Tour de France 2010: Volano in tanti, AleJet decolla - Cadute nel finale, vince Petacchi
Sarà il caso o sarà una capacità che, con l'esperienza della "vecchiaia", Alessandro Petacchi ha saputo sviluppare. Prima di oggi, l'ultima volata vittoriosa di Petacchi era stata al Tour de Suisse, quando Cavendish decise di beccare in pieno Haussler portandosi sull'asfalto una buona parte di gruppo; escluso AleJet, che sulla destra trovò il varco giusto per vincere, pur senza esultare.
Oggi invece l'esultanza c'è tutta ed è meritata, perché Petacchi ha vinto bene, con autorità, e le cadute sono avvenute ben prima della volata vera e propria: a poco più di mille metri dall'arrivo di Bruxelles, una scivolata in una curva a destra ha coinvolto Cavendish e Freire (nonché Hunt, Klier e Lorenzetto), togliendo due dei maggiori favoriti per lo sprint finale; poi, passato da poco l'arco dell'ultimo chilometro, un capitombolo generale che ha praticamente spezzato il gruppo e che potrebbe aver lasciato anche qualche infortunio di varia entità, anche se ovviamente ci auguriamo che tutti i coinvolti non si siano fatti male.
Tappa d'esordio - per quanto riguarda quelle "in linea" - che, dall'Olanda al Belgio, si sapeva poteva causare qualche incidente di percorso: l'avevamo imparato durante la scorsa Vuelta e lo scorso Giro. Vento, spartitraffici, rotonde, scalinetti nelle rotonde: mille imprevisti lungo le strade del nord Europa.
Hansen (malconcio alla spalla sinistra) e Di Gregorio i primi ad andare in terra, poi un'intrusione non troppo amichevole di un cagnolino di piccola taglia (scappato a qualche padrone distratto, immaginiamo) ha mandato gambe all'aria un bel po' di corridori: tra i coinvolti, anche la maglia verde Millar, l'irlandese Roche, nonché Ivan Basso. Anche per loro, per fortuna, niente di grave (almeno a caldo, ma le indicazioni sembrano volgere per il meglio).
Già da qualche chilometro, praticamente dal via, davanti si era formato un drappello di tre corridori che ha promosso la prima fuga del Tour de France 2010: Lars Boom, già attivissimo sulle strade di casa durante la scorsa Vuelta, Maarten Wynants e Alan Pérez, corridori di Rabobank, Quick Step ed Euskaltel. A parte il compagno di Freire, davanti anche per esigenze di sponsor, squadre che non hanno velocista e che dunque vedremo spesso nelle fasi iniziali di gara.
A 29 km dall'arrivo, una foratura lascia attardato Freire: per il tricampeón di Torrelavega, una giornata da dimenticare. Nel frattempo, il campione moldavo Pliuschin si lanciava all'inseguimento di Wynants, che nel frattempo aveva abbandonato la compagnia di Boom e Pérez e si era avvantaggiato tutto solo in testa alla corsa. Il passista del Team Katusha dà un grande impulso al tentativo di fuga e Garmin, insieme al Team HTC ed alla Cervélo, si deve impegnare parecchio per chiudere sui due valorosi corridori.
Il finale, raccontato il caos scatenato dalle due cadute, sembrava una storia tra Farrar, Hushovd e Petacchi, i tre velocisti rimasti fuori dalla selva di gambe, telai e catene riversi sull'asfalto di Bruxelles. Lancaster, ricordando il passato di campione olimpico nell'inseguimento a squadre su pista, provava l'anticipo ai 600 metri, ma Hondo - in versione cane da caccia - puntava la lepre e la lasciava disponibile alle fauci di capitan Petacchi a circa 300 metri dall'arrivo. Una volata lunga, quella dello spezzino, proprio mentre Farrar veniva arrotato da Mondory e mentre Hushovd si faceva rubare un tempo da Renshaw, orfano di Cavendish ma nient'affatto intimidito nel ruolo di sprinter designato. Petacchi però è a bocca aperta lì davanti, e nessuno riesce neanche ad affiancarlo.
Mancava dalla Grande Boucle dal 2004, AleJet; un anno prima ancora, addirittura, l'ultima vittoria al Tour: si arrivava a Lione, era la sesta tappa, e Petacchi vinceva la quarta volata. Il giorno dopo si sarebbe ritirato dopo circa 40 km, sulla prima salita di giornata, mandando su tutte le furie Ferretti, che di quella Fassa Bortolo era team manager e non solo. Era l'anno delle 6 vittorie al Giro, delle 4 al Tour e delle 5 alla Vuelta. Sette anni fa; una vita, ciclisticamente parlando. E Petacchi è ancora qui, ancora davanti, ancora in grado di alzare le braccia davanti a tutti.