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Milano-Sanremo 2011: Se la chiave sono le cadute - Il commento a una gara appassionante

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L'allungo di Vincenzo Nibali sul Poggio © BettiniphotoCerto che questa Milano-Sanremo è veramente una corsa strana: da decenni vive sul dualismo tra velocisti e resto del mondo, negli ultimi anni si è parecchio sbilanciata in favore degli sprinter, e oggi ha vissuto un'edizione che mette in discussione i punti di vista delle rispettive schiere di appassionati (quelli che la amano e quelli che la trovano troppo facile), ma che alla fine rischia di lasciare tutti convinti della propria idea: sarà anche per questo che tanti parlano dell'inspiegabile fascino della Classicissima.

Tutti resteranno della propria idea, già: come obiettare qualcosa a chi parla dello spettacolo che la Sanremo può offrire, dopo tutto quello che abbiamo visto oggi? Ma anche, come negare la lapalissiana considerazione che alla fine ha vinto comunque un velocista? Perché Matthew Goss al momento è proprio un velocista: magari scopriremo in futuro che invece in quelle gambe c'è di più, che c'è la capacità di domare qualche classica del Nord, ma finora il 24enne australiano ha dimostrato di valere il miglior Zabel (e non è certo cosa da poco), e il miglior Zabel non riuscì mai a lasciare l'impronta in un Fiandre. Ci sarà tempo per scoprire come si comporterà il corridore della Tasmania in corse storicamente più dure della Milano-Sanremo (o di una Parigi-Tours, eventualmente).

Di sicuro bisogna dire che il modo in cui l'ha vinta, quello sì è proprio di un autentico fuoriclasse. Goss è rimasto insieme ai migliori rappresentanti delle corse in linea, o comunque a parecchi di loro: e oggi come oggi, chi può dirsi certo di potersi trovare in un gruppetto con Gilbert e Cancellara, e Pozzato e Ballan, e metterli tutti in fila alle proprie spalle? Giusto uno come Goss, per l'appunto, uno che intanto, nell'attesa di ancor più probanti conferme, è entrato in una diversa dimensione dopo il successo di oggi.

I detrattori della Sanremo porranno l'accento, oltre che sulla vittoria - una volta di più - di un velocista, anche sul fatto che ci è voluto un velo di pioggerellina per dinamitare una situazione che fino alle Manie era stata quantomai ordinaria, coi quattro in fuga e il gruppo in rimonta. E in effetti le cadute (sull'asfalto un po' viscido) di Hushovd prima e di Freire poi risultano molto più decisive del fatto che il plotone si sia spezzato in due sulla discesa verso Finale Ligure. Perché, se già così i 44 trovatisi in testa hanno rischiato di veder rientrare il secondo drappello, figurarsi cosa sarebbe potuto succedere se i due più attesi protagonisti non fossero rimasti intrappolati dietro: proprio la presenza del norvegese e dello spagnolo nelle retrovie ha messo le ali ai piedi alle squadre che si erano meglio organizzate davanti.

Su tutte, una Katusha che non ha risparmiato un briciolo d'energia per permettere a Pozzato di giocarsi la Classicissima in un discorso ristretto a pochi pretendenti. Se invece non fossero stati tanto grossi i pesci rimasti nella rete, c'è da scommettere che l'azione dei 44 non sarebbe durata tanto. Meglio della Katusha, che ha svolto un tema chiaro sin dal principio (tutti sacrificati per Pippo; lo stesso atteggiamento tattico della Omega Pharma con Gilbert da supportare), ha corso la BMC di un ritrovato Ballan: in forze nel gruppo di testa, la squadra americana ha anche avuto l'uomo solo al comando, a un certo punto: Van Avermaet sul Poggio ha vissuto il momento più esaltante della sua carriera, prima di essere riportato alla realtà, in discesa, dal rabbioso ritorno dei big, stimolato in primis da un Nibali autore di un bellissimo attacco sulla salita, e finalizzato da un Cancellara ottimo nella picchiata.

