L'intervista: Studio da leader al fianco di Cadel - Santambrogio, la BMC e il Giro d'Italia
Un vincente nato sin da ragazzino, Mauro Santambrogio ha faticato un po' ad emergere ai livelli che gli competono tra i professionisti, nonostante la sua unica vittoria sia arrivata nella prestigiosa Tre Valli Varesine. Poi, l'anno scorso, il passaggio alla BMC di Cadel Evans, scortato ottimamente durante il suo non facile Tour de France.
Partiamo proprio da Cadel, c'è un rapporto speciale fra voi?
«Sicuramente quel giorno della crisi in maglia gialla e dell'abbraccio dopo l'arrivo hanno fatto tanto clamore, ma tra noi c'è sempre stato un buon rapporto, al punto che dividiamo spesso la camera durante le corse. Lo stimo tantissimo come professionista e in questi anni accanto a lui ho cercato e cercherò di imparare il più possibile».
Pensi di rimanere ancora tanto alla BMC?
«All'inizio della scorsa stagione ho firmato un contratto biennale, ma dopo il Lombardia mi hanno proposto il rinnovo anche per il biennio 2012-13 e non ci ho pensato su due volte a firmarlo».
Immaginiamo che quello BMC è un ambiente in cui ti trovi a tuo agio...
«Non nascondo che all'inizio ho avuto i miei bei problemi con la lingua inglese che, detto per inciso, secondo me è quello che frena di più gli italiani a provare l'esperienza all'estero, ma diciamo che dal Tour in poi il peggio era passato. Il nostro team manager Andy Rihs ha ambizioni altissime, vuole arrivare ad avere la squadra numero uno nel mondo entro pochi anni e questo mi fa sentire orgoglioso di appartenere a questo progetto. Noi corridori abbiamo tutto quello che ci serve per essere in condizioni di rendere al massimo, con intorno uno staff qualificatissimo».
L'anno scorso si è detto e scritto molto sulla debolezza della BMC di Evans al Giro...
«Difficile negarlo. Io stesso ho avuto dei problemi fisici che mi hanno limitato durante la corsa, ma quest'anno sarà diverso perché sono stati ingaggiati corridori specifici, su tutti Moinard e Santaromita, per stare accanto a Evans in salita».
I tuoi obiettivi stagionali?
«Prenderò parte al Giro dei Paesi Baschi cercando di presentarmi al via delle Classiche delle Ardenne con una buona condizione per aiutare Cadel ma, se si presentasse l'occasione, anche per dire la mia, nonostante un ascesso dentale mi abbia un po' limitato nella prima parte della stagione. Poi sarò al Giro d'Italia».
Con quali ambizioni?
«Finora non ho mai avuto l'opportunità di fare un grande giro da leader e non so fin quando potrei resistere in una buona posizione di classifica. Vedremo come si evolverà la corsa, ma anche lottare per un successo di tappa mi farebbe piacere. Un'altra corsa cui tengo molto è il Giro di Lombardia, che si corre proprio sulle mie strade e, anno dopo anno, sto capendone i segreti...»
Quando hai cominciato a capire che avresti potuto essere un corridore vincente anche tra i Professionisti?
«Nelle categorie inferiori ho sempre vinto tanto ma, quando sono passato Pro', ho avuto momenti difficili e non riuscivo a rendere al massimo. La svolta nella mia carriera è stata al Giro del Portogallo 2009, nel quale ho avuto la fortuna di essere diretto da Copeland che mi ha dato per la prima volta la possibilità di fare la mia corsa ed ottenere buoni risultati. Poi, al rientro in Italia, ho conquistato la Tre Valli, una soddisfazione indescrivibile...»
Sei stato tra i pochissimi italiani che hanno avuto la possibilità di disputare il Campionato del Mondo Under 23 da Professionista. Cosa pensi della linea adottata dalla nostra Federazione a tal proposito?
«Non è facile dare un giudizio netto. Sicuramente, e parlo per esperienza diretta, i Professionisti sono molto avvantaggiati dal fatto di poter disputare gare con un chilometraggio importante prima della prova iridata e quindi sarebbe bene limitare la prova ai soli Dilettanti. Ma, d'altro canto, perché negare ad un giovane che ha avuto l'opportunità di passare Pro' a vent'anni la soddisfazione di partecipare ad un Campionato del Mondo?».