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Giro d'Italia 2010: Il trionfo e l'abbraccio - Basso, quel che ha dimostrato, quel che dimostrerà | Cicloweb

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Giro d'Italia 2010: Il trionfo e l'abbraccio - Basso, quel che ha dimostrato, quel che dimostrerà

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Ivan Basso portato in trionfo dai compagni - Foto Roberto BettiniNe abbiamo regalate tante, di parole, a Ivan Basso in queste settimane. Viene quasi difficile trovare un pensiero che riassuma quanto detto finora in una forma nuova. Si potrebbe cominciare dall'attualità più stretta, analizzando la crono che ha sancito la sua vittoria nel Giro 2010: potremmo trarne qualche elemento per proiettarci sul progetto-Tour che dovrebbe finalmente decollare, e non sarebbe certo una fuga in avanti da parte nostra, visto che il primo a parlare senza problemi e senza patemi della prossima avventura francese è lo stesso Ivan. Ma in realtà per approfondire e sviscerare qualsiasi aspetto del prossimo obiettivo del varesino, ci sarà tempo.

Potremmo allora riandare con la mente e con le parole al momento in cui il sogno si spezzò, quattro anni fa, e chiederci cosa è cambiato nel ciclismo in questi anni e cosa è cambiato in Basso, ma anche questo rischierebbe di portarci lontano dal senso di questa giornata. Una giornata in cui sì, c'è anche il retaggio di quanto è successo, perché l'uomo non è stato progettato a compartimenti stagni, quel che è stato resta sempre impresso e funzionale, propedeutico a quel che sarà. Ma una giornata in cui c'è anche la caratura mai messa in discussione dell'atleta Basso.

Un corridore partito da lontano, cresciuto gradualmente fino a imporre se stesso all'attenzione della platea internazionale. Poi pit stop. E ritorno, concentrati in pochi mesi gli stessi passi che aveva già percorso negli anni: grandi promesse, una transizione fatta di balbettanti esibizioni di forza, e poi la liberazione da ogni vincolo mentale per ritornare ad essere vincente. Come dire che se uno è fatto con quello stampo, sarà destinato a ripercorrere sempre gli stessi passi, qualunque cosa succeda intorno. È una questione antropologica, o forse proprio biologica.

Non piace e non piacerà a tutti, Basso, a maggior ragione dopo il già citato pit stop. Ma di sicuro in questo Giro d'Italia ha saputo conquistare nuovi cuori pronti a palpitare per lui; e certamente avrà riguadagnato alla sua causa alcuni dei vecchi tifosi che si erano raffreddati. Alcuni (o molti) si sono esaltati, anche più di quello che questo successo promette: Ivan ha vinto un Giro in cui mancavano molti dei più forti interpreti delle grandi corse a tappe. Contador e Schleck, Menchov e Valverde, Riccò e (mettiamocelo) Armstrong non c'erano, per un motivo o per l'altro (e ci siamo limitati ai nomi dei corridori attualmente attivi e non sospesi). Ha piegato molto nettamente la resistenza di corridori blasonati che però non hanno mai vinto un GT (vedi Evans ma pure Scarponi), o di corridori blasonati ma molto in là con l'età (Vino o Sastre), o di corridori graziati da una fuga bidone (Arroyo o Porte), o di compagni di squadra che non avrebbero messo in discussione - se non a parole nella prima parte di Giro - la sua leadership (Nibali).

Ha pure vinto un Giro molto molto duro, che come ogni Giro duro che si rispetti fa fisiologicamente emergere i corridori dotati di fondo e resistenza (le sue caratteristiche, in pratica). Ha vinto correndo con l'appoggio di una squadra platealmente superiore a tutte le altre, specie quelle dei principali rivali. E allora, dati questi fatti, com'è che nutrivamo mille dubbi su di lui alla vigilia, com'è che non avremmo scommesso a occhi chiusi sul suo nome, specie dopo averlo visto all'opera nelle sue pochissime uscite primaverili? Ecco, forse proprio per questo motivo. Non l'avevamo praticamente mai visto, non ci eravamo potuti formare un'idea compiuta sul suo stato e le sue possibilità.

Allo stesso modo e per quanto scritto poco sopra, non possiamo sbilanciarci sulle sue effettive possibilità di vincere il Tour, dove incontrerà avversari diversi e (in alcuni casi) molto più tosti di quelli battuti in Italia. Di sicuro, ora sappiamo di nuovo che c'è da fidarsi delle sue sensazioni, per cui se Basso dice che farà bene in Francia, si può essere abbastanza ottimisti. E si può coltivare la consapevolezza che, in effetti, tra una carriera e l'altra, Ivan non abbia ancora definito il suo posto nella lunga piccola storia del ciclismo. E, detto di uno che ha nel palmarès già due Giri d'Italia, vale come un grande complimento.

Marco Grassi

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