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Giro d'Italia 2010: Lo spiraglio del toro Evans - Cadel, pressing su Basso

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Evans stringe i denti negli ultimi metri della sua prova - Foto BettiniI monti pallidi quest'anno hanno subito una specie di asciugatura, di quelle vertiginose. Spremuti a fondo ne è stillata un goccia di estratto. Essenza di roccia. Pochi chilometri ma di scalata purissima, fin troppo. I più scanzonati la prendono con curiosità, come si assaggerebbe un pasticcino azteco, propongono zainetti dotati di ramponi. I più seri, e Basso ne è la guida spirituale indiscussa, si macerano, passano e ripassano l'aritmetica dei pignoni. Lassù attende una campana, è una presenza ingombrante. Le campane sanciscono la resurrezione. Il verbo suonare però ha valenze equivoche: nel lessico sportivo, ad esempio, lo si usa al passivo, e significa guai.

A la cinco de la tarde, per qualcuno poteva suonare la campana dei sogni. Il nome ha risonanze celestiali, Plan de Corones, sembra una radura, un luogo di consacrazione per cavalieri medievali. Ma lassù si trovano anche corone di spine. Il campanone alla fine della tappa diceva il suo vespro scandendo pesanti rintocchi, ma il Giro era ben lontano dal calare sipari. Anzi il mistero si è infittito. la fantasia fiabesca dei popoli ladini vedeva in questo monte calvo il trono solenne di una regina, dalla piatta cima si osservano i giganteschi piloni del popolo dei sassi rosa, tutti i gruppi più importanti appaiono a mezzogiorno come momumenti di una città di pietra.

A dispetto di questa luminosa chiarezza, il Plan de Corones ha incrostato di ulteriore mistero l'esito finale di questo Giro. Un percorso diviso in due parti antitetiche, come a cercare una dialettica di attitudini ciclistiche, come a premiare una completezza nell'esercizio del fuorisoglia. Un dilemma per le coscienze più tormentate dagli scrupoli della vigilia. Basso ancora ricorda l'asfalto istoriato di una celebre strada francese, quando vide passare sull'altro lato una funicolare blu, 10 -20 pedalate al minuto più agile di lui, inchiodato su un rapporto da maciste. Da allora è sua cura speciale macinare rapporti agili in salita, quando trattasi di cronoscalata. Guai a perdere di vista il contapedalate, via agile come un aristocratico levriero. Il Cuvignone deve conoscerla bene questa pedalata di seta. Altri invece hanno privilegiato l'ermeneutica. Come interpretare questa stele bifronte? Dove sarà utile piazzare il fulcro a cui applicare la leva migliore?

Garzelli ha tradotto il geroglifico alla sua disincantata maniera. Questa stele nella prima parte fa solo preamboli, conclude il luminare dopo pensosa lettura, poi tutto a un tratto cambia tono, ti introduce l'argomento, comincia ad elencare i capi d'accusa e la sentenza è enunciata nell'ultima riga. Prima dell'esecuzione ti fa tagliare il fianco del monte inaspettamente piana, scorrevole, deliziosamente panoramica. Ma è come l'ultima sigaretta, il ponte dei sospiri, poi c'è il calvario. Là si scava il solco tra i beati e i dannati, insegna l'autore antico secondo Garzelli. Così fa e rifila circa un minuto a tutti gli altri. Quelli forti.

Della stessa scuola di pensiero, da una cattedra più prosaica, insegna Arroyo. Alla svolta dell'intermedio, dove si inizia a ballare sul pietrisco e a cavalcare la sella da rodeo, lascia tranquillo il suo minuto a Basso. Pure qualcosa in più concede serafico a Evans, ma poi gli lascia solo briciole e per qualche giorno ancora blinda la sua maglia rosa. Un po' meno spaurito, ferma l'emorragia a 2 minuti e 27, margine non esiguo. Se saprà interpretare ancora con altrettanta arguzia le restanti epigrafi potrebbe essere questione di poche decine di secondi togliergli il primato.

Evans invece ha puntato la strada come un toro, stantuffando duro duro fin dall'inizio. Ha messo subito pressione al già dubitoso Basso, prendendosi da subito una decina di secondi, Poi ha continuato a maltrattare i pedali come se si trattasse di un fatto personale con la bici, con la strada, con i sassi, con questi maledetti secondi che vanno e vengono beffardi in classifica quest'anno. Un giorno nella polvere, un giorno sull'altar. Non sorprende i suiveur questa pedalata aggressiva, cattiva: è il marchio di fabbrica del biker. Alla fine però deve pagare a Garzelli, traduttor dei traduttori, 42". Idem come sopra, stessa malevola ironia del numero, stesso distacco in classifica da Basso. Però ora il toro forse intravede uno spiraglio nella guardia del torero. Forse questo solco può essere colmato giungendo in un'altra, antica arena. Forse.

Un'altra sciarada si aggiunge a quelle già intrecciate sulla strada del padre dei mostri del Giro. Già le nebbie si addensano sui pascoli alti del Mortirolo. Basso una volta vi ha inciso i suoi versi, ha dolci ricordi, e questo, quando le forze vanno cercate nell'anima, è un appiglio potente.

Elisa Rossi

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