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Tour de France 2010: Il migliore? Vinokourov! - In tanti promossi a stento | Cicloweb

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Tour de France 2010: Il migliore? Vinokourov! - In tanti promossi a stento

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Alberto Contador - 7.5
Ma come, 7.5 a un triplo vincitore del Tour de France? Sì, forse è troppo, considerando che il madrileno s'è guadagnato un posto nella classifica delle più grigie vittorie in giallo. Nessun successo di tappa, pochi squilli, pochi scatti, di cui uno quasi deleterio verso Mende. Non era certo il Contador del 2009, quindi merito a lui per essersi anche gestito in momenti non eccezionali (su tutti, la crono di Pauillac), e per aver saputo sfruttare le crepe caratteriali di Schleck (ma in quel caso il grosso del lavoro l'ha fatto il suo rivale...); demerito, invece, per l'inattesa involuzione rispetto al 2009: sarà mica stata la Liegi fatta ad aprile a tarpargli tanto le ali in luglio?

Andy Schleck - 7
È ancora un ragazzino, in fondo. E chiude il Tour con un raccolto ricco, il secondo posto finale, la maglia bianca di miglior giovane, le tappe regine di Alpi e Pirenei, a dimostrare una supposta supremazia in salita che però - ecco il punto - non è stata sfruttata al meglio da un corridore che non sa ancora come si vince una grande gara a tappe. Il sospetto che questa insipienza sia dettata più da questioni caratteriali che dalla reale inesperienza, è però un macigno che Andy si porta a casa dal Tour e che non potrà non influenzarlo in passato. Se non altro gli ha fatto bene un'esperienza al Tour senza il fratello Fränk (s.v., tornato a casa troppo presto per essere giudicato).

Alexandre Vinokourov - 9
Il fatto di essere il migliore ce l'ha nel dna, c'è poco da fare. Avesse avuto un motore più leggero, uno con la sua grinta e la sua tenacia avrebbe dominato i grandi giri per un decennio. Non si può dire che comunque non abbia fatto tanto, in una carriera che - se le voci sono vere - si chiude praticamente qui: quest'anno, per gradire, si è portato a casa solo una Liegi, un Giro corso da protagonista e un Tour altrettanto significativo: avrebbe potuto ribaltare la squadra, dopo lo sgarbo di Contador a Mende, poi (come sempre) ha messo il suo straordinario cervello al servizio del cuore d'atleta, e il giorno dopo ci ha regalato forse l'impresa più bella della Grande Boucle, a Revel. E solo nel finale di corsa gli è sfuggita una top ten che a un certo punto pareva alla sua portata. In tutto ciò, ha dato una mano ad Alberto: in fondo l'Astana è Vino, e se vince Contador vince l'Astana; e quindi vince Vino: al sillogismo kazako non si può sfuggire.

Paolo Tiralongo - 7.5
In proporzione, ha messo più a ferro e fuoco il gruppo lui (assieme al sodale Daniel Navarro - 7.5 anche allo spagnolo) di quanto non abbia fatto il suo capitano. L'Astana potrebbe riconoscergli seduta stante un premio-produzione: qualunque fosse la crifra, sarebbe comunque poco.

Fabian Cancellara - 9
Due ceffoni a chi parla di motorini, e via andare. I due ceffoni sono le due crono che ha vinto, accompagnate dall'ormai consueta sequela di maglie gialle a inizio Tour e dal ruolo di spicco recitato accanto a Andy sul pavé. Discutibilissimo il modo con cui ha fermato la corsa sulla via di Spa, quando i suoi capitani erano nelle peste. Ma, dal suo punto di vista, un capolavoro tattico e diplomatico che lo fa emergere come una delle personalità centrali del ciclismo del terzo millennio: così come non c'era nessuno più forte del vigile urbano (che ferma un tram con una mano), così non c'è nessuno più carismatico di Cancellara, che neutralizza una tappa con la sola imposizione delle sue parole e - facendo come se niente fosse - salva i fratelloni da un ritardo biblico.

Mark Cavendish - 8.5
Un inizio claudicante, ma il suo problema era principalmente sbloccarsi: una volta riuscitovi, infatti, non ha più perso uno sprint, dimostrandosi via via sempre più imbattibile. In compenso, malgrado le 5 vittorie di tappa, non riesce a dire la sua per la maglia verde: ma nel 2009 ci era riuscito (a non dire la sua) pur avendone vinte 6...

Lance Armstrong - 4
Bene, la sua prova l'ha fatta, e ha capito che certi limiti sono insuperabili anche per Robocop. Grandemente dignitoso nella disfatta, ma un errore di valutazione sulle proprie possibilità tanto macroscopico te lo aspetti da altri corridori, non da uno che fin qui aveva condiviso col papa il dogma dell'Infallibilità.

Carlos Barredo - 7
Monumento al fuggitivo ignoto, ovvero quello che esce da questo Tour senza vittorie. Perché citare lui, allora, e non un Kiryienka (a proposito: 6.5 al bielorusso)? Ovvio: per l'indimenticabile scenetta con Rui Costa, quando ha preso a ruotate il malcapitato portoghese. Le smentite e il dispiacere del dopo non tolgono una virgola alla bellezza postmoderna di quell'insensata aggressione.

Denis Menchov - 6.5
È sempre bello vederlo pedalare, ma tra i due non-litiganti aveva il dovere di provare a godere. E un podio (un'altro) sarà anche bello, ma per l'orgasmo ci vuole ben altro.

Robert Gesink - 5.5
In coppia con Menchov nell'inconcludente Rabobank che non ha mai provato a sparigliare le carte in tavola. A maggior ragione se l'olandese non era al top, si poteva "sacrificarlo" in nome di un obiettivo più alto del sesto posto finale
che Robert si porta a casa: suo miglior piazzamento al Tour, certo, ma quanti se ne ricorderanno?

Damiano Cunego - 6
Inutile infliggergli altre insufficienze, vale ancora un concetto già espresso: se a lui va bene così, contenti tutti.

Alessandro Petacchi - 8
Il vecchio AleJet ruggisce, non arrugginisce. A quasi 37 anni è lui a salvare il bilancio dell'italico pedale in terra di Francia: speriamo che la maglia verde che ha conquistato con grande merito non abbia la data di scadenza sul retro; insomma, che non gliela tolgano, insieme alle due tappe vinte a Bruxelles e soprattutto a Reims (dove non è stato favorito da cadute dei rivali).

Ivan Basso - 4.5
Impacciato, brutto, lento, completamente fuori fase rispetto ai progetti e ai proclami della vigilia. Ha due terzi di Tour in difesa, e il resto alla deriva: e la bronchite è un problema che viene dopo altre questioni più rilevanti, a ben vedere. Mezzo voto in più perché non si arrende all'idea di non poter disputare Giro e Tour ad alto livello nella stessa stagione.

Roman Kreuziger - 5
Per il momento, parla più di quanto pedala. Certo, conferma il nono posto del 2009, ma pare un po' in involuzione; né può dire di aver dovuto spendere energie per lavorare per Basso (anche se sicuramente recriminerà perché la squadra non ha creduto in lui come capitano).

Cadel Evans - 6.5
Un giorno in giallo, poi il grande dolore della Madeleine, il gomito fratturato e i minuti presi a carrettate. Un'altra didascalia di una carriera da montagne russe, più che francesi. Stoico come sempre, non dubitavamo che avrebbe portato a termine il Tour malgrado quel problema al braccio.

Carlos Sastre - 5
Un altro vecchio marpione del gruppo sul viale del tramonto. Prova, provicchia, ma non conclude niente. Conferma la sua antipatia per Contador con l'attacco nel giorno del secondo Tourmalet, quando Alberto provava a tenere tutti vicini in attesa del rientro di Samuel Sánchez caduto. E quando dice ad alta voce quello che ormai tutti pensano (ovvero che il fair play coniugato a una certa maniera melensa è una boiata pazzesca), 92 minuti di applausi (e mezzo voto in più) lo sommergono.

Levi Leipheimer - 6
Non era facile convivere in squadra con l'ingombrante texano, nonostante ciò fino all'ultima salita del Tour è stato coi migliori, perdendo la top ten sul Tourmalet. Meglio lui di compagni da sempre strombazzati oltre ogni merito (Klöden e Brajkovic, 3), anche se in RadioShack il vero capolavoro l'hanno fatto Sergio Paulinho (tanto gregariato, una vittoria di tappa a Gap e un bel 7 in pagella per il portoghese) e soprattutto Chris Horner (7 anche a lui), che in età quasi da pensione si prende nientemeno che un decimo posto in classifica: non poteva dare qualche consiglio a Lance?

Anthony Charteau - 7
Sarà ricordato come uno dei vincitori di maglia a pois meno dotati in salita, ma ciò semmai acuisce i suoi meriti nell'aver tenacemente inseguito (e conquistato) un obiettivo che a qualcun altro sarebbe sembrato irraggiungibile.

Thor Hushovd - 6.5
Conquistata una tappa che non avrebbe potuto fisicamente perdere (quella del pavé), non è poi stato brillante come altre volte nell'andare in cerca di punti per la maglia verde (e infatti ha vinto Petacchi): frenato in ciò da un'indiscutibile regressione nell'esercizio dello sprint.

Jürgen Van den Broeck - 7
Passetto dopo passetto, il belga si avvicina ai quartieri alti delle classifiche che contano. E come età (27 anni) non è certo fuori dal range di chi può sognare addirittura di vincerlo, il Tour (diciamo di arrivare sul podio, per essere più realisti). Si dirà che vederlo correre non riempie gli occhi, ma non è colpa sua se nel ciclismo del 2010 basta non andare mai in crisi per arrivare quinti in un Tour.

Adriano Malori - 6.5
Lui il suo Tour l'ha finito: all'ultimo posto. E il fatto che si sia giocato (e abbia conquistato) la maglia nera all'ultima crono contro un ex Campione del Mondo di specialità (Grabsch) è una chicca che difficilmente cancellerà dai suoi ricordi.

Luis León Sánchez - 5
Partiva per una vittoria di tappa e un posto nella top ten: il fatto che si sia fermato al secondo posto di Saint-Jean-de-Maurienne e all'undicesimo posto in classifica, quindi esattamente a un passo dai suoi obiettivi, ci dice tanto del suo essere ancora incompiuto. Di sicuro non è un Valverde, che in Caisse ha lasciato un vuoto non colmato da LLS né dal comunque discreto ritorno di Rubén Plaza (6 per il suo dodicesimo posto finale) o dagli scattini per i punti Gpm di Christophe Moreau (5.5 e in bocca al lupo per il post-ciclismo).

Ryder Hesjedal - 7
Tutti lì ad aspettare che saltasse, giorno dopo giorno, salita dopo salita. Invece il canadese ha retto e porta a casa un inatteso, forse insperato settimo posto. È uno dei corridori che destano le maggiori curiosità per gli anni a venire.

Bradley Wiggins - 3
Forse illuso dal quarto posto dell'anno scorso, è stato l'autore di uno dei tonfi peggiori di questo Tour: sin dal cronoprologo di Rotterdam, mai in gara. Almeno al Giro una giornata di gloria l'aveva vissuta.

Sylvain Chavanel - 8
Il gentile omaggio di Spa (tappa e maglia gialla) non gli era andato troppo giù, evidentemente, se cinque giorni dopo, a Station-des-Rousses, ha ripetuto l'impresa, e stavolta senza che il gruppo neutralizzasse la corsa alle sue spalle. Un corridore che ha una sua precisa dimensione e ci sguazza come un bimbo che gioca. Con tanto di compagnuccio, quel Pineau che ha fatto corsa parallela con lui nella tappa di Station-des-Rousses e che ha portato per diversi giorni la maglia a pois: 6.5 a Jérôme, perché nella festa Quick Step ha saputo recitare un bel ruolo.

Samuel Sánchez - 6.5
In alcuni momenti era il solo a tenere le ruote di Alberto-Andy in salita, ma alla fine non è riuscito a difendere il podio dall'assalto di Menchov. E, strano a dirsi per uno come lui, ha avuto meno coraggio di tante altre volte. Comunque quarto e con la speranza di poterlo centrare, prima o poi, quel podio.

Sandy Casar, Thomas Voeckler, Pierrick Fédrigo - 7.5
Tre personaggioni del ciclismo transalpino: una tappa a testa e un voto più alto di altri colleghi (e connazionali, come nel caso di
Christophe Riblon primo ad Ax-3 Domaines: 7 per lui). Perché? Perché ci sono sempre, sanno come proporsi e come vincere in un grande giro: praticamente infallibili. In attesa che la marea dell'attesa nouvelle vague monti, i francesi hanno comunque di che divertirsi.

Nicolas Roche - 6
Anche lui è uno di quelli che attuano la politica dei piccoli passi. La quale non è detto che non paghi, visto che il figlio di Stephen sembra effettivamente un corridore con le azioni in ascesa. Per ora sufficiente in corsa, più bravo a trattenersi dal non spaccare la faccia a John Gadret (4) che non gli ha passato la ruota quando Nicolas ha forato sul Port de Balès.

Joaquím Rodríguez - 7
E un 7 non si nega neanche al Purito, che ha avuto la ventura di trovarsi in mezzo alle bizze Contador-Vinokourov a Mende, ma imperturbabile ha proseguito per la sua strada (ovvero quella della vittoria di tappa). Conscio che non sempre ci saranno Tour con tante salite e poche cronometro come quest'anno, è riuscito a contenere i danni e a prendersi anche un ottavo posto che completa al meglio la sua spedizione.

Alessandro Ballan - 6
Dopo varie traversie, l'abbiamo rivisto con piacere pedalare anche con buona lena. Uno scatto bello e impossibile sulla via per Revel, un secondo posto conquistato in fuga a Luchon. E la consapevolezza che dopo un Mondiale c'è ancora vita.

Marco Grassi

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