Brixia Tour 2010: Pozzovivo domina sul Passo Maniva - Avversari tutti molto lontani
Calma e sangue freddo. Un ritornello che gli rimbombava impetuoso nella testa mentre i chilometri scorrevano sotto le ruote e il duello rusticano giungeva alla stretta finale. Ultima tornata del Campionato del Mondo - riservato agli Under 23 - sul circuito di Verona. Inizia il falsopiano che condurrà inesorabile verso il limen tra gloria e anonimato: la salita delle Torricelle. Giù un dente e mente occupata dal tormentone musicale che ha caratterizzato la torrida estate di un 2004 che, nonostante ottobre abbia fatto capolino da poche ore, continua imperterrita a presentare il conto sottoforma di un'afa così insopportabile da svuotare le gambe. Finirà lì il sogno iridato di Domenico Pozzovivo. Spalla a spalla col bielorusso Siutsou, nell'attimo in cui lui, grimpeur di razza, avrebbe dovuto e potuto sferrare l'assalto decisivo per solcare il vuoto. Alimentazione sbagliata, crisi improvvisa e addio medaglia. Da dietro riemergono Dekker e Christensen e lui, già secondo al Giro della Valle d'Aosta, è costretto ad ingoiare l'ennesimo boccone amaro di stagione. Mitigato, solo in parte, dalla certezza di saltare di categoria con l'avvento dell'anno nuovo.
Calma, sangue freddo e una spada di Damocle costantemente a pendergli sul capo. La litania è rimasta la stessa: "Se non arriva da solo, non vince". La totale assenza di uno spunto che quantomeno sfiorasse il concetto di "velocità" e la devozione al gruppo sportivo di Reverberi - con il quale il sodalizio è stato prolungato per il sesto anno consecutivo - ha imposto che il duello avvenisse sempre (o quasi) all'interno dei confini nazionali, con l'handicap ulteriore di una carta d'identità che ha fatto sì che ad incrociare la sua spada fossero purosangue navigati. Con risultati, di conseguenza, impietosi: casella delle vittorie immacolata nelle prime quattro stagioni da professionista.
La costruzione di un successo passa però attraverso tappe obbligatorie. Il sacrificio e la dedizione al lavoro, se non accompagnate da incentivi, possono non bastare. A rompere il ghiaccio ci ha pensato la Settimana Lombarda un anno fa: allungo inatteso da finisseur e braccia levate al cielo. Ma una è troppo poco per rovesciare i giudizi. Abbastanza, forse, per mutare la mentalità. E così, raddoppio immediato a un soffio dal Giro d'Italia, col prestigioso arrivo in quota all'Alpe di Pampeago al Trentino ed ulteriore dimostrazione di forza sul Passo della Bocchetta al Giro dell'Appennino. È il tratto distintivo dell'inversione di rotta. Un volo destinato a perder quota lungo il sentiero rosa, quando due cadute spengono velleità e ambizioni, alimentando antiche liturgie.
Il più dolce dei successi nasce dal desiderio di rivalsa. Tolte le stampelle ad inizio giugno, Pozzovivo è tornato in sella in tempo per prender parte alla sfida tricolore, reggendo l'urto e patendo il ritmo dei migliori soltanto nell'ultima tornata. L'obiettivo, pur non dichiarato, era quello di prendersi la rivincita sulle strade del Brixia. Il secondo posto di un anno fa, alle spalle di un Caruso parso inarrivabile, era servito ad appicargli addosso etichette consolidate nel tempo. La presenza di cinque formazioni Pro Tour, in un contesto valoriale apparso nettamente inferiore rispetto alle edizioni passate, garantiva, almeno sulla carta, l'aumento sostanziale del peso specifico del trionfo. Certificato dallo spettacolo offerto nei due arrivi in quota.
Centocinquantanove chilometri per assegnare lo scettro ed incoronare l'erede di Caruso. Al via da Concesio non si presenta il russo Silin ed il francese Drujon, ma ben pochi ne fanno un dramma, visto che la bagarre si scatena già al chilometro sedici. Ad allungare sono in cinque: Madrazo - già in avanscoperta ieri verso Pisogne - viene stavolta affiancato dal campione australiano Meyer, dal colombiano Carvajal e dall'olandese Hoogerland. Unico italiano a mettere la testa fuori dal guscio è Laganà, che transita prima al traguardo volante di Concesio prima che il tricolore Visconti - leader della generale dopo la prima giornata - abbandoni definitivamente la corsa. I fuggitivi raggiungono un vantaggio massimo di 3'09'' a 50 km dall'arrivo ma il gruppo, sotto l'impulso della Colnago di Pozzovivo, inizia a ridurre il gap pesantemente mentre dal plotone di testa il primo a perdere contatto è Carvajal.
Ai piedi del Maniva il piatto è già apparecchiato. Hoogerland prova un ulteriore affondo, ma la sua condizione non è certo paragonabile a quella dela Vuelta '09 ed il canto del cigno si esaurisce dinanzi all'ennesima accelerazione portata dalle maglie biancocelesti del predatore delle Prealpi lombarde. Le prime rampe servono a registrare il tentativo velleitario dell'olandese Poels che, se azzardato per spianare la strada a capitan Carrara, finisce col diventare il più comodo degli assist per Pozzovivo, il quale parte con decisione in contropiede spaccando in più tronconi quel che resta del plotone. Alla ruota del lucano prova a resistere Muto, ma il campano non può far altro che creare il buco e staccarsi, prestando il fianco all'impresa del dominatore della corsa, per il quale gli ultimi dieci chilometri assumono i connotati della cronoscalata. All'inseguimento resistono in quattro, con Possoni e Martin (al traguardo diventeranno rispettivamente secondo e terzo nella generale, posizioni rovesciate rispetto all'ordine d'arrivo) a viaggiare in testa a cambi regolari, trascinando con loro i germogli di Ulissi e Damiano Caruso, per i quali c'è in ballo la maglia bianca di miglior giovane, indossata dal portacolori della Lampre.
L'incedere del camoscio di Policoro diventa, metro dopo metro, sempre più brillante. Ora seduto, ora en danseuse, lo scricciolo di Reverberi guadagna repentinamente un minuto sugli immediati inseguitori, costruendo un tesoretto da conservare gelosamente fino allo striscione d'arrivo. Secondo successo in 48 ore (domani, dopo la passerella di Orzinuovi, le affermazioni diventeranno tre) e mani su una corsa dalla quale emerge prepotentemente il talento di Ulissi, quarto di tappa e nella generale, la cui maglia bianca rappresenta più di una speranza per il futuro di un movimento cui spettacoli miseri - in termini di spettatori e seguito - come quello cui si sta assistendo in questi giorni, non fanno certo onore.