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Mondiali su strada 2010: È proprio l'Italia di Paolo Bettini - Scelte scomode e spettacolo

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Paolo Bettini © BettiniphotoAvessimo avuto un Pozzato in formato Roubaix 2009 ci saremmo divertiti sicuramente di più, da italiani, nel Mondiale di Melbourne-Geelong; col Pozzato versione crampi, l'Italia porta comunque a casa un quarto posto, e probabilmente l'obiettivo reale era proprio quello, entrare nei 5 (il che è già un miglioramento rispetto a Mendrisio), un obiettivo minimo per una nazionale col blasone di quella azzurra, ma pur sempre un obiettivo degno, tantopiù che per un ct alla prima esperienza (e qui parliamo di uno che non ha mai guidato nemmeno un'ammiraglia di club) vincere subito è difficilissimo, quasi impossibile. L'amato Ballerini dovette passare dalle ustioni di Lisbona prima di partorire lo splendido meccanismo di Zolder; e dovette forgiarsi ancora nella delusione di Hamilton, in Canada, prima di trovare - lui e lo stesso Bettini - la giusta dimensione che da Atene a Stoccarda, passando per Salisburgo, ci ha regalato un quadriennio memorabile (esteso poi a quinquennio da Ballan a Varese).

L'accusa più facile da rivolgere ora a Bettini è di non aver portato un velocista in squadra. E sicuramente il dubbio avrà tormentato non poco il commissario tecnico, anche in questi ultimi giorni, davanti alle gare degli under 23 e delle donne. Ma altrettanto sicuramente, era questa un'accusa talmente facile da prevedere, che al vecchio Grillo non sarebbe costato veramente nulla smontarla a priori, convocando il Bennati della situazione e incaricandolo di mettersi a ruota di Freire tutto il giorno, senza fare altro se non aspettare - col suo ritmo e fregandosene di quanto gli poteva accadere davanti - l'eventuale volata. Ciò non avrebbe ugualmente impedito la gara d'attacco degli azzurri (così come la gara d'attacco degli australiani di Evans non ha impedito a Davis di fare la sua volata da bronzo, alla fine), e Bettini avrebbe avuto il paracadute pronto.

Ma il ct l'ha pensata diversamente. Ha mostrato in ciò tutta la sua personalità, imponendo la sua visione delle cose (esercitando così un diritto inalienabile al suo ruolo), e dimostrando da subito di non aver paura delle responsabilità connesse a un incarico così delicato. Del resto, se Bettini era parso, nel momento della disperazione generale, l'erede più naturale di Ballerini, allo stesso modo un po' tutti avevamo la percezione di un impegno pro tempore da parte sua, visto che per mesi ha vestito i panni del traghettatore (forse anche per un senso di rispetto nei confronti dello sfortunato predecessore).

L'Italia schierata in testa al gruppo © BettiniphotoMa poi la prospettiva è cambiata, il contratto si è allungato fino al 2012, con un ct che si è sempre più calato nella parte; e al momento giusto la mano di Paolo è emersa in tutta chiarezza, perché non si può non riconoscere che quella vista all'opera a Geelong è senz'altro l'Italia di Bettini, generosamente all'attacco appena ce n'è stata l'occasione, e senza timore di spendere energie anche lontano dal traguardo. Purtroppo, come tutti riconoscono, un'Italia alla Bettini funzionerebbe se avessimo ancora quel corridore che nel 2006 e nel 2007 finalizzò in maniera superba il lavoro dei compagni; ma quel corridore non c'è, e di questo bisogna farsene una ragione.

Come non c'è il Rebellin che tanta parte ebbe nei recenti successi azzurri (l'uomo che nell'ultimo giro sapeva esattamente cosa fare, e lo faceva alla perfezione, preparando il terreno per la stoccata finale). È un'Italia che fa di necessità virtù, per forza di cose. E l'impressione è che non sarebbero poi troppo cambiati gli equilibri con Petacchi (sarebbe arrivato alla volata?) o Bennati (avrebbe fatto più del quarto posto di Pozzato o magari sarebbe naufragato prima?), o con Cunego (si poteva rischiare di puntare su di lui dopo la delusione di Mendrisio?). Si poteva convocare Riccò, ma il modenese non ha rapporti brillanti con diversi uomini del gruppo azzurro, e probabilmente Bettini non ha voluto impegnarsi in dispendiose opere di diplomazia (alla Martini, per intenderci) al suo primo impegno in ammiraglia, e forse questo è un atto di umiltà per il quale nemmeno può essere rimproverato; si poteva convocare Ballan, che alla resa dei conti risulta l'uomo più rimpianto. Ma ancora una volta, parliamo di un corridore che viene da due anni neri, e che solo ultimamente aveva mostrato qualche sprazzo della sua classe.

Possiamo rimproverare a Bettini le prove incolori di Paolini e Tonti, pur sapendo che quasi sempre, anche nelle annate migliori, qualche elemento che stecca si trova comunque; e rimproveriamo (con sguardo rivolto a qualche giorno fa) sicuramente l'assenza di un azzurro nella prova a cronometro. Ma in un certo senso queste sbavature vanno catalogate sotto la voce "errori di crescita", l'importante è che il ct ne tragga buone esperienze da tenere in considerazione per il futuro (e non si vede perché non debba essere così). Insomma, non è il caso di mettersi in modalità massima severità, di fronte alla prima uscita dell'Italia bettiniana. In fondo sapevamo bene che avremmo potuto avere una nazionale non perfetta e non vincente. Abbiamo avuto una nazionale quasi perfetta (per quelle che erano le possibilità dei 9 messi in campo) e quasi vincente (nel senso che la medaglia era lì a pochi centimetri da noi). A pensarci bene, non è proprio obbligatorio lamentarsi.

Marco Grassi

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