In un quadro tattico in cui è parso chiaro abbastanza presto che non ci sarebbe stato spazio per una conclusione allo sprint (se anche ci fosse stato il ricongiungimento, chi avrebbe più tirato per tenere la corsa cucita? Sia le squadre davanti che quelle dietro avevano esaurito i gregari ai piedi della Cipressa...), chi se l'è giocata in maniera notevolissima è stata anche la FDJ, con Offredo e Chainel splendidi interpreti: al coperto per tutta la prima parte dell'azione dei 44, usciti d'imperio dopo la Cipressa, in quella sorta di terra di nessuno tra le due salite principali della Sanremo, una terra di nessuno in cui è difficilissimo costruire successi, ma in cui chi sa di non avere troppe chance di vittoria può recitare comunque la sua parte: il peggio che possa capitare è di ereditare, alla fine della fiera, un settimo posto (esattamente quanto capitato al promettente Offredo).

Eppure, in una Classicissima scoppiettante come quella di oggi, c'è stato un momento in cui la situazione è parsa sfuggire di mano ai big, a beneficio degli outsider di giornata (per l'appunto Offredo e Chainel, con Van Avermaet e O'Grady): i 30" che sul Poggio dividevano il quartetto in testa dai primi inseguitori, sono sembrati a un tratto incolmabili. Ci si è dovuto mettere Nibali, con tutto se stesso prodotto in un prezioso affondo, per riaprire la contesa e rimettere in gioco chi ha avuto gambe per non perdere di vista il siciliano. E dimostrando così quanto anche gli uomini da grandi giri possano essere protagonisti anche in una Sanremo: basta volerlo (e certo, basta anche che si verifichino delle situazioni particolari).

L'aveva del resto già confermato Scarponi, autore sulla Cipressa del gesto tecnico più rilevante della giornata: partito tutto solo dal secondo gruppo (Visconti non è riuscito a reggerne il ritmo), il marchigiano ha recuperato mezzo minuto in salita e altri 40" tra discesa e successivo piano, completando una rimonta spettacolare e mettendosi nella condizione di essere coi migliori anche nel momento decisivo (appurato che Petacchi, pur presente nel gruppo dei 44 ed eventualmente bisognoso di una mano, non era in giornata da far faville). Anche giù dal Poggio Scarponi ha corso in rimonta, rientrando a fine discesa su Nibali, Cancellara, Offredo, Gilbert, Pozzato e Ballan. Prima di lui era rientrato Goss, mentre Marcato, solito Paperino della situazione, pur essendo nel gruppo buono è caduto su un tornantino salutando così i sogni di gloria.

Se Nibali e Scarponi hanno fatto praticamente tutto quello che era in loro potere, meno brillante è, alla prova dei fatti, la prestazione di Pozzato: bravo a crederci più di tutti nell'azione dei 44 (tenuta in vita dai suoi compagni di squadra, su tutti un ottimo Hoste), al momento del conquibus il vicentino si ritrova fuori dal podio. E non era facile, per uno con le sue qualità, riuscirci in un gruppetto di 8 corridori di cui la metà sicuramente più lenti di lui. Ma per Pippo, così come per Cancellara e per lo stesso Gilbert (e per Ballan, ovviamente), questa Sanremo finirà con l'essere l'antipasto di una ricca stagione belga: li rivedremo tutti nelle corse fiamminghe, a partire dalla settimana prossima, animati da desideri di riscatto dopo la sconfitta di oggi. Parallelamente a Pozzato, anche il suo omonimo vallone (Gilbert) è tra i battuti: superato allo sprint anche da Cancellara, conferma di non avere un rapporto privilegiato con la Classicissima, ma se non altro ci ha provato (come anche Cancellara) più del vicentino: ma un Goss scatenato ha tappato tutti i buchi.

Un particolare, quest'ultimo, che rafforza la figura dell'australiano, reso da ciò ancor più degno della grande vittoria di Sanremo: il fatto di aver dovuto sbrigare da sé pratiche scottanti come gli allunghi (pur prevedibili, o in altre parole inevitabili) di Fabian e Philippe nei 3 chilometri finali, e di esserne uscito in modo più che brillante, è una prova a favore di chi sostiene che il ciclismo ha trovato, con Goss the Boss, un nuovo fuoriclasse.

Marco Grassi

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