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L'intervista: Meno quantità, molta più qualità - Cunego e i propositi per questo 2011

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Damiano Cunego © Cicloweb.itReduce da un'inizio stagione positivo, con la vittoria in Sardegna che ha rotto un digiuno che durava da oltre un anno, Damiano Cunego esce da una Tirreno-Adriatico positiva, corsa per lo più in appoggio a Michele Scarponi e punta il dito sul primo grande obiettivo dell'anno, le Ardenne.

In questi giorni hai reso definitiva la scelta di non partecipare al Giro per puntare a Classiche e Tour. Da cosa è dipesa?
«Ho fatto un inizio di stagione abbastanza intenso per arrivare alle Classiche con una buona condizione e con lo staff abbiamo deciso di prevedere un periodo di stop nel periodo del Giro per poi ripresentarci al Tour in buone condizioni».

Qualità più che quantità, quindi...
«Esattamente. Ho ricevuto tante critiche per la mia mancata brillantezza negli appuntamenti importanti del 2010 e, col senno di poi, penso che avrei dovuto dosare meglio le energie. Praticamente ho corso da febbraio a settembre senza poter rifiatare un attimo e al Tour ho veramente sentito la stanchezza che mi rendeva meno lucido nei finali. In due occasioni avrei potuto vincere una tappa ma mi sono trovato senza energie. In definitiva ho ceduto alle lusinghe di chi mi voleva competitivo in tutte le grandi competizioni e non sono riuscito a far bene in nessuna. È stata una stagione sbagliata, da mettere via al più presto».

Ora il pensiero è rivolto alle Classiche delle Ardenne. Che percorso di avvicinamento seguirai?
«Quest'anno si cambia anche quello. Niente País Vasco che era stato un punto fisso negli scorsi anni, ma in quel periodo andrò in altura per rifinire la preparazione lontano dalle corse. Quindi, Coppi&Bartali e Giro dell'Appennino saranno le mie uniche gare prima dell'Amstel».

Le tre gare delle Ardenne ti hanno visto spesso battagliare coi primi, ma in fin dei conti ne hai portata a casa solo una, l'Amstel del 2008. Quest'anno come ti vedi?
«Sono determinatissimo per vincerne almeno una e devo dire che non ho preferenze particolari. Mi piacerebbe vincerla dopo un testa a testa con Gilbert che sono convinto sarà l'uomo che dovrò tenere più d'occhio in quei giorni. L'anno scorso l'avvicinamento è stato rovinato da una caduta alla Ruta del Sol che mi ha fatto perdere una settimana e da un virus intestinale che mi ha costretto al ritiro ai Paesi Baschi. Magari senza quelli avrei potuto migliorare i due quinti posti ad Amstel e Freccia...».

Con che ambizioni ti presenterai al Tour?
«Non mi pongo limiti. Andrò lì per far bene, cercherò la vittoria di tappa, magari la maglia a pois e poi, se tutto gira per il meglio, se riesco a spendere poco e a perdere poco terreno nella prima settimana, può venir fuori anche una discreta classifica».

Non metti da parte dunque le ambizioni di classifica...
«No, anche se gli ultimi anni non mi hanno dato proprio ragione. Però in passato ho fatto buone prestazioni, un quarto, un quinto nel 2006 e nel 2007 e penso che il livello era molto alto. Nel 2008 ho fatto una preparazione impostata sulle classiche, vincendo Amstel e Lombardia, e non sono riuscito a rimanere competitivo sulle salite lunghe. Nel 2009 e nel 2010 ho fatto un po' di tutto e non sono riuscito a far bene niente, quest'anno sono concentratissimo per le Classiche ma penso positivo e non mi precludo niente».

Si dice che l'arrivo di Scarponi sia servito a toglierti un po' di pressione...
«Non credo sia il termine più giusto. Ormai, da anni, ho imparato a convivere con la pressione, lascio parlare i giornalisti e le loro critiche, spesso, mi scivolano addosso. Il fatto che sia arrivato Michele mi solleva dall'essere al Giro a tutti i costi, per esempio, e di questo ne potrò giovare io, come la squadra intera. Ci divideremo i compiti, cercando di ottenere buoni risultati ovunque. Poi negli ultimi anni il ciclismo ha passato momenti bui e io ho risentito di questi fatti negativi, sentendomi preso in giro, così come tanti altri miei colleghi, penso...».

C'è un buon rapporto tra te e Michele?
«Nelle corse in cui abbiamo corso insieme ci siamo trovati a meraviglia e sono venuti tre bei successi nei quali ogni volta uno ha avuto un ruolo importante nella vittoria dell'altro».

Quali altre corse avete in programma insieme?
«Penso poche. La prossima potrebbe essere la Liegi. Sul Tour c'è un punto interrogativo, dipende dalla condizione con la quale lui uscirà dal Giro, anche perché c'è anche Kashechkin in lizza...».

In inverno hai firmato un rinnovo biennale con la Lampre. Cos'è che ti lega particolarmente al team di Saronni?
«In Italia non è che ci siano molte alternative. Ho ricevuto tante offerte dall'estero, ma a parità di condizioni io preferisco rimanere in Italia, anche perché il nostro ciclismo è uno dei migliori al mondo e in particolare io ho un rapporto particolare con la famiglia Galbusera. Penso che per qualunque corridore italiano sia sempre un sacrificio emigrare in una squadra straniera e lo si fa solo se l'offerta è veramente importante. In futuro, se un giorno avrò voglia di cambiare aria e riceverò una proposta buona, metto in conto di poter andar via dal nostro paese, ma evidentemente quel momento non è ancora arrivato».

Chi può essere il futuro della Lampre, Cunego a parte?
«Vedo molto molto bene Ulissi, ha 21 anni, in salita è già fortissimo e ha ancora ampi margini di miglioramento. Potrà diventare un grandissimo corridore. Anche Bole, che ha qualche anno in più, ma finora non ha mai potuto esprimersi al meglio, ha un ottimo spunto veloce, regge in salita, lo vedremo spesso davanti».

Giuseppe Cristiano

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