Giro Donne 2010: Un giorno da leggenda - Le tante salite fanno discutere
Versione stampabileAlla vigilia, questo Giro Donne era già entrato nell'immaginario collettivo come il Giro dello Stelvio, tutto o quasi si sarebbe deciso lì, in cima ai 36 tornanti del gigante lombardo-altoatesino. Eppure ci troviamo qui, prima di salire in cima ai 2758 metri dello Stelvio e, a parte le prime cinque, abbastanza vicine - Claudia Häusler quinta a 1'41" - possiamo già leggere distacchi "da clessidra". La decima è Evelyn Stevens, a 13'35", la 15esima, Pitel, a oltre 22 minuti, la 20esima, Ovcharenko, a 35.
E in gruppo ha iniziato a serpeggiare qualche malumore, il Giro Donne 2010 è troppo duro e non è una cosa che fa bene al movimento femminile. Tante ragazze, costrette a pagare tre quarti d'ora sul traguardo di Livigno, la pensano così, lo si capisce dalle loro facce, dalle espressioni stralunate, dalle occhiate che si lanciano tra di loro come a dire: "questi ci vogliono ammazzare e ancora ci manca lo Stelvio che ci darà il colpo di grazia".
«Non è bello vedere il tricolore della Baccaille - ci spiega Brunello Fanini, salito a Livigno per sostenere la sua squadra - arrivare dopo 27 minuti. Un Giro con metà delle difficoltà di queste bastava e avanzava, tanto avrebbero vinto sempre le stesse ragazze e non sarebbe cambiato quasi niente».
Edita Pucinskaite, che nella sua carriera ne ha visti di Giri e Tour duri, è lì, ascolta le parole di quello che fu anche il suo presidente qualche anno fa e controbatte: «Brunello, tu dovresti ricordarti la storia del ciclismo femminile, quando andavamo al Tour e scalavamo le vette mitiche del ciclismo, e abbiamo fatto la storia con i nostri duelli lassù. A me dispiace solo non essere al top della condizione e non poter onorare al meglio questi percorsi, ma è così che si disegna un Giro d'Italia. Questo è probabilmente il Giro più bello che io abbia mai corso. Le velociste hanno avuto le loro tre occasioni e un'altra ne avranno a Monza, c'è stata una crono per le passiste pure, le ragazze coraggiose ci hanno potuto provare nelle due tappe di Pettenasco e Arcisate, ora è tempo di montagne e 3 giorni di salite vere non fanno male a nessuno, è giusto che le scalatrici mettano in mostra le loro doti e diano vita a duelli che infiammano i tifosi. È questa la strada per recuperare l'interesse della gente verso il ciclismo femminile, secondo me».
Sulla stessa lunghezza d'onda è Marianne Vos, che pure ci ha lasciato una maglia rosa su queste strade che vanno verso il cielo: «È fantastico correre su strade leggendarie come queste, mi è piaciuta molto questa tappa anche se non si è rivelata adattissima alle mie caratteristiche. Non mi sento assolutamente di dire che tappe come queste siano troppo dure. Non sono mai troppo dure!».