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Tour de France 2010: La favola delle pietre - La Roubaix alla Grande Boucle

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Un tratto di pavé francese - Foto Daylife.com © APCon la bandiera della pace ben spiegata sul pennone di prua il gruppo volge a est verso le lande di Roubaix. Il fertile territorio francese mostra subito al Tour il suo suolo più duro, povero per definizione e dunque accidentato, il suolo delle pietre. Nelle terre delle trincee anche il corridore deve scendere nel suo solco. I settori più aspri di pavé per grazia di Dio sono risparmiati, ma i nomi che si leggono sulle carte non sono musica soave per le orecchie del ciclista. Sono versi originali del Dante del ciclismo, l'inventore della Parigi-Roubaix.
Quattro tratti negli ultimi trenta chilometri, ciascuno lungo più di due. Nomi faticosamente noti. Meno male che l'abbraccio universale di ieri ha creato letizia. Non ci sarebbero presupposti per un sabba infernale. Ma in gruppo sonnecchiano navigati masnadieri, gente che i trattati di pace te li straccia sotto il naso. Gente che al famigerato Passage du Bois non fece prigionieri.

Se si potesse alzare lo sguardo per un attimo dalle pietre si potrebbe ammirare un gentile, vasto orizzonte campestre, sottili betulle e ponti levatoi che ispirarono pittori leggeri e un'arte luminosa e fiabesca. Le Fiandre sono la patria del gotico internazionale, il più sospeso, etereo, slanciato gotico d'Europa. Fiammeggiante, come gli artigli del leone sulla bandiera delle Fiandre e della vicina provincia francese del Nord-Pas de Calais. E qui, sul degno leggiadro protagonista di uno di quei quadri, si è realizzata una meravigliosa, fiabesca trasformazione. Dagli eleganti garretti del tenero cerbiatto ferito è spuntato il mezzo busto di un fiero centauro.
Mago Merlino Cancellara, già ieri autore di mirabile sortilegio, ha pronunciato di nuovo la formula magica imponendo le mani sul capino biondiccio di Andy, guidandolo nell'iniziazione a maestro del pavé. Portandolo fuori dal gruppo mentre Fränk lo spezzava cadendo. Conoscendo la disponibilità al reciproco sacrificio e l'arte tutta nordica della caduta al momento appropriato, un piccolo dubbio sulla genuinità della manovra del buon Fränk rimane. Conoscendone la singolare rigidità sul sellino, invece, i dubbi si dissolvono. Fatto sta che al rovinare nella polvere dell'uno è corrisposto il salire sull'altar dell'altro.
Così il principe ereditario, nonché azzurro, Andy Schleck, udite udite, sfreccia fuori dagli otto settori di pavé nell'avanguardia estrema, insieme a pochi altri eletti. Il gotico fisico di Andy era martoriato, sapendo dove si andava, alla partenza faceva male solo guardarlo. Cercava di portare la croce oltre Arenberg. Però dopo la caduta di ieri già gli si ammirava, oltre il dolore, una delle pedalate più fascinose del gruppo, come al solito. Con il senno di poi era un segnale.

Insieme a lui ora si instaura al comando della classifica virtuale Evans. Contador osserva il sortilegio da poco dietro, in qualche fase intravede gli avversari tra la polvere. 20" avanti; sono lì, sguinzaglia il fido Vinokourov. Buono, ma sul pavé non sufficiente contro Cancellara e Hushovd, e infine anche il suo sorriso saraceno trasfigura in una smorfia sofferta. Deve raschiare residue energie agganciato in fondo al gruppetto, poi nel finale deve rialzarsi e lascia 20" di troppo; una crepa in una giornata fruttuosa, ma sempre una crepa. Si guarda la durata della battaglia.
Poi, Basso. Bicchiere mezzo pieno: non ha subito distacchi da deriva, come si poteva anche temere e con un po' di fortuna, Armstrong è vicino. Bicchiere mezzo vuoto: tre uomini gli sono sfuggiti ben oltre le previsioni ed è gente recuperabile in salita solo grazie ad una crisi loro: Schleck junior, Evans, Contador.
Tre come i posti disponibili sul podio.

In mezzo però vari altri ragionevoli pretendenti, come Menchov, Samuel Sánchez, Martin e Armstrong, citati in ordine sparso. Quello che non fecero le crono(squadre, spesse volte), lo fa il pavé.
La ragione per Basso ora pare dire di no. Forse sarebbe il momento anche per lui di tentare qualcosa che con la ragione c'entra poco.

Il ciclismo, come oggi, a volte realizza favole.

Elisa Rossi

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