Vuelta a España 2010: Hushovd vince, Bennati risale - Volata a ranghi ridotti a Murcia
Una vittoria di tappa al Tour de France, una vittoria di tappa alla Vuelta a España: per Thor Hushovd la stagione può dirsi ancora una volta positiva, in attesa di uno squillo superiore - magari la prossima primavera - che proietti il norvegese in una dimensione superiore (ha vinto una Gand, ma una Gand non è una Roubaix o una Sanremo). Oppure, volendo, ci sarebbe quel Mondiale australiano in cui il gigante della Cervélo potrebbe voler dire qualcosa di suo. A Murcia, di sicuro, Hushovd conquista un bel successo, davanti a un Daniele Bennati che, sul finire di una stagione per lui da dimenticare, sta forse trovando una condizione che gli possa permettere qualche squillo da qui a un mese e mezzo.
Il francese Bichot, il tedesco Eichler e lo spagnolo Estrada sono i tre peones di giornata. Bichot ci aveva provato senza fortuna sin dal km 0, poi al 4 è stato Eichler ad allungare. Lo stesso Freddy, ritenendosi predestinato alla fuga del giorno, esce in caccia del collega, e si porta appresso anche Estrada. In tal modo si forma il terzetto: ma solo al km 25, quando il tedesco in testa saggiamente capisce che è meglio andar via in tre. E fa bene, se è vero che in appena 11 km il margine raggiunge i 9'17" (al momento del ricongiungimento dei fuggitivi, il vantaggio era comunque già oltre i 5'). Da lì in poi, lentamente, lentamente, lentamente, il gruppo erode. La Cofidis è tra le più attive in un inseguimento che porta il plotone a poco più di un minuto dagli attaccanti quando, a 25 km dal traguardo, si approccia l'unica vera salitella di giornata: la Cresta del Gallo.
Naturalmente i movimenti in testa al gruppo esulano abbastanza dalle vicende di chi è in fuga (vicende che virano al drammatico nel momento in cui il terzetto si sfalda: il primo a mollare è Eichler, poi si arrende anche Estrada, ma anche Bichot verrà ripreso prima che si scollini). La Liquigas e la Rabobank, tra le più presenti davanti al plotone, suggeriscono intenzioni bellicose da parte di Bennati e Freire, che sono due tra i velocisti in grado di tenere meglio sugli strappetti come la Cresta del Gallo. Ma in salita, di fatto, succede poco; almeno fino a quando Kolobnev non si mette a lavorare per Pozzato (o per JRO?) e allunga il gruppo (in cui la maglia rossa Gilbert è, çvsd, pimpante nelle prime posizioni).
È la successiva trenata di Karpets (questa Katusha fa sul serio, allora!) a costare qualche perdita, in termini di corridori staccati; ma parliamo sempre di atleti di secondo piano; e l'unico tra i possibili personaggi del giorno a perdere leggermente contatto (Grega Bole), rientra poco dopo lo scollinamento.
La discesa, però, a tratti tortuosa, produce quel che non ha prodotto la salita. Fa e disfa ancora una volta la Katusha: Pozzato raccoglie il testimone da Karpets e si mette in testa. Per correre meno rischi? Perché tutto era già previsto a tavolino? Fatto sta che Karpets fa il vago e regala al compagno un buco da mettere a frutto. Gilbert, antenne drizzate, si lancia sul fagianello veneto e fa da stopper (Poz non può certo favorire un rivale di classifica del compagno JRO), tanto che il gruppo rientra sui due nel giro di poche centinaia di metri. Però vedere i due migliori Filippi del ciclismo andare via in coppia, non è che non produca un minimo di emozione nello spettatore.
Ripresi Pozzato e Gilbert, ci prova pure Fofonov, ma il gruppo (seppur ridotto, visto che in tanti son rimasti indietro in discesa) ha sin troppo spazio per riorganizzarsi e preparare una nuova volata (tra l'altro il percorso è stato cambiato proprio nei giorni scorsi: nella versione originale la Cresta del Gallo si affrontava in senso inverso e dal Gpm all'arrivo c'erano 10 km; ora invece i chilometri dalla vetta allo striscione del traguardo sono diventati 17). Il kazako praticamente si finisce per tenere un vantaggio di pochi secondi sulla muta scatenata alle sue spalle (ancora Katusha davanti, e subito dietro la Cervélo), e viene ripreso quando all'arrivo mancano 7 km.
Ci prova Barredo, ma è uno scatto senza sugo; ci prova poco più avanti Péraud, ma tra Cervélo (Hushovd fomentatissimo), Liquigas (Bennati ci crede) e Katusha (Pozzato non ha rinunciato ai propositi bellicosi), non c'è modo di avere spazio. Non ne lasciano, le squadre dei velocisti rimasti in gioco, neanche all'enfant du pays, Luis León Sánchez, che un tentativo ai 2 km lo accenna senza crederci più di tanto. E allora volata sia.
Van Avermaet fa un tiratone sul rettilineo finale, Gilbert scalpita alla sua ruota (con alle spalle nell'ordine Bennati e Hushovd), e ai 300 metri decide di partire, forse presumendo troppo da se stesso, forse per giocare d'anticipo rispetto a quelli più veloci di lui. I quali però non si impressionano: Benna affianca il belga ma deve guardarsi alle spalle: Thor infatti è in giornata super, e ai 200 metri lancia la sua, di volata, e risulta imprendibile, battendo l'aretino di poco ma del giusto.
Bole è terzo, Allan Davis quarto, Pozzato (che ha dovuto spostare con una mano Urtasun dalla sua traiettoria) quinto, Gilbert sesto (e senza l'abbuono che pure ha provato a conquistare). In classifica non cambia niente; per quel che riguarda le questioni tra gli sprinter, domani ci sarà un'altra giornata a loro dedicata, a Orihuela. Gli italiani, ancora a secco di successi in questa Vuelta, potrebbero voler iniziare a finalizzare: gli uomini per farlo non è che manchino.