La carriera: Tour, Giro e quegli 8 secondi - Le tappe più importanti di Laurent Fignon
Versione stampabileParigino, nato nella capitale francese il 12 agosto del 1960, professionista dal 1982 al 1993, 81 vittorie in carriera, tra cui due Tour de France, un Giro d'Italia, due Milano-Sanremo e una Freccia Vallone: Laurent Fignon, grande protagonista del ciclismo degli anni '80, e presenza ammirata e apprezzata anche dopo il ritiro dall'agonismo, è morto oggi nella sua città, a soli 50 anni. Ripercorriamo qui le tappe più significative della sua memorabile carriera.
1982: L'esordio in Renault del giovane con gli occhiali
A 22 anni Laurent Fignon si presenta al grande ciclismo. Ha nel palmarès oltre 50 vittorie da dilettante, e passa al professionismo in maglia Renault, all'ombra - nientemeno! - di Bernard Hinault, che all'epoca è il padre padrone del ciclismo francese. Il ragazzino con gli occhiali viene da Parigi e si capisce subito che non è un tipo banale. Vince il Critérium International, ottima corsa che gli permette di rompere il ghiaccio tra i big; poi, al Giro, dà una mano al Tasso per conquistare la maglia rosa: una notevole conquista di credito da parte di colui che sarà destinato a raccogliere l'eredità di Hinault proprio nella Renault.
1983: All'improvviso, il Tour de France
La stagione del 23enne Laurent entra nel vivo in aprile alla Vuelta, dove risulta ancora più decisivo per la vittoria del suo capitano Hinault. Ma quando Bernard si infortuna prima del Tour, Fignon è già pronto a ricevere sulle sue spalle i gradi di capitano: dopo i Pirenei Laurent è secondo alle spalle di Pascal Simon, e sulle Alpi (complice anche una caduta che mette fuori causa l'avversario) conquista la maglia gialla, nella frazione dell'Alpe d'Huez. Al primo Tour disputato, l'occhialuto campione parigino è già nell'albo d'oro: in Francia c'è qualcuno che rischia di fare ombra a Monsieur Hinault...
1984: Il Tour riconquistato con la maglia tricolore
Talmente la Renault era ormai un pollaio troppo piccolo per due galli, che Hinault emigra alla Vie Claire e lascia Fignon sul trono di principe della squadra di Guimard. La fiducia che il team manager ripone nel giovane campione rampante è ottimamente ripagata: Laurent si presenta al Giro e perde la maglia rosa solo all'ultima tappa, una cronometro che si conclude nell'Arena di Verona e che vede Francesco Moser trionfare in maniera quasi inattesa: decisive le ruote lenticolari sulla bici del trentino: grazie a questo strumento, il 34enne di Palù di Giovo rifila sui 42 km della prova ben 2'24" al francese e lo scavalca di 1'03" in classifica: un epilogo che Laurent rivivrà 5 anni più tardi, e in maniera più drammatica, a Parigi con Lemond. La rabbia agonistica di Fignon è comunque tanta, e si sprigiona in parte al campionato nazionale, dove il Professore conquista il suo unico titolo trois-coleurs, e soprattutto al Tour de France: Laurent è in stato di grazia, ed esibisce una superiorità spaventosa su tutti i terreni, sia a cronometro (ne vince tre più la cronosquadre) sia in salita sulle Alpi (si impone a La Plagne e a Crans Montana). In classifica rifila oltre 10' al secondo, un Hinault che ha tentato disperatamente dei contrattacchi in salita, e che ricorderà a lungo questa ripassata: il passaggio di consegne, agli occhi della Francia e del mondo del ciclismo, è avvenuto, e per Fignon si apre un futuro ricco di altri successi in giallo. Purtroppo le cose prenderanno una piega diversa dalla stagione successiva.
1985-1987: Gli anni più difficili, il genio gestionale
Non è facile, per un predestinato com'era stato il Fignon del primo triennio da professionista, abbassare la testa e ritrovarsi nelle retrovie, o proprio fuori dai giochi, a causa di problemi fisici vari e di una condizione che non si riesce a trovare. Il 1985, a causa di un guaio al tendine d'Achille (per cui viene pure operato), passa via praticamente senza tracce da parte del capitano della Renault. Lontano dalle corse, Fignon ha il tempo di inventarsi un modo per sopperire all'imminente addio al ciclismo da parte della Renault: propone a uno scettico Guimard di fondare una società che gestisca autonomamente il team, e che conceda lo spazio sulle maglie a uno sponsor. Praticamente nasce così, con una struttura chiamata France Compétition (di proprietà di Fignon e Guimard e affiancata dall'agenzia di marketing Maxi-Sports Promotion), il moderno modello gestionale dei team ciclistici. Con la nuova maglia (sponsor System U) Fignon parte bene nel 1986, imponendosi nella Freccia Vallone e dimostrando la sua attitudine anche alle classiche. Alla Vuelta Laurent conquista un incoraggiante settimo posto, ma poi al Tour delude, e si ritira strada facendo, e il ripresentarsi di vecchi problemi fisici gli fa chiudere di fatto la stagione a luglio. Va un po' meglio il 1987, in cui è alla Vuelta che Fignon mostra le cose migliori, conquistando un terzo posto finale che sarà il prologo al suo ritorno alla vittoria sulle strade del Tour: si deve accontentare di una tappa (ancora a La Plagne) e del settimo posto in classifica, ma in tal modo Laurent riprende il dialogo con la corsa che più ama.
1988-1989: Da Sanremo per una nuova primavera
Il 1988, altro anno predestinato al riscatto per Fignon, si apre alla grande: il parigino conquista la Milano-Sanremo davanti a un giovanissimo Maurizio Fondriest e ad altri 8 (a partire da Sean Kelly) battuti in volata, dopodiché ci va vicino anche alla Roubaix, dove si deve accontentare del gradino più basso del podio. Purtroppo al Tour de France va alla deriva, addirittura staccato dai compagni di team nella cronosquadre di Ancenis. Per ripartire un'altra volta, Laurent sceglie ancora la Sanremo: stavolta, nell'89, arriva al traguardo da solo, e questa liaison con la terra italiana verrà prolungata dolcemente al Giro di due mesi più tardi.
1989: Finalmente riparato il torto rosa
Quando Fignon si presenta al via del Giro, non vince un GT da quasi 5 anni, nei quali (a parte il podio alla Vuelta '87) non si è mai nemmeno avvicinato allo splendido corridore da corse a tappe del biennio '83-'84. Laurent parte a fari spenti, e a metà corsa è l'olandese Breukink, già secondo l'anno prima e in maglia rosa al momento, ad avere le maggiori credenziali per portare il simbolo del primato fino a Firenze (sede d'arrivo di quel Giro). Ma nel tappone di Corvara Alta Badia Breukink salta, Giupponi vince e Fignon va in maglia. Negli ultimi 10 giorni di gara, il parigino difende senza grossi problemi il primo posto in classifica, e aggiunge alla consacrazione rosa anche il successo di tappa di La Spezia. In trionfo davanti a Giupponi e Hampsten, Fignon si prepara a rilanciare la sfida anche al successivo Tour.
1989: Quei maledetti otto secondi
Ovvero quel Tour de France 1989 che nessuno mai dimenticherà. Fignon parte coi favori del pronostico, dopo il per certi versi inatteso successo al Giro. Laurent è carico come non mai, già al terzo giorno, coi suoi, dà una prima stoccata nella cronosquadre di Lussemburgo. Ma dopo la crono di Rennes, quarta tappa, è l'americano Lemond a prendere la testa della classifica. Fignon, penalizzato dalle avverse condizioni climatiche nella prova contro il tempo, si rifà a Superbagnères, seconda tappa pirenaica del Tour: un po' in difficoltà sul Tourmalet, Laurent si riprende anche perché vede un Lemond in crisi sulla salita finale, e - mentre Robert Millar conquista la frazione - il Professore riconquista la maglia gialla cinque anni dopo. Ma sa di poter perdere qualcosa nella cronoscalata di Orcières-Merlette da Lemond (che in classifica è a 7" di distanza, e che già a Rennes ha iniziato a usare lo speciale manubrio da triatleta che tanto decisivo risulterà); e allora prova ad anticipare nella tappa di Marsiglia, con una fuga (con Mottet) che semina parecchia zizzania tra i rivali. La cronoscalata permette effettivamente a Lemond di riprendersi il primato in classifica, ma la seconda tappa alpina (dopo il no contest di Briançon) è epica: Theunisse si fa il Galibier in fuga da solo e vince in cima all'Alpe d'Huez, mentre gli uomini di classifica salgono insieme. Guimard si accorge che Lemond è in difficoltà e spinge un riottoso Fignon (spaventato dalla possibilità di un contropiede) ad attaccare. L'assalto dello sfinito Laurent va a buon fine, Lemond perde un minuto e la maglia gialla torna sulle spalle del parigino (con 26" sull'americano). Tanto volteggia su una nuvola, Fignon, che attacca anche il giorno dopo, sulla strada per Villard-de-Lans, e arriva da solo con altri 24" messi in cascina su Greg. Il quale, a sua volta, recupera 10" (di abbuono) l'indomani, vincendo in una volata ristretta ad Aix-les-Bains. Manca una tappa alla fine, Fignon ha 50" sul rivale e mai penserebbe di perderli nei 24.5 km della crono conclusiva, a Parigi; si complimenta con Greg per la vittoria, e gli dà appuntamento ai Campi Elisi. E lì, in quell'ultima tappa, accade l'impensabile. Ancora grazie - oltre che a una grande condizione - al manubrio speciale (che permette una migliore aerodinamica), Lemond guadagna più di quanto chiunque prevede. 58" sono quelli che alla fine della prova l'americano ha messo tra sé e il Professore. Meno i 50" che li separavano al mattino, e il risultato è lo scarto minimo tra primo e secondo nella storia del Tour de France. Fignon alla fine della crono è affranto, non crede ai suoi occhi, e probabilmente in quel momento qualcosa si rompe in lui. Di sicuro non riuscirà più ad essere il protagonista che era stato.
1990-1993: Il lento declino e l'addio a Guimard
Dopo il mondiale di Chambery '89, in cui Fignon si ritrova a vedersela con Lemond (e le busca ancora, chiudendo al sesto posto mentre l'americano vince l'iride), si apre con una nuova maglia, sponsorizzata Castorama, l'ultimo biennio del parigino insieme a Cyrille Guimard, a cui era stato legato per l'intera sua carriera professionistica. Passato senza acuti il 1990, Laurent torna a far vedere sprazzi di sé solo al Tour del 1991, che chiude al sesto posto, anche sulla spinta dell'orgoglio per essere stato messo in discussione dal suo team manager (che inizia a preferirgli Luc Leblanc). Nel 1992 le strade tra corridore e dirigente si dividono, Fignon approda alla Gatorade (la squadra di Stanga e Bugno), con la cui maglia conquista l'ultima tappa al Tour (a Mulhouse nel '92, al termine di una fuga solitaria), pur sentendo che portare le borracce ad altri capitani (incarico che esegue più volte con ammirevole umiltà) non è più un ruolo che si confà a un grande del ciclismo come lui. Si ritira alla fine del 1993, ma continuerà a frequentare il suo amato sport anche dopo, in veste di commentatore televisivo o organizzatore di gare.