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Bici spaziali, volo troncato - L'UCI indaga, Riis si difende

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Esistono davvero le bici volanti? E chi le ha usate?Diciamolo subito in modo da sgomberare il campo da fraintendimenti: anche se il pubblico si è appassionato alla vicenda e la segue con interesse, di questo ennesimo filone da guardie&ladri nel ciclismo non sentivamo francamente la mancanza. «Abbiamo già i nostri problemi», verrebbe da dire, e tutto volevamo meno che questo mistero sulle biciclette motorizzate che sarebbero state usate da alcuni corridori in particolare. Una vicenda che apre scenari addirittura filosofici, sulla natura di quest'imboglio, se sia come il doping o meglio o peggio. A livello di atto in sé è sicuramente peggio, perché effettivamente snatura il senso stesso del ciclismo (ovvero di quello sport che si pratica facendo muovere un mezzo meccanico chiamato bicicletta con la forza delle proprie gambe): se giochi a calcio con un pallone ovale, puoi dire di star giocando a calcio? Allo stesso modo, se pedali su una bicicletta assistita da un motorino, puoi dire di star praticando ciclismo?

A livello di responsabilità di un ciclista che usasse un simile mezzo, saremmo in presenza di un tentativo di barare truccando la propria prestazione: non cambierebbe di tanto la sostanza rispetto al doping, a meno di concedere che il doping è "barare fino a un certo punto", una filosofia che tra gli appassionati è molto più radicata di quanto non siamo disposti ad ammettere.

Dalla teoria di un ipotetico imbroglio motorizzato, giudicato generalmente fantascienza fino a poche settimane fa, siamo rapidamente giunti a un processo con degli imputati ben individuati in Fabian Cancellara e, più in generale, nella Saxo Bank di Bjarne Riis. Un video confezionato dal giovane reporter Michele Bufalino e messo in rete ha scatenato un vespaio di sospetti all'indirizzo di Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix di questa primavera: alcune accelerazioni di Cancellara, messe sotto la lente di ingrandimento, suggerirebbero, secondo la teoria avanzata da Bufalino, l'uso del sistema a motorino da parte dello svizzero.

Tale filmato trae origine dalle rivelazioni fatte in tv da Davide Cassani, che durante il TGiro ha mostrato uno di questi mezzi truccati, dichiarando che su una bici del genere anche oggi, a 50 anni, potrebbe partecipare con successo a una tappa del Giro d'Italia. Cassani si dice sicuro che alcuni professionisti abbiano usato tale trucco negli ultimi anni. Si parla di periodi di tempo troppo lunghi perché si possa pensare che nessuno, in gruppo, si sia accorto di questo imbroglio (perpetrato da pochi contro quasi tutti, stando alle indiscrezioni). L'UCI, bontà sua, ora aprirà una commissione di indagine per approfondire la questione: strano che ad Aigle abbiano scoperto da Cassani una cosa che - lo scopriamo in questi ultimi giorni - in gruppo sapevano tutti, ovvero che circolavano queste bici "rielaborate".

Riservandoci di capire meglio i tempi di reazione dell'Unione Suprema, proviamo ad analizzare più nel dettaglio la sfaccettata vicenda. Permane, malgrado l'esempio televisivo di Cassani e malgrado le voci che circolano sempre più insistenti tra gli addetti ai lavori, un giustificato scetticismo relativamente alle prestazioni di un tale sistema. A livello meccanico, sappiamo che l'apporto di un mezzo di simili dimensioni e potenza (100 W) è limitato nel tempo, a causa del fatto che le batterie devono essere piccole per essere occultate nel telaio della bici. Si parla comunque di sistemi che, allo stato delle cose, se effettivamente usati in gara (e ciò non è certo), possono aver inciso in misura relativa: non avranno trasformato un brocco in un cavallo, ma forse possono aver garantito, in determinati momenti, quel minimo quid in più che quando si corre a certi livelli può risultare decisivo. Un quid qua e là, ragionevolmente limitato a un numero non eccessivo di corse: questo è il danno stimabile, nel peggiore dei casi.

Quindi, fossimo nei panni del ciclismo, tireremmo quasi un sospiro di sollievo: considerando che lo si metteva in conto che prima o poi qualcuno avrebbe potuto provare a truccare le bici, quest'inganno è venuto a galla abbastanza tempestivamente, pare; e quindi, da qui in poi, sarà facile ovviare predisponendo i giusti controlli (già in fase di studio) per le biciclette. Sul pregresso, sarà impossibile giungere a conclusioni valide, a meno che non spunti una pistola fumante da qualche parte (ma ciò è da escludere).

Questa riflessione ci conduce dritti dritti al secondo aspetto della questione: la posizione di Cancellara e della sua squadra. La Saxo Bank ha emesso un comunicato in cui riduce a fandonie senza senso e senza prove le voci che si rincorrono e le testimonianze che sono apparse in rete; e in cui adombra una spregiudicata azione di marketing da parte dell'azienda costruttrice dell'aggeggio. Un discorso che filerebbe, non c'è che dire: a Riis non rimarrebbe che provare che alcuni soggetti coinvolti nella vicenda (Cassani, Bufalino) sono riconducibili all'azienda in questione, o che sono stati in qualche modo strumentalizzati dalla stessa ditta: più facile non far niente, che poi è quello che ha promesso di fare la Saxo Bank (che non intende commentare oltre questa vicenda).

Più facile non far niente perché la commissione UCI non avrà modo di provare alcunché (certo non basandosi su filmati che verrebbero periziati dalle parti in una querelle che andrebbe avanti per anni: McQuaid vuole questo?), e probabilmente si accontenterà di porre un argine da qui in avanti, senza guardare troppo indietro. Un po' perché Cancellara (comunque messo ingiustamente al centro di questa vicenda) ha delle ottime e ragionevoli tesi difensive. Un po' perché, scava scava, la beneamata Unione Suprema non vorrebbe scoprire di aver rimediato una (altra) figuraccia.

Marco Grassi

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