto e addirittura danzicchiare negli ultimi 100 metri, passati a ridere e salutare il pubblico senza quasi pedalare, mentre alle sue spalle infuriava la lotta per il secondo posto, con Joaquim Rodríguez che era bravo a sopravanzare Samuel Sánchez, confermando il risultato di 12 mesi fa. Quindi un Vinokourov in crescita, Antón, Vanendert, Frankie, Dani Moreno, Le Mével e Martens.
Undicesimo, solo undicesimo, Contador, che è parso un parente in ombra del corridore che nel 2010 qui fu terzo. Ma se è per questo, c'è da dire che un Gesink ha deluso anche di più, chiudendo appena 14esimo (dopo l'incolore prova di domenica all'Amstel). Per non parlare poi dell'Italia, ai minimi termini malgrado quantomeno ci si sia fatti vedere all'attacco con Gasparotto e Marcato. Ma scorriamo l'ordine d'arrivo fino alla 30esima posizione alla vana ricerca di uno dei nostri, e solo al 31esimo posto troviamo Rinaldo Nocentini. 45esimo è Bellotti, 49esimo Santaromita, mentre Basso si porta a casa un miserrimo 50esimo posto, a 54" da Gilbert. Poi Pinotti (52esimo), Marcato (60esimo), Cunego (61esimo), Gasparotto (62esimo), Cataldo (70esimo), Reda (75esimo), Di Luca (80esimo), Gavazzi (86esimo), Pietropolli (99esimo), Santambrogio (105esimo), Ponzi (106esimo) e Longo Borghini (119esimo) completano un quadro che non si vede come si possa definire diversamente da "disastroso".
Domenica a Liegi sarà della partita anche Nibali. È probabilmente sbagliato caricare di responsabilità il siciliano, ma a questo punto non si vedono santi più credibili ai quali votarsi per un risultato decente nell'ultima delle grandi classiche primaverili.