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Giro d'Italia 2010: Un novello donchisciotte - Karpets e i dubbi Katusha

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Karpets recupererà quasi due minuti e mezzo a tutti i big - Foto  BettiniI mulini a vento li aveva visti in Olanda. Oggi ha messo la lancia in resta ed è sceso in campo. Fiero e selvaggio, ancorchè in caccia di ombre. Cavaliere errante, novello Donchisciotte da solo a combattere col vento e con il beffardo inafferrabile nemico in fuga. Come la guardia sugli spalti della fortezza del deserto dei tartari, ha vegliato e faticato. Il cannocchiale spaziava per l'orizzonte, ma le prede non apparivano. Pedalava nell'indefinito, nessun avversario da carpire, nessun inseguitore alle viste da fuggire.

Romantico zingaro, Karpets. Forse aveva idea di fare la sirena. Funziona, a volte, quando il gruppo va di conserva, nel cuore di lunghe tappe, il canto della sirena. Si fa un allunghino in testa al gruppo e si rimane lì a fare bella mostra per qualche centinaio di metri, magari anche un chilometro o due. Un richiamo per compagni d'avventura. Chi di dovere capirà: se vuole ha il tempo di raccogliere l'anima e le forze e venirti ad accompagnare. A quel punto si va. Oggi però le spire dei tornanti del Grappa stringevano già i cuori, facendoli sordi e ciechi a qualunque lusinga d'attacco.

Le truppe russe calate delle steppe sui dolci pendii del bel paese da un paio di giorni stanno raccogliendo allori. Non potevano mancare nella fuga del giorno. Ora, quando perfino il generale ha spronato il cavallo mettendosi di buona lena a recuperare minuti, i messaggeri devono essere caduti in mano nemica: altrimenti perché non si fermano subito i luogotenenti in avanscoperta per metterli al suo servizio? Con un gruppo così variegato e deciso che nemmeno sulle rampe micidiali del Barbotto si è sfaldato, c'erano forse solide speranze di vittoria? Si medita. Ancora una volta in questo enigmatico Giro si incontrano paradossi.

Intanto Cesenatico con il suo ipnotico grattacielo attendeva il Giro, accendendo l'anima di ricordi incancellabili. Cesenatico è terra d'incontro, di fusione. Una città di mare che ha regalato al ciclismo l'uomo delle grandi montagne. Leonardo, il maestro degli sfumati che nei suoi paesaggi fondeva il cielo con la terra in mutanti alchimie di colore, vi ha progettato il celebre porto-canale. Un lembo di mare che, col respiro delle maree, penetra nella terra. Relativamente alla bici, qui è avvenuto l'incontro fra cielo e terra.

Manuel (quando arriva l'enfant du pais bisogna usare il nome di battesimo) aveva dichiarato il colpo. Sul Barbotto affiancava Marzano, che pure sotto il casco è pelato. Con quel segno particolare, se vai in bici non puoi esimerti dallo scattare in salita, specie da queste parti. E Marzano rincorreva questo suo destino accelerando a ripetizione sul Barbotto. Manuel placcava, anzi affiancava. Quando affianchi lo scalatore lo fai per fargli vedere che non ti sta facendo male, per smontarlo. Fatto sta che Marzano si scoraggia davvero. Su un muro di Lugano, sbiadita che pare residuo di un tifo antico, in un certo punto si legge l'iperbole: "Rubens Roi du Tour". Quando ci passa, a Rubens deve fare una gran malinconia. Così in questo Giro prova di nuovo a rivelarsi se non re, almeno vassallo. In cima al Barbotto piazza una progressione violenta e passa primo. È un fuoco fatuo: ma è il segnale della rottura dei patti di non belligeranza tra i fuggitivi. Da lì in poi è tutta una schermaglia di botte e risposte.

Da subito l'istinto lo porta a chiudere sempre, ma poi Manuel si vede perduto, non può tenere sotto controllo più nessuno. Così, si ha l'impressione che abbia rischiato il tutto per tutto. Rimane nei gruppetti più arretrati, fa il morto. La vittoria pare svaporare sui viali che scendono verso la costa. Ai 400 metri Meyer chiude l'ultimo buco. Manuel deve anticipare la rasoiata prevedibilmente violenta del temibile Henderson, poi vada come vada. Gli necessita volata lunga allora. Esce di scia ai 300 metri e vola incontro ad un destino luminoso.

Ora denti di squalo sono disegnati sulle carte del Giro. È prevedibile che vi riamarranno brandelli di carne. Ibis redibis non morieris in bello, dicono, equivoche, le gambe. A Cesenatico si consultano gli oracoli.

Elisa Rossi

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