Tour de France 2010: L'impresa sfumata di Cunego - Buona fuga, pessima volata
Versione stampabileL'alba serena di Morzine prometteva un'altra giornata di passione. Alla partenza, ore 11 e 30, dalla terrazza panoramica naturale di Avoriaz, in pochi avranno lasciato sostare lo sguardo sui monti del proscenio. Cunego nemmeno, piuttosto tendeva l'orecchio.
I francesi queste tappe se le giocano sempre. Si parlano, si organizzano, sguardi d'intesa, bisogna cogliere l'inflessione di una battuta, intuire fremiti. All'arrivo di Station des Rousses, Damiano aveva ingoiato l'ennesimo calice amaro, scornato, aveva trovato lo spirito per promettere altre giornate di battaglia. Doveva mettere alla prova l'anima, prima delle gambe. Aveva allungato, ripreso i fuggitivi, collaborato, faticato, sperato.
Chavanel lo aveva lasciato partire come uno qualunque, poi preso e lasciato per strada. Con lungo rapporto aveva sfaldato il suo volenteroso zampettare. Poi anche gli altri avevano cominciato a menare ritmi infernali e allora tanti saluti. Arduo raschiare in un angolo del cuore la speranza che, tornando là davanti a soffrire, si possa raccogliere qualcosa.
In una giornata di riposo non si cambia il motore ed il cielo terso, unitamente al libro della corsa, promette un'altra odissea. Sulla Colombière, Cunego raccoglie il cuore e mette ancora la posta sul tavolo. Stanno uscendo allo scoperto maglie nere striate Caisse d'Epargne, un alto papavero ha mosso le sue pedine. C'è LL Sánchez davanti, e anche Hushovd ha fiutato giusto. Insieme, alla spicciolata, si uniscono al manipolo i francesi del giorno. Oggi sono: Charteau, pimpante in salita, Gautier, non molto, Pineau, duro, ma cerca solo punti sui Gpm, Casar, insidioso, ma stagionato. Più Nocentini, Frohlinger, Voigt, battibili allo sprint.
Anche Chavanel ha levato l'ancora, ma senza trovar buon vento. Hushovd è fuori solo per cogliere al volo 6 invitanti punticini oltre il dentello della Côte de Chatillon ad un colpo d'occhio dalla partenza. Petacchi, bontà sua, ha osservato con regale distacco tale sciupio di forza (poca, in verità) per così magro bottino. Ma intanto la formica sta riempiendo la dispensa.
Fuga ottima, dunque, tanto più perchè Sánchez ha gregari che assicurano tanti chilometri a ruota. Damiano fa roteare le zampette da folletto e va. La Madeleine al Tour è il nome di una strega, altro che santa. 25,5 km di salita, una strada capricciosa, irregolare, tutta curve e strappetti. Ma dopo Colombière, Aravis e Saisies diventa uno spartito per solisti virtuosi, per chi sa modulare il ritmo su pendenze cangianti. Infatti, dietro, i più vibranti interpreti iniziano il concerto. Si temeva, ancora una volta in un rovescio.
Cunego aveva chiuso il buco da solo sui fuggitivi, tallonato, ma non molto sorretto, da Taaramäe. Se ha pagato gli sforzi sulla modesta Lamoura, potrà superare la Madeleine? Tira stantuffante José Iván Gutiérrez e Cunego tiene, tira il più insidioso Moreau e tiene, alla fine lo stesso Sánchez e Cunego pare quasi tirare un sospiro. L'uomo della speranza, stavolta può rialzare la bionda crestina. Come re di un impero in declino, ha visto i confini ridursi su ogni fronte. Fu uomo da Giro d'Italia, ma, si vide, forse gli mancava qualcosa, allora di sicuro da grandi e dure classiche, poi ancora da classiche di media durezza, quelle troppo probanti forse le soffre, poi infine cacciatore di tappe. In tutte le specialità raccoglie dapprima allori, resetta le ambizioni sul nuovo traguardo, ma poi si ritorva a faticare anche sull'obiettivo minore.
Puntualmente quello che sembra solo un frutto maturo da cogliere, perfino un obiettivo di ripiego, un territorio piano da razziare, diventa uno scoglio, un sogno, una chimera. Confini sempre più angusti. Il cuore, più dei confini, si stringe.
Lontano ricordo un'alba di grande luce, a mezzogiorno solo nubi. E critiche. Il nome è atteso, la gente aspetta. Si prova a cambiare preparazione, ma da una parte migliori, dall'altra si paga dazio. Un labirinto. Pensieri che impiombano le gambe ben più dei rapporti. Leggerezza perduta.
Intanto dietro imperversa il concerto dei grandi solisti, Dall'ultimo pendio sulla cima del colle si scorgono distintamente ormai un paio di tornanti più in basso, diavoli arrembanti, Schleck e Contador. Infatti rientrano all'ultimo chilometro. Cunego sta faticando, ma Charteau non spaventa, Casar era al gancio sulla Madeleine, Sánchez ha sgobbato per tutta la salita, Contador e Schleck non dovrebbero infierire.
Battezza la ruota giusta. Alla penultima curva però non riesce ad evitare l'inserimento di Sánchez, che si alza sui pedali, fa per scattare, ma non scatta. Una finta studiata a tavolino? Cunego casca dalle nuvole. Quando prova ad uscire di scia, dalla terza posizione, non può che avvicinare Casar. Ma l'arrivo è enigmaticamente piazzato dietro una curva, chi è davanti ai 50 metri ha vinto.
Così uno stranissimo sprint si conclude con la vittoria dell'esausto Casar, davanti per tutto l'ultimo chilometro. Quando stormi d'uccelli neri ingombrano l'anima, può succedere.