L'intervista: Un talento da valorizzare - Scandolara, il 2011 è Gauss
«Se tutto andrà bene, per il futuro del ciclismo femminile italiano suggerisco di puntare su di lei». Le parole, pronunciate alla sua festa d'addio al ciclismo, sono della Campionessa Edita Pucinskaite. La lei in questione, inorgoglita ed un pizzico imbarazzata, è Valentina Scandolara. «In quel momento mi sono sentita un macigno da 350 kg sulle spalle!». Vive a Tregnago, nei pressi di Verona ma è nata a Soave, frazione che evoca dolcezza. Valentina è una ragazza sì dolce ma quando serve sa tirar fuori la cattiveria giusta. Esibisce oggi la maturità di una veterana, alternandola all'ingenuità della bimba. Non dimentichiamolo, il primo giorno di Maggio compirà solo ventun'anni, Valentina, meglio nota in gruppo come "Scando". O tutto o niente, proprio come i predestinati: perché questo è Valentina Scandolara. Per lei caterve di vittorie tra le Juniores: strada, pista, persino corsa campestre e calcio quand'era più piccola. La franchezza che ti fa sentire a tuo agio ma che non piace a tutti. «Non so mentire. Mi piace la correttezza, in tutto. A volte mi rendo conto di essere un'idealista e cerco di darmi una regolata, ma mi riesce male. Per me è istintivo cercare il giusto. O bianco o nero. Detto così sembro un'antipatica ma posso garantire che non giudico mai nessuno a priori, non bado alle dicerie. Prima di farmi un'idea su qualcuno voglio conoscerlo». Ripartire. Ricominciare da zero, reset. Buttarsi alle spalle due anni di scelte infelici e farlo velocemente «perché chi si ferma è perduto». Come suggerito da Edita in quel 27 Novembre, Valentina guarda al futuro ed ha già scaldato i motori.
Esordio 2011 in Italia, Trofeo Vannucci: seconda per pochi millimetri.
«Già, da quando sono passata in Gauss ho grandi motivazioni e lo dimostrano le belle corse che ho disputato finora. Al Vannucci sono andata davvero vicina alla vittoria. Sono migliorata molto rispetto all'anno scorso. Va bene così anche se vincere subito sarebbe stato il massimo, per me e per la squadra. Però ho avuto lo stimolo per ricominciare subito ad allenarmi. Il lunedì successivo ero già in bici, per meritarmi, prima o poi, una bella vittoria».
Vincere a Vaiano in maglia Gauss non sarebbe stato male.
«Senza dubbio, ma non penso più al passato. Ho fatto delle scelte sbagliate, le ho pagate con due anni di zero. Zero risultati, zero crescita, forse addirittura una decrescita. Da quando ho vestito la maglia Gauss ho cancellato tutto e sono ripartita! Non corro contro qualcuno ma corro per qualcuno».
Anche al Costa Etrusca hai disputato una bella gara. Hai cambiato i tuoi allenamenti?
«Sì, ho modificato alcune cose, perfezionandole con l'aiuto della mia ds, Luisiana Pegoraro, e dello staff. Ad esempio, ho inserito più scatti, più lavori specifici, anche dietro moto. I risultati pian piano arriveranno, intanto sono migliorata molto in salita e ho recuperato buona parte del mio spunto veloce».
E con il ciclomulino?
«Ho un rapporto di amore ed odio... Però è molto utile per non perdere giornate di lavoro, quando piove o non ho la possibilità di uscire. È ideale per svolgere lavori specifici: forza, soglia, allenamenti intermittenti. Devo allenarmi ancora molto, per adesso sto imparando e siamo appena all'inizio».
Come a scuola, insomma.
«Praticamente sì. Mi sono accorta che devo imparare tanto: alimentazione, allenamento, recupero. Ma ciò che più è cambiato è il mio approccio psicologico: ora sono serena, so che c'è chi crede in me e tiene davvero a ciò che faccio. Questo mi dà tanta forza in più».
Il passaggio tra le élite è stato difficile?
«L'impatto con il mondo delle élite per me è stato distruttivo. Ho affrontato un salto di categoria con una condizione fisica non all'altezza. Ci vuole esperienza per preparare un'atleta alla massima categoria, oltre che il tempo per l'atleta stesso di crescere. Già lo scalino è alto, se lo affronti senza preparazione voli via. Sventoli, come si dice dalle mie parti».
Dev'esser stata dura anche psicologicamente.
«Purtroppo ho attraversato un brutto periodo a livello personale. Ero sul punto di mollare con il ciclismo. Avevo bisogno di una figura che si prendesse cura di me sia come persona che come atleta, com'era il mio allenatore alla Officine Alberti - UC Val d'Illasi, Luigino Sabaini. Insomma, qualcuno che mi trasmettesse le giuste motivazioni».
Motivazioni che hai trovato in Gauss.
«Volevo cambiare squadra e fortunatamente c'è stato chi ha scommesso su di me, Luisiana Pegoraro e la Gauss di Luigi Castelli. Non smetterò mai di esser loro riconoscente».
Dopo qualche mese e alcune corse, che impressione ti sei fatta?
«La Gauss è il mio dream team. Luisiana Pegoraro è una grandissima motivatrice. Ha un'esperienza immensa, sia come atleta che come direttore sportivo. In certe cose è come me, dice bianco al bianco e nero al nero. Forse anche per questo mi trovo così bene con lei. Il Presidente Luigi Castelli, poi, ha una passione sconfinata».
Racconta.
«A Gennaio l'ho visto assistere ad una gara su pista. Lui era venuto per vedere me e le piccole gaussine, le allieve della Carrera Gauss Unico1. Mi ha colpito per come si emozionava durante le corse. Poche persone hanno una passione così genuina, è davvero un bene per il ciclismo».
Con chi delle nuove compagne hai legato di più?
«Ho un bellissimo rapporto con tutte, potrei citarle una ad una per le tante qualità positive ma mi ha colpito molto Alessandra Borchi, perché, oltre all'esperienza sconfinata che ha, è una gran persona».
Di Luisiana Pegoraro si dice anche che sia una ds severa.
«Mi hanno spaventato un po' le voci sentite prima di arrivare in Gauss, ma non mi son fatta impressionare, perché non giudico le persone da ciò che dicono gli altri. Oggi so di aver fatto la scelta giusta. Gli allenamenti pian piano stanno dando i loro frutti e il modo di Luisiana di tenere la squadra è il più professionale che abbia mai visto. Non ci sono preferenze, non ci sono leader, c'è un grande rispetto tra noi e nei suoi confronti».
Ti trovi bene, insomma.
«Molto, perché una ds come lei è ciò che serve a un'atleta come me. Sa frenare il "cavallo pazzo" che è in me quando vorrebbe spaccare il mondo e sa spronarmi quando non sono sicura dei miei mezzi».
Quando non sei sicura dei tuoi mezzi?
«Sono una che vede molto l'impegno profuso dagli altri nella gestione della squadra. A volte temo di non essere all'altezza del lavoro delle compagne. Per questo può capitare di aver paura di sentirsi sopravvalutata o di deludere le aspettative. Penso che sentire la responsabilità sulle proprie spalle sia normale, almeno le prime volte».
Quest'anno ripartirai da zero. Con quali obiettivi?
«Vorrei essere in forma a Luglio. Gli obiettivi li ho già segnati, altroché, però non li svelo. Per scaramanzia più che altro».
Andando oltre la scaramanzia?
«Vorrei far bene in qualche tappa al Giro per poi puntare agli Europei, su strada e su pista».
Già, la pista.
«Mi piace moltissimo, ho ottenuto dei buoni risultati negli anni scorsi. Corro molto in pista ma vorrei gareggiare ancora di più, specie in inverno. Ci sono tante belle gare di Coppa del Mondo... Se fosse per me gareggerei sempre, quindi spero di essere all'altezza della convocazione in Nazionale in un futuro non troppo lontano».
Intanto sei stata convocata per il Trofeo Binda.
«Proprio domenica, dopo il Costa Etrusca. La Pego non era convinta di portarmi, solo grazie alla corsa di ieri ha scioto le sue riserve. Devo solo guarire da questa piccola bronchite che mi sono presa sotto l'acqua al Trofeo Vannucci».
Che tipo di gara ti aspetti di correre a Cittiglio?
«Darò tutto, mi manca ancora un bel po' in salita. Gli obiettivi saranno quelli della squadra. Quindi, se si deciderà di provare ad aiutare una compagna, il mio obiettivo sarà dare tutto per lei».
In gruppo chi ha la gamba migliore?
«Al Costa Etrusca ho visto benissimo le Garmin-Cervélo, la Cooke, la Callovi, e questa Olds che in salita non ha mollato. Penso che a Cittiglio le ragazze da battere saranno loro».
Mentre per la vittoria finale della Coppa del Mondo?
«Beh, io tifo Vos... La mia favorita per la vittoria finale è lei».
E tu come ti vedi?
«Pedalicchio già meglio dell'anno scorso ma delle migliori vedo ancora soltanto il didietro».
La Vos è uno dei tuoi atleti di riferimento.
«Marianne Vos ed Edita Pucinskaite sono i miei miti. Atlete diversissime, entrambe fuoriclasse, ma con un punto importante in comune: l'umiltà. Per me è questa la dote del Campione vero, perché uno può vincere quanto vuole, ma se è arrogante non vale granché».
Ti sei data una scadenza sportiva, vero?
«È una scadenza indefinita, perché nessuno può conoscere i tempi di crescita di una persona, nemmeno io. Se vedrò che arriverò ad un punto in cui la mia crescita si fermerà e sarò a un livello che non mi soddisfa, deciderò di mettere un punto ed andare a capo».
Hai mai pensato di allenarti per le corse a tappe?
«Devo ancora crescere tanto, chi lo sa che tipo di corridore diventerò. Ad ogni modo, credo che sarà dura battagliare nelle lunghe corse a tappe. Mi sento più adatta alle corse di un giorno, magari un po' impegnative, o ai piccoli giri a tappe».
Intanto studi Economia e Commercio.
«Precisamente. Dovrei essere al secondo anno ma mi sono iscritta nel 2010 ed ho dato solo due esami finora. La bici ha la priorità».
Però hai un futuro garantito, anche giù dalla bici.
«Sì, o almeno lo spero. Il mio sogno è sempre stato quello di diventare veterinaria, ma mi rendo conto che se dovessi smettere con il ciclismo a trenta o trentacinque anni, per fare un esempio, sarebbe un po' tardi per ritornare a studiare. Sono in evoluzione fisica e mentale, sto conoscendo molte nuove possibilità. Spero di arrivare in alto con il ciclismo. Se e quando accadrà lo stabilirà il tempo».