Vuelta a España 2010: Rodríguez-Nibali, lotta aperta - Antón si ritira, Vincenzo in rosso su JRO
- VUELTA A ESPAÑA 2010
- Caisse d'Epargne 2010
- Euskaltel - Euskadi 2010
- Garmin - Transitions 2010
- Liquigas - Doimo 2010
- Team Katusha 2010
- Alexandr Kolobnev
- David Arroyo Duran
- David Millar
- David Zabriskie
- Ezequiel Mosquera Miguez
- Igor Antón Hernández
- Joaquim Rodríguez Oliver
- Luis León Sánchez Gil
- Marzio Bruseghin
- Niki Terpstra
- Vincenzo Nibali
- Uomini
Cambia tutto alla Vuelta a España, e l'Italia si ritrova con un uomo in maglia rossa: Vincenzo Nibali, uno che questa Vuelta potrebbe davvero vincerla. Purtroppo, però, la tappa di Peña Cabarga, vinta nettamente da un Joaquím Rodríguez che rilancia alla grande le sue possibilità di successo finale, ci lascia senza Igor Antón, caduto nel finale e costretto al ritiro quando era in testa alla classifica.
L'inizio è scoppiettante. Mentre Joaquím Rodríguez si fa dare uno sguardo dal medico di gara, la Euskaltel è impegnata a tenere cucita la corsa, anche perché qualche nome simpatico ci prova (Arroyo, per esempio). La Caisse d'Epargne dimostra di avere qualche idea da proporre, e dopo Arroyo si gioca Luis León Sánchez, che va in coppia nientemeno che con Gilbert. Ai due si accodano altri corridori troppo forti, nel complesso, perché la fuga trovi spazio (parliamo di Moncoutié, Vande Velde, Nocentini, Serafín Martínez, Javier Moreno, Mata e Pichot). La Euskaltel ricuce ancora una volta (siamo al km 35 e la media è fissa sui 50 orari).
Al momento del ricongiungimento, Niki Terpstra decide che non ci sta e parte in contropiede. L'uomo solo al comando non fa paura, e allora può prendere il volo: in appena 10 km da escapado, il campione nazionale olandese accumula 3'40". A quel punto, altri due supermotori si attivano dal gruppo, e si tratta di un'azione strepitosa, tutta di marca Garmin: David Zabriskie e David Millar partono per questo piccolo Trofeo Baracchi, e le traiettorie del battistrada (che sente sferragliare nella sua testa il suono delle bici dei due inseguitori, e quindi spinge un po' meno perché fare la fatica in tre è più facile che farla da solo) e della coppia di David (in rapido avanzamento rispetto al gruppo), si incrociano finalmente al km 64. In quel momento il gruppo perde 5'.
Quella che, per come è nata e come si è sviluppata, potremmo definire tranquillamente come la fuga più bella della Vuelta (fin qui), dispone di praterie sterminate davanti a sé. Sei minuti, sette, otto, dieci, dodici. 12'55", poi, massimo vantaggio, al km 104 (e a 74 dalla fine). Poi è chiaro che i tre lì davanti (che pure hanno superato di slancio il primo colletto di giornata, l'Alto de Bocos al km 78), in salita paghino qualcosa, ma la presenza, dopo due ottimi contrafforti (Lunada e Caracol) tra il km 100 e il 126, di tanta pianura prima della rampa di Peña Cabarga su cui la tappa finirà, accredita l'azione dei tre di grandi possibilità di riuscita.
È la Cervélo a rompere l'ignavia del gruppo, mettendo in fila il medesimo sul Portillo de Lunada. Al Gpm in effetti il margine crolla a 9'25": è il segnale che i buoi non sono ancora scappati dal recinto. La Caisse d'Epargne è la squadra che recepisce meglio questo segnale, e infatti sul successivo Alto de Caracol i nero-rossi di Unzue mettono il gruppo a ferro e fuoco. Arroyo prova un allungo, ma la Euskaltel non lascia spazio; i Caisse sono indemoniati, riparte LLSG, e se ne va con Kolobnev. Al Gpm il vantaggio di Terpstra, Zabriskie e Millar è collassato a 5'30" su Sánchez e Kolobnev, 5'45" sul gruppo (quando al traguardo mancano poco più di 50 km).
I due intercalati, senza neanche dimostrare un grande accordo, non ci mettono più di tanto a capire che sarà difficile per loro chiudere sui fuggitivi e al contempo tenere il gruppo a distanza. Guadagnano un minutino sugli uni e sugli altri, dopodiché si rialzano e vengono ripresi (a poco meno di 30 dal traguardo). È la Katusha a incaricarsi di completare il lavoro di inseguimento al terzetto di passistoni. Che sono stanchi, anzi Zabriskie più di tutti, visto che, nella coppia Garmin, è stato quello che si è sobbarcato il maggior lavoro (ritenendo Millar più adatto di lui al traguardo di Peña Cabarga). Il David americano si stacca a 20 dal traguardo, il David inglese prova a difendere, con Terpstra, i 4' rimasti sul plotone.
Ma se il drappello dei battistrada perde pezzi, il gruppo, al contrario, vede tanti rientri: erano rimasti più di 40 uomini sul Caracol, riescono a rifarsi sotto diversi gregari che naturalmente facilitano il compito di chi insegue (sempre la Katusha, pancia a terra): Pozzato è uno di costoro. È splendido il lavoro dei compagni di un JRO che evidentemente punta ancora alla tappa (la salita finale 6 km con pendenze quasi sempre oltre il 10%, spesso anche sopra al 15, dovrebbe adattarsi bene al catalano): ai piedi della rampa di Peña Cabarga il distacco del plotone è sceso a 2'.
Ma non se ne accorge nessuno: perché proprio in quel momento, nell'ultimo tratto di discesa della giornata, una caduta a centro gruppo coinvolge diversi corridori. Tra gli altri c'è Bruseghin, ma soprattutto, Igor Antón: la maglia rossa finisce giù dietro al compagno Egoi Martínez, si rialza insanguinata, e si ritrova impossibilitata a ripartire. Igor si guarda intorno con lo sguardo perso, certo scioccato dalla caduta, dolorante e incapace di risalire in bici. Sale in ammiraglia, e la Vuelta del basco finisce, malinconicamente, così.
Continua quella dei suoi rivali. Sulla salita Kreuziger fa un ottimo ritmo per Nibali (e il gruppo si screma immediatamente: tra gli uomini di classifica, salta Rubén Plaza), poi ai 5 km parte García Dapena (un'avanguardia sganciata da Mosquera per sondare il terreno). Millar arriva al limite delle sue possibilità e si stacca, Terpstra resta da solo con una quindicina di secondi: non gli basteranno per affrontare serenamente gli ultimi 3 km di scalata, e infatti l'olandese viene ripreso ai 1600 metri da Mosquera, scattato un attimo prima sul punto più duro della salita.
Ma Ezequiel non riesce a fare la differenza: e, quasi con un moto d'insofferenza nei confronti della difficoltà del rivale a dare la mazzata, Vincenzo Nibali parte a sua volta ai 1400 metri: una rasoiata dolorosissima per gli altri, il siciliano va e l'unico che riesce a rientrare su di lui, nel frangente, è Joaquím Rodríguez. Il quale, agli 800 metri, allunga inesorabilmente: lo Squalo messinese capisce che forse ha esagerato con lo scatto precedente, o che forse ha semplicemente sbagliato i tempi, ma guarda anche oltre: con Antón sfortunatamente fuori causa, al capitano della Liquigas basta non sbracare nei confronti di JRO per prendere la maglia rossa.
Così è: Rodríguez vince ridendo e sognando, Nibali prende la maglia rossa, per appena 4" su Purito. Mosquera è terzo su tutta la linea, e si direbbe che la lotta per la Vuelta, a questo punto, è ridotta a questi tre uomini, anche se Tondo (che ha 50" da JRO, come Mosquera), Roche e Schleck non sono lontanissimi: però dimostrano di averne chiaramente di meno rispetto ai primi tre. L'Italia - se non possiamo dirlo oggi, allora quando? - potrebbe, 20 anni dopo Giovannetti, vincere la più importante corsa spagnola. Per riuscirci, Nibali dovrà iniziare a difendersi sin da domani, sul durissimo arrivo dei Lagos de Covadonga (per la cronaca, domattina non partirà Freire, pronto a volare per l'Australia per ambientarsi al meglio al clima di Melbourne: chiaro che Oscarito ci crede molto, a questo Mondiale